Papa Pio VI era già morto in Valenza ed era salito sulla cattedra di San Pietro Pio VII, eletto in Venezia. Napoleone I aveva soggiogato la infradiciata Repubblica Francese e si era proclamato Imperatore. Come la Repubblica aveva mosso il suo odio contro Papa Pio VI, parimenti Napoleone I volle scagliarsi contro Pio VII. Nella notte del 6 luglio 1810 il forte Pontefice Pio VII, mentre dormiva, venne ammanettato nel palazzo del Quirinale, rapito dentro una carrozza chiusa a chiave, insieme al Cardinale Pacca, e trasportato verso la Toscana. La carrozza era chiusa a chiave poiché quei rapitori francesi avevano paura dei popoli cattolici, i quali, al passaggio del Papa, avrebbero potuto riunirsi in sollevazione per la difesa della Chiesa e del Sommo Pontificato. Ma ecco la Provvidenza cosa permise! Presso Firenze la carrozza, correndo a precipizio, si ribaltò e si ruppe. Il Papa ed il Cardinale si trovarono sbalzati fuori da quella sfracellata carrozza senza aver sofferto l’ombra di una scalfittura. Parve un miracolo, e tale fu veramente. Moltissimi popolani allora accorsero gridando: “Oh il Santo Padre! Oh il Santo Padre!”, e si prostrarono per terra, e vollero essere benedetti, e non finivano di baciargli le vesti, i piedi, le mani. Poi quei popolani, presi di subito da indignazione, iniziarono a gridare contro i gendarmi francesi, contro quei disgraziati che avevano fatto prigioniero il Papa: “Oh i cani! Oh i cani!”. Chi sa cosa sarebbe successo a quei gendarmi se il Papa ed il Cardinale non avessero placato l’indignazione dei popolani. Ma assistiamo ad un’ altra scena. Dalla Toscana il Santo Padre fa condotto così ad Alessandria del Piemonte. Vicino a quella città, un mattino, mentre la carrozza era ferma, il Papa domandò un bicchiere d’acqua ad un gran numero di gente del popolo lì adunata. Tutti corsero in casa, proprio tutti, a cercare acqua, vino, frutta per il Papa. Tenerissimo spettacolo! Uomini, donne, vecchi cadenti, ragazzini che appena potevano spiccicare i passi, recavano in mano un rinfresco per il Papa. Non potendo Pio VII ricevere tutti quei doni, fu costretto a toccarli tutti colle sue mani, e quei doni toccati da lui poi furono conservati da quei cristiani come tante preziose reliquie. Un giovine robusto e tarchiato, che aveva offerto della frutta, non volle ritenersi quelle frutta, e, avvicinato allo sportello della carrozza, disse tutto baldo e con figliale confidenza al Papa: “Tenga, Santità; serviranno per il viaggio”. Poi, allontanatosi un due passi, pensò che poteva compire un’altra grande impresa, corse di nuovo allo sportello e disse risoluto: “Santità, dica subito: Vuole?”. Quelle parole significavano in buono italiano: “Santità, vuole essere liberato da questi quattro cani di gendarmi? Noi siamo tutti pronti”. Il Papa non solo comandò, ma pregò che non si facesse nessun atto di resistenza, che li lasciassero partire con quei gendarmi, i quali non avevano nessuna colpa in quell’affronto che si faceva al Vicario di Gesù Cristo. I popolani d’Alessandria ubbidirono al Papa, sebbene dovessero farsi gran violenza (interiore) per calmare lo sdegno che sentivano contro quei gendarmi. Questi portenti di devozione verso il Capo Supremo della Chiesa di Gesù Cristo dimostrano evidentemente una grande verità. Eccola qui la grande verità: Se la rivoluzione lasciasse libere ai popoli cattolici le manifestazioni d’amore e d’affetto verso il Papa ed anche verso il sacerdozio, nessun cattolico griderebbe contro il Papa e contro il sacerdozio, anzi queste divine autorità sarebbero circondate della più schietta e tenera affezione sulla terra. (Tratto da Giacinto Belmonte cappuccino, Racconti miracolosi, 1887, con permesso dei Superiori, vol. II, pagine 463-466).
A cura di Carlo Di Pietro