Il Centro Politico Italiano - di cui stiamo studiando la dottrina, i Principii direttivi, lo Statuto ed il Programma applicativo - proponeva, come ovvio, anche un Progetto di ristrutturazione della Carta costituzionale. Nella documentazione storica in mio possesso ho rinvenuto, almeno per il momento, solo una parziale Proposta, tuttavia mi riservo di pubblicare il seguito qualora dovessi venirne a conoscenza.

Il compianto Carlo Francesco D’Agostino, giurista cattolico (certamente nelle intenzioni) ed ideologo del C.P.I., pone la seguente proposizione a Fondamento (ossia all’Art. 0) della “sua idea” di Costituzione: «Lo Stato Italiano riconosce l’autorità dei Romani Pontefici e ne esegue le sentenze». Enuncia un principio cattolicissimo, come già abbiamo stimato in più occasioni, la cui aperta negazione è eresia, urta immediatamente con la fede in Cristo Re e con la retta ragione.

All’Art. 1 scrive: «La piena indipendenza della Patria, Stato Cattolico, va salvaguardata contro ogni tentativo di limitazione della sovranità nazionale».

All’Art. 2 ragionevolmente afferma: «L’Italia rinunzia al ricorso alla guerra per il riconoscimento della sua sovranità sui territori cui si estendeva nel giugno 1940, successivamente sottrattile».

All’Art. 3: «Il Potere politico tutela il rispetto dei diritti naturali degli individui e delle Famiglie: favorisce, in quanto il bene comune lo consenta, lo sviluppo delle loro tradizionali Comunità ed ogni libera Associazione avente finalità dichiarate ed oneste». Si legga «oneste» secondo il significato che la retta teologia morale attribuisce a tale parola.

All’Art. 4: «L’istruzione e l’educazione dei giovani spetta alla Famiglia, che in questo compito va assistita e difesa». Vedremo, la prossima settimana, che il C.P.I. prevede, con lungimiranza e grande sollecitudine, l’abolizione della «dittatura statale (o indottrinamento e corruzione della gioventù) nel settore culturale».

All’Art. 5 si legge: «Compiti esclusivi dell’Autorità politica sono: l’organizzazione della difesa militare; la rappresentanza della Nazione nella Comunità internazionale; la salvaguardia della pubblica Sanità; le iniziative di interesse collettivo a prevenzione e difesa contro le calamità naturali; la tutela di un razionale sfruttamento delle possibilità produttive del suolo e del sottosuolo, non meno che delle disponibilità idriche e del patrimonio ittico, in rapporto anche alla finalità di assicurare quanto possibile l’autonomia economica della Nazione; l’amministrazione della Giustizia; la pubblica viabilità; l’attività legislativa e normativa a carattere generale, in conformità ai principii del Diritto Naturale e secondo le esigenze di una tranquilla e prospera vita sociale; le mansioni di Polizia».

All’Art. 6: «Le attività economiche sono di competenza esclusiva della libera iniziativa privata, individuale od associata, nell’osservanza delle esigenze del bene comune (…)». Prosegue con dei tecnicismi che andrebbero meglio sviscerati, ma non è questo il contesto.

All’Art. 7 scrive D’Agostino: «Lo Stato è impegnato a sollecitare ed incoraggiare il libero adempimento ed esercizio di ogni sorta di doveri e virtù sociali da parte degli individui e delle loro Comunità ed Associazioni, in particolare ai fini della Previdenza e dell’Assistenza. Provvede a che quanti si trovino nell’indilazionabile necessità di assistenza, possano ottenerla a provvisorio carico dello Stato stesso, salvo il diritto di rivalsa verso gli assistiti ed ogni altro obbligato. A quanti rimangano disoccupati, siano privi di mezzi economici sufficienti e non possano contare su altri verso di loro tenuti (es. sui parenti), lo Stato assicura un temporaneo impiego in attività di interesse pubblico, con retribuzioni limitate al minimo necessario per la sussistenza personale e per l’adempimento degli obblighi familiari». Il C.P.I., come già imparammo, vuole «l’abolizione totale dell’obbligatorietà della Previdenza Sociale», che prevede di sostituire con delle interessanti alternative.

All’Art. 8: «I cittadini debbono prestare obbedienza, forze e mezzi, a chi esercita nello Stato un Potere non usurpato. Nei limiti delle esigenze irrinunciabili di bene comune, l’obbligo sussiste anche nei confronti di Autorità illegittimamente insediatesi», come accadde, secondo il C.P.I., a seguito del Referendum del 1946.

All’Art. 9: «Il potere politico, all’infuori dei casi di estrema urgenza, non può legiferare senza aver sottoposto a pubblico dibattito ogni progetto di Legge. (…)». Ci sarebbe qualche precisazione da fare, ma devo soprassedere.

All’Art. 10: «Chiunque reputi ingiusta una norma legislativa di cui gli venga chiesto coattivamente il rispetto, può sollevarne eccezione dinanzi l’Autorità giudiziaria. Questa è in ogni grado tenuta a decidere in conformità ai principii della presente Costituzione».

All’Art. 11: «Il Parlamento, di trecento membri che restano in carica sei anni, è eletto dagli iscritti nelle apposite Liste Comunali. L’iscrizione può essere chiesta, dove si abbia prevalente dimora, da quanti col Sacramento del Matrimonio abbiano fondato una Famiglia Cattolica. Il diritto di voto si acquisisce dopo due anni dall’iscrizione, sempre che perduri la condizione della dimora (…)». Prosegue …

Carlo Di Pietro da Il Roma