Molti dei figli di Gesù Cristo vanno eternamente perduti per non aver ricevuto mai, nè in vita nè in punto di morte, i santi Sacramenti. Ma ancora molti cristiani si dannano per aver ricevuto questi Sacramenti senza le dovute disposizioni. Ecco qui due fatti, che dovrebbero riempire di spavento tanti cattolici, i quali corrono inavvedutamente alla perdizione eterna. Negli Annali del Paraguay, sotto l’anno 1640, si legge che in quella regione era morta una donna, la quale lasciava in questo mondo un figlio di circa vent’anni. Poco dopo la morte della madre, il giovane se la vide comparire dinanzi con un aspetto spaventosissimo. «Io sono dannata - gridò quella donna al figlio - e sono dannata per aver mancato di sincerità al tribunale della Penitenza; e molti altri sono dannati con me per aver nascosto i propri peccati in confessione. Tu intanto approfitta dell’esempio della tua sciagurata madre». Ciò detto, scomparve. Il P. Nieremberg, poi, fa menzione d’un altro reprobo, che manifestò ad una persona la causa della sua dannazione. Questi era un giovane che conduceva in apparenza una vita molto cristiana, ma aveva un nemico che odiava cordialmente. Quantunque egli frequentasse i Sacramenti, nutriva però contro quel nemico sentimenti di vendetta, i quali sono espressamente vietati da Gesù Cristo nel suo Vangelo. L’infelice giovane morì e, dopo pochi giorni, comparve a suo padre, dicendogli ch’egli era dannato per «non aver saputo perdonare al suo nemico e per essersi confessato e comunicato sacrilegamente». Quindi il misero gridò con accento di disperato dolore: «Ah, se tutte le stelle del cielo fossero tante lingue di fuoco, non potrebbero tuttavia esprimere i duri tormenti che io soffro!». L’unico mezzo per evitare l’Inferno è camminare per la stretta via della perfezione cristiana, cercando sempre conforto ed aiuto in quei mezzi stupendi che ci lasciava il nostro divino Redentore e che si chiamano i Sacramenti. Facciamo molta attenzione a non abusare di questi Sacramenti …

(Tratto da Giacinto Belmonte cappuccino, Op. cit., 1887, con permesso dei Superiori, vol. II, pagine 180 - 182).

A cura di Carlo Di Pietro

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