La società contemporanea, soggiogata dalle Rivoluzioni e dal pensiero sovvertitore delle conventicole, ha quasi dimenticato il sapore dell’autorità e dell’ossequio che si deve a chi legalmente la detiene, ciò a detrimento anche della libertà individuale.

Insegna San Pietro nella 1a Lettera, II, 13-17: «Siate, per riguardo a Dio, soggetti ad ogni autorità umana: al re come a sovrano, ai governatori come a suoi delegati per far giustizia  dei malfattori ed onorare i buoni; perché questa è la volontà di Dio, che facendo il bene turiate la bocca all’ignoranza degli uomini stolti. Vivete pur da liberi, non facendo però della libertà un manto per coprire la malizia, ma come servi di Dio. Rispettate tutti; amate i fratelli; temete Dio, onorate il re».

Insegna San Paolo Ai Romani, XIII, 1-7: «Ogni persona sia sottomessa alle autorità superiori, perché non v’è autorità che non venga da Dio, e quelle che esistono sono istituite da Dio e quindi chi si oppone alle autorità si oppone all’ordine di Dio, e chi si ribella si attirerà la condanna; infatti i magistrati non sono da temere per le opere buone, ma per le malvagie». Prosegue: «Vuoi tu non aver paura dell’autorità? Fa il bene, e da essa ne avrai lode essendo l’autorità ministra di Dio per il tuo bene. Se poi fai del male, temi, perché non porta invano la spada, quale ministra di Dio vendicatrice, che punisce i malfattori. È necessario dunque essere sottomessi, non solo per timore del castigo, ma anche per obbligo di coscienza. Per questa ragione voi pagate i tributi, perché i magistrati sono ministri di Dio e continuamente occupati nel loro ufficio. Rendete dunque a ciascuno ciò che gli dovete: a chi l’imposta, l’imposta; a chi il tributo, il tributo; a chi il rispetto, il rispetto; a chi l’onore, l’onore».

Insegna Papa Leone XIII nella Diuturnum illud (29.6.1881): «Moltissimi dicono che ogni potere viene dal popolo: per cui coloro che esercitano questo potere, non lo esercitano come proprio ma come dato loro dal popolo, e altresì con la condizione che dalla volontà dello stesso popolo, da cui il potere fu dato, possa venir revocato. Da costoro però dissentono i cattolici, i quali il diritto di comandare derivano da Dio, come dal suo naturale e necessario principio». Dunque si oppone al principio di autorità ed alla libertà quello di «sovranità popolare». L’autorità, difatti, non viene dal popolo, il quale può bensì avere il diritto elettivo.

Sempre Papa Leone XIII insegna: «La natura impone agli uomini di vivere in società. Non può esistere né concepirsi società in cui alcuno non temperi le volontà dei singoli in guisa da formare di tutte una cosa sola e rettamente non le diriga al bene comune. Volle dunque Dio che nella civile società fossero coloro che comandassero alla moltitudine. È inoltre assai importante che coloro per cui autorità la cosa pubblica è amministrata, debbano potere obbligare in guisa i cittadini ad obbedire, che il non obbedire per questo sia peccato. Nessuno degli uomini ha però in sé e da sé di che potere con siffatti vincoli di comando legare la libera volontà degli altri. Unicamente a Dio creatore e legislatore appartiene questa podestà: e quelli che la esercitano, la esercitano come loro comunicata da Dio».

Il Pontefice insegna nella Immortale Dei (1.11.1885): «L’uomo è naturalmente ordinato alla società civile...: non potendo nell’isolamento procacciarsi da sé il necessario alla vita ed al perfezionamento intellettuale e morale, la Provvidenza dispose che egli uscisse alla luce nato fatto a congiungersi ed unirsi ad altri, sia nella società domestica, sia nella società civile, la quale solamente gli può fornire tutto quello che basta perfettamente alla vita. E poiché non vi è società che si tenga in piedi se non vi è chi sovrasti agli altri, movendo ognuno con efficacia ed unità di mezzi verso un fine comune, ne segue che alla convivenza civile è indispensabile l’autorità che la regga; la quale non altrimenti che la società è da natura e per ciò stesso da Dio».

Nello stesso luogo insegna: «Il potere pubblico in se stesso non può derivare che da Dio. Iddio solo è il vero e supremo Signore del mondo, e a Lui devono sottostare tutte quante le creature e servirLo, in guisa che chiunque è investito della sovranità non d’altronde la tiene che da Dio, massimo Signore di tutti».

Nella Libertas (20.6.1888) aggiunge: «L’autorità è il principio formale della società».

Nella Quod Apostolici muneris (28.l2.1878) denuncia: «Con empietà nuova, non conosciuta nemmeno dagli stessi pagani, gli Stati (moderni) si costituirono senza alcun riguardo a Dio ed all’ordine da Lui prestabilito: si andò dicendo che l’autorità pubblica non riceve da Dio né il principio, né la maestà, né la forza di comandare, ma piuttosto dalla moltitudine: la quale stimandosi sciolta d’ogni legge divina, a quelle appena tollera di restare soggetta ch’essa a piacere abbia sancite».

Papa Benedetto XV nella Ad beatissimi (1.11.1914) spiega: «Ivi l’autorità umana è disprezzata, donde esula la religione. Allorquando chi regge i popoli disprezza l’autorità divina, i popoli a loro volta scherniscono l’autorità umana».

Così Papa Pio XI nella Divini Redemptoris (19.3.1937): «Non si potrà avere autorità sulla terra, se non viene riconosciuta l’autorità della Maestà Divina, né sarà fermo il giuramento se non si giura nel nome del Dio vivente».

Tanto si potrebbe aggiungere. Sintesi tratta dal Dizionarietto di Dottrina politica dei Papi (Ed. L’alleanza italiana, 1960, Vol. 1, pag. 17 segg.).

Carlo Di Pietro da Il Roma