Come l’accidioso è punito (parte 1) - Vedendo Gesù Cristo accanto alla strada una ficaia, le si accostò, ma non trovandovi che foglie disse: «Non nasca mai più da te frutto nessuno»; e la ficaia seccò sull’istante (Matth. XXI,19). Ecco un’immagine parlante del pigro: a lui toccherà la medesima sorte. «Sono tre anni, disse il padrone della vigna di cui si parla nel Vangelo, che vengo a cercare frutto da questo fico e non ne trovo: troncalo adunque: perché aduggia ancora il terreno?» - Ecce anni tres sunt ex quo venio quaerens fructum in ficulnea hac, et non invernio: succide ergo illam: ut quid terram occupat? (Luc. XIII,7). Badate a voi, o infingardi, gridava san Giovanni, che «già la scure è alla radice della pianta. Ogni albero che non porta buon frutto, sarà tagliato e gettato al fuoco» - Iam securis ad radicem arboris posita est. Omnis ergo arbor quae non facit fructum bonum, excidetur, et in ignem mittetur (Luc. III,3). Iddio, disse Gesù Cristo, è simile ad un uomo ricco che, stando per mettersi ad un lungo viaggio, chiamò i suoi servitori e loro distribuì parte dei suoi averi. E guardata la destrezza, l’ingegno, e l’attitudine di ciascuno, a chi diede cinque talenti, a chi due, a chi uno solo, quindi partì. Ora il servo dei cinque talenti andò a trafficarli, ne guadagnò assai, poiché di cinque che erano li fece aumentare a dieci. Così pure il secondo s’ingegnò e raddoppiò i due talenti. Ma colui che ne aveva uno solo, fece una buca nella terra, e seppellì il talento del suo signore. Ora, dopo molto tempo, il padrone tornò dal viaggio e chiese il rendiconto ai servi. Venuto avanti il primo che aveva ricevuto cinque talenti, disse: Signore, voi mi deste cinque talenti, eccovi che io ne ho guadagnati altri cinque di più. E il padrone: Sta di buon animo, servo degno e fedele: in piccola cosa hai mostrato la tua lealtà, io ti deputerò sopra molte; entra nel gaudio del tuo signore. Venne il secondo, e, Signore, disse, mi avete affidato due talenti, ecco che ve ne rendo quattro. Rispose il padrone: Statti di buon animo, servo diligente e leale: Siccome in cosa di piccolo valore hai mostrato la tua fedeltà, sopra molte ti costituirò, entra a parte del gaudio del tuo signore. Avanzandosi finalmente il terzo che aveva ricevuto un solo talento, disse: Signore, io vi conosco per uomo duro e sì tenace che volete raccogliere non solo quello che avete seminato e sparso, ma anche quello che non seminate, né spargete; di che temendo io, ho messo il talento vostro sotterra ed ora ne l’ho tratto e vi rendo quel che è vostro. E il padrone gli rispose: Servo cattivo e pigro, se tu sapevi ch’io mieto dove non semino e raccolgo ove non ho sparso, perché almeno, come dovevi e potevi, non hai tu investito il denaro mio agli uomini, così che io tornando lo riavessi con lucro? Olà, ministri miei! togliete da costui il talento, e gettatemi questo servo infingardo e disutile nelle tenebre esteriori, dov’è il dirotto piangere senza consolazione, e il fremere dei denti senza tregua (Matth. XXV,14-30). Questa parabola ci mette sott’occhi la sorte che spetta al servo laborioso e la punizione riservata all’ozioso: gli sarà tolto quel ch’eragli stato dato, e, privandolo Iddio delle sue grazie, si troverà sprofondato nelle tenebre esteriori dell’accecamento spirituale, e da queste piomberà in quelle dell’inferno, dove proverà eterno il pianto ed il digrignare dei denti. Servo infingardo ed inutile, scuoti adunque l’indolenza tua e traffica il talento da Dio affidatoti: fa valere gli occhi, le orecchie, la lingua, le mani, i piedi, l’intelligenza, la memoria, la volontà; traffica il tempo, la grazia, i doni temporali e spirituali che hai ricevuto; consacra tutte queste cose al servizio del tuo Creatore. Ma guai a te se resti inerte in mezzo a tanti favori, guai se ne abusi; sarai spogliato di tutto e dato in preda a supplizi che non avranno fine. ...

L’Accidia, parte 5. Da I tesori di Cornelio ALapide, Commentari dell’ab. Barbier. SS n° 10, p. 8