• Egli era seduto un giorno in chiesa e gemeva, ignorando che vi era qualcuno dietro di lui. Quando se ne avvide, si prostrò dicendo: «Perdonami, padre, non sono ancora stato ammaestrato». [Gli anziani avevano grande pudore dei loro sentimenti, si preoccupavano molto di non farsi notare durante la preghiera (cf. Arsenio 42; Titoes 1 e 6). Giovanni denuncia il non esservi riuscito come una colpa da inesperto, da monaco «non ancora ammaestrato»] (212d-213a).
• Disse ancora al suo discepolo: «Onoriamo l’Uno e tutti onoreranno noi; ma, se disprezziamo l’Uno, cioè Dio, tutti ci disprezzeranno e andremo in perdizione». [Non bisogna cercare la stima degli uomini; essa verrà da sé se saremo concentrati sull’unico necessario, la gloria di Dio. (Nella versione del libro usata da noi, anno 1999, l’autore commenta in nota: «... la ricerca di Dio». A noi sembra, visti i tempi, una proposizione pericolosa, dunque abbiamo sostituito «... ricerca di Dio» con «... gloria di Dio», ndR). Ma se ci allontaneremo da Lui per cercare la gloria degli uomini, non otterremo né l’uno né l’altro].
• Raccontavano che a Scete il padre Giovanni venne un giorno al raduno dei fratelli e udì alcuni di loro litigare. Ritornò allora verso la sua cella, e vi entrò dopo aver fatto tre giri attorno ad essa. Alcuni fratelli rimasero sconcertati al vederlo, e andarono a chiedergli il perché. Ed egli disse loro: «Le mie orecchie erano piene di litigi. Girai attorno [alla mia cella] per purificarle e potere quindi entrare in cella nel raccoglimento del mio spirito»[Il riferimento è ai tre giri dell’altare probabilmente].
• Venne una volta, di sera, nella cella del padre Giovanni un fratello che aveva fretta di andarsene. E mentre parlavano delle virtù, giunse il mattino senza che se ne fossero accorti. Quando l’anziano uscì con lui per congedarlo, rimasero ancora a parlare fino all’ora sesta. Quindi lo fece entrare di nuovo, e ripartì dopo il pranzo [Si osservi la notazione arguta: aveva fretta di andarsene! Il non accorgersi del tempo che passa è diventato un elemento tipico nei racconti di colloqui spirituali. È notissimo nella tradizione occidentale l’episodio di San Benedetto e Santa Scolastica, narrato nei Dialoghi di San Gregorio Magno (II, 33)] (213b).
• Il padre Giovanni disse: «Prigione è lo stare in cella e ricordarsi di Dio sempre; questo significa: - Ero in prigione e siete venuti a me». • Disse ancora: «Chi è più forte del leone? Eppure, spinto dal ventre cade in trappola e tutta la sua forza viene umiliata».
• Disse ancora: «Quando i padri di Scete mangiavano pane e sale, dicevano: - Non rendiamoci indispensabili il sale e il pane! E così erano forti nell’opera di Dio» (213c).
• Un fratello venne dal padre Giovanni a prendere delle ceste. Egli uscì e gli chiese: «Che cosa vuoi, fratello?». Disse: «Delle ceste, padre». Ma questi, entrato per prenderle, si dimenticò, e si sedette a cucire. L’altro bussò ancora e, quando l’anziano uscì, gli disse: «Portami una cesta, padre». Egli rientrò e si rimise seduto a cucire. L’altro bussò di nuovo. Uscì e gli chiese: «Che cosa vuoi, fratello?». Lo prese allora per mano, lo portò dentro dicendogli: «Se vuoi delle ceste, prendile e va’ a spasso, io non ho tempo».
Tratto da Vita e detti dei Padri del deserto, edizione Città Nuova, 1999. In foto il Padre Sant'Antonio.