• Un giorno si recò da lui un cammelliere per prendere la merce e poi andarsene altrove. Egli, entrato in cella per portargli una corda, si dimenticò, poiché aveva la mente protesa a Dio. Il cammelliere lo disturbò ancora, bussando alla porta. E il padre Giovanni di nuovo entrò e non si ricordò. Quando bussò per la terza volta, l’anziano rientrò ripetendo: «Corda cammello corda cammello». Diceva così per non dimenticarsi (213d).

• Era fervente nello Spirito. Venne un tale a visitarlo e lodò il suo lavoro: stava lavorando alla corda, e rimase in silenzio. Tentò una seconda volta di farlo parlare, ma egli continuava a tacere. La terza volta disse al visitatore: «Da quando sei venuto qui, hai allontanato da me Dio» (213d-216a).

• Venne un anziano nella cella del padre Giovanni e lo trovò addormentato, e vide presso di lui un angelo che gli faceva vento. A quella vista, si allontanò. Il padre Giovanni, svegliandosi, chiese al discepolo: «E venuto qualcuno mentre dormivo?». «Sì - disse -, il tale anziano». Il padre Giovanni sapeva che questo anziano era della sua misura, e che aveva visto l’angelo.

• Il padre Giovanni disse: «Io penso che l’uomo dovrebbe avere un po’ di ogni virtù. Perciò ogni giorno, quando ti alzi al mattino, ricomincia da capo in ogni virtù e in ogni comandamento di Dio, con grandissima pazienza, timore e larghezza d’animo, nell’amore di Dio, con tutta la disponibilità dell’anima e del corpo, con molta umiltà; sii costante nella tribolazione del cuore e nella vigilanza, con molta preghiera e molte suppliche, con gemiti, con la purezza della lingua e la custodia degli occhi. Ingiuriato, non adirarti, sii pacifico e non rendere male per male; non guardare agli errori degli altri, non misurare te stesso poiché sei al di sotto di ogni creatura. Vivi nella rinuncia a tutto ciò che è carnale e materiale, nella croce, nella lotta, nella povertà di spirito, con una volontà ben determinata e con l’ascesi spirituale, nel digiuno, nella penitenza e nel pianto, nella dura lotta, nel discernimento, nella purezza dell’anima, nella disponibilità ad accogliere il bene, compiendo con tranquillità il lavoro delle tue mani; nelle veglie notturne, nella fame e nella sete, nel freddo, nella nudità, nelle fatiche. Chiuditi nella tomba, come se fossi già morto, così da pensare in ogni momento che la morte è prossima» (216abc; PJ I, 8).

• Raccontavano che il padre Giovanni, quando rientrava dopo il lavoro della mietitura o dopo l’incontro con altri padri, si dedicava alla preghiera, alla meditazione e alla salmodia, finché il suo pensiero non fosse ristabilito nello stato precedente. •  Uno dei padri disse di lui: «Ma chi è questo padre Giovanni, che con la sua umiltà fa pendere dal suo dito mignolo tutta Scete?».

• Uno degli anziani chiese al padre Giovanni Nano: «Che cos’è un monaco?». Egli disse: «Fatica. Poiché in ogni azione il monaco deve sforzarsi. Questo è il monaco!» (216cd).

• Il padre Giovanni Nano raccontò di un santo anziano, che si era recluso in cella e che godeva di grande fama e onore in città. Gli fu rivelato: «Uno dei santi sta per morire; suvvia, va’ a salutarlo prima che spiri». Rifletté tra sé: «Se esco di giorno, la gente mi rincorrerà, mi faranno grande festa e in questo non potrò trovare riposo. Me ne andrò quindi di sera tardi, al buio, e sfuggirò a tutti». Ma quando uscì di sera dalla sua cella, con l’intenzione di rimanere nascosto a tutti, ecco che due angeli furono inviati da Dio con lampade a illuminargli il cammino. Così tutta la città accorse, vedendo il fulgore. E quanto più aveva cercato di sottrarsi alla gloria, tanto più fu glorificato. In ciò si realizza la parola: Chi si umilia sarà esaltato (216d-217a).

Tratto da Vita e detti dei Padri del deserto, edizione Città Nuova, 1999. 

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