• Si recò una volta dal padre Teodoro un fratello e rimase tre giorni con lui chiedendogli di poter sentire una parola. Ma l’altro non gli rispose. Il fratello se ne andò rattristato. Il discepolo di Teodoro chiese allora all’anziano: «Padre, perché lo hai lasciato andare via afflitto, senza dirgli una parola?». Disse l’anziano: «Certo che non gliel’ho detta! E uno che si dà molta importanza e ama gloriarsi delle parole altrui» (188c; PJ Vili, 6).

• Disse anche: «Se hai amicizia con qualcuno e questi viene a cadere in tentazione di impurità, tendigli una mano se puoi e tiralo su. Ma se cade nell’eresia e non si lascia persuadere a distogliersene, tronca subito ogni rapporto con lui. Se tardi un poco, potresti essere trascinato con lui nell’abisso» (PJ X, 23).

• Raccontavano che il padre Teodoro di Ferme si distingueva da molti altri soprattutto per questi tre aspetti: la povertà, l’ascesi e la fuga dagli uomini (188d).

• Il padre Teodoro si trovò un giorno con dei fratelli a Scete. Mangiando, essi prendevano educatamente i bicchieri in silenzio senza dire: «Permetti». E il padre Teodoro disse: «I monaci hanno perso le loro buone maniere, non dicono più: -Permetti» (PJ XV, 20).

• Un fratello gli chiese: «Padre, posso non mangiare pane per qualche giorno?». «Fai bene - dice l’anziano -, anch’io ho fatto così». Dice il fratello: «Vorrei portare i miei ceci al mulino e farne della farina». «Se torni ancora al mulino - dice l’anziano -, fatti pure il tuo pane! Che bisogno c’è di questa uscita? (La pratica del digiuno aveva senso solo se accompagnata alla solitudine ed alla stabilità)» (189a; PJ VIII, 7).

• Uno degli anziani venne a raccontare al padre Teodoro: «Ecco, il tal fratello è ritornato nel mondo». «Ti meravigli di ciò? - disse il vecchio. - Non stupirti, meravigliati piuttosto se odi che qualcuno è riuscito a sfuggire alle fauci del nemico» (PJ X, 25).

• Un fratello venne dal padre Teodoro e cominciò a parlare ed a trattare cose di cui non aveva ancora fatto esperienza. «Non hai ancora trovato la nave - gli dice l’anziano -, non hai ancora caricato il tuo bagaglio, e sei già arrivato in quella città prima di essere partito? Compi prima l’opera e poi giungerai a ciò di cui ora parli» (189b; PJ Vili, 8).

• Lo stesso padre si recò un giorno dal padre Giovanni, che era eunuco dalla nascita. Nel corso del colloquio, disse: «Quando eravamo a Scete la nostra principale occupazione era quella dell’anima, mentre il lavoro manuale era un’occupazione secondaria; ma ora il lavoro dell’anima è diventato secondario e il lavoro secondario è divenuto il principale» (PJ X, 24). Gli chiese allora il fratello: «Qual è il lavoro dell’anima che ora è per noi divenuto secondario, e qual è il secondario, che ora è divenuto principale?». «Tutto ciò che si compie per comando di Dio - dice l’anziano - è occupazione dell’anima, mentre dobbiamo ritenere un lavoro secondario ciò che facciamo e conduciamo a termine per noi stessi». «Spiegami questa affermazione», chiede il fratello. «Ecco - dice l’anziano - tu senti dire che io sono ammalato e devi venirmi a trovare. E dici fra te: - Devo lasciare il mio lavoro per andare? No, prima lo finisco e poi ci vado. Intanto ti capita un’altra occasione e magari non vieni per nulla. In seguito un altro fratello ti dice: - Fratello, dammi una mano! E tu dici: - Devo lasciare il mio lavoro e andare a lavorare con lui? Dunque, se non vai, trascuri il comandamento di Dio, che è l’occupazione dell’anima, e fai il lavoro secondario, che è quello manuale» (189cd).

Tratto da Vita e detti dei Padri del deserto, edizione Città Nuova, 1999.

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