Un solitario di straordinaria perfezione, chiamato Martiniano, era vissuto per 25 anni lontano dallo schiamazzo e dal contatto del mon­do, quando il Signore permise che venisse provato con una grande tentazione. Una scellerata donna, di nome Zoe, andò nel deserto per istigare il Santo al male. Costei aveva avuto la diabolica astuzia di travestirsi da mendicante, e, approfittando d’una pioggia abbondante e battente, bussò alla cella di San Martiniano, pregandolo per amor di Dio di offrirle un ricovero. Il santo anacoreta, veduto l’imperversare del tempo, non ebbe il coraggio di rifiutarsi e, dato l’ingresso a quella straniera travestita, accese il fuoco e pregò l’ospite di volersi asciugare i panni. In un momento Zoe lascia cadere a terra gli stracci da mendicante e si mostra con una sfarzosa veste femminile, mettendosi a fare luride smorfie a Martiniano. Il servo di Dio, veduto il pericolo, corse col pensiero all’Inferno. Ma non si accontentò del solo pensiero, cosicché, accostandosi al fuoco che ardeva alto, si tolse i calzari e vi si cacciò dentro a piedi nudi. Un acerbo strazio gli strappò grida di dolore, ma egli con gran cuore, ed alla presenza di Zoe, disse all’anima sua: «Ahimè! anima mia, se tu non puoi sopportare un fuoco sì debole, come potrai poi reggere al fuoco dell’inferno?». La donna lo osservava impaurita e sbalordita. La tentazione intanto fu vinta e Zoe fu convertita. Ecco quel che facevano i santi per evitare la tremenda disgrazia di cadere nell’Inferno. Commenta il P. Giacinto Belmonte - Pensiamo anche noi, almeno cinque minuti al giorno, ai tormenti dei dannati e non peccheremo mai. Anzi, se ne abbiamo il coraggio, facciamo come un altro santo solitario, il quale, quando sentiva la tentazione d’offendere Dio, accendeva la lampada, poneva la mano sopra la fiamma della stessa e diceva all’anima sua: «Dacché tu vuoi peccare e meritarti l’Inferno, prova prima se tu abbia la forza di sostenere il tormento d’un fuoco eterno. E con questo mezzo non offendeva mai il Signore».

(Tratto da Giacinto Belmonte cappuccino, Op. cit., 1887, con permesso dei Superiori, vol. II, pagine 188 - 190).

A cura di Carlo Di Pietro

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