Raccontava il padre Daniele: «Quando il padre Arsenio stava per morire, diede quest’ordine: – Non preparate agapi per me. Se mi sono preparata un’agape, la ritroverò» (PJ X, 9) [All’uso, comune anche negli antichi culti egiziani, di imbandire, per la morte di un fratello, un banchetto fraterno come segno di comunione e immagine del banchetto celeste, il Padre Arsenio oppone che non importa preparare nulla per la morte: ciò che ritroveremo di là è quello che ci siamo preparati noi stessi di qui]. Quando il padre Arsenio fu vicino alla morte, i suoi discepoli si turbarono molto. Disse loro: «Non è ancora giunta l’ora [Cf. Gv. 17, 1]. Quando giungerà [Cf. Gv. 16, 4], ve lo dirò. Ma se darete a qualcuno il mio corpo, dovrò essere giudicato insieme a voi all’altare [Cf. 2 Cor. 5, 10] del Tremendo» [Cf. Dt 10, 17 e par.]. Essi dissero: «Allora, che faremo? Poiché non sappiamo seppellire morti». Dice loro l’anziano: «Non sapete legarmi una corda ai piedi e trascinarmi sul monte?». Sulla sua bocca c’era sempre stata questa parola: «Arsenio, a che scopo sei uscito dal mondo? Di aver parlato mi sono pentito molte volte, mai di aver taciuto». In punto di morte, i fratelli lo videro piangere e gli dissero: «Davvero anche tu hai timore, padre?». Disse loro: «In verità il timore che provo adesso in quest’ora [Cf. Gv. 12, 27] mi ha sempre accompagnato da quando sono monaco». E così si addormentò (105c; PJ XV, 9b). (Citazioni scelte da www.padrideldeserto.net).

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