Insegna San Paolo a Timoteo (I, VI, 6-11): «Veramente una grand’arte di guadagno è la pietà con il contentarsi di poco. Nulla infatti abbiamo portato in questo mondo: e non vi è dubbio che nulla possiamo portar via. Ma avendo gli alimenti, e di che coprirci, contentiamoci di questo. Poiché quelli che vogliono (con sfrenata bramosia, ndR) arricchire, cadono nella tentazione e in molti desideri inutili e nocivi, che sommergono gli uomini nella distruzione e nella perdizione. Una radice, infatti, di tutti i mali è la cupidigia: per amore della quale alcuni hanno deviato dalla fede, e si sono trafitti con molti dolori».

Insegna Papa Pio XI nella Quadragesimo anno (15.05.1931): «Allora l’economia sociale veramente sussisterà ed otterrà i suoi fini, quando a tutti e singoli i soci saranno somministrati (secondo giustizia, ndR) tutti i beni che si possono apprestare con le forze ed i sussidi della natura, con l’arte tecnica, con la costituzione sociale del fatto economico; i quali beni debbono essere tanti quanti sono necessarii sia a soddisfare ai bisogni ed alle oneste comodità sia a promuovere gli uomini a quella più felice condizione di vita, che, quando la cosa si faccia prudentemente (secondo l’ordine di Dio, ndR), non solo non è d’ostacolo alla virtù, ma grandemente la favorisce».

Il medesimo Sommo Pontefice, massimo castigatore del Comunismo e del Socialismo, asserisce nella Ubi arcano (23.12.1922): «È nella natura stessa dei beni materiali che la loro disordinata ricerca diventi radice di ogni male e segnatamente di abbassamento morale e di discordie. Infatti da una parte non possono quei beni, in se stessi vili e finiti, appagare le nobili aspirazioni del cuore umano che, creato da Dio e per Iddio, è necessariamente inquieto, finché in Dio non riposi. Dall’altra parte, al contrario dei beni dello spirito, che quanto più si comunicano, tanto più arricchiscono senza mai diminuire, i beni materiali quanto più si spartiscono tra molti, più scemano nei singoli, dovendosi di necessità sottrarre agli uni quello che agli altri è dato: onde non possono mai né contentare tutti ugualmente, né appagare alcuno interamente, e con ciò diventano fonte di divisione e insieme afflizione di spirito, come li sperimentò il sapiente Salomone: “Vanitas vanitatum et afflictio spiritus: vanità delle vanità ed afflizione dello spirito” (Ecclesiaste, I-2-14). E ciò avviene nella società non meno che negli individui. “Donde mai le guerre e contese tra Voi - domanda l’apostolo San Giacomo - non forse dalle Vostre concupiscenze? ” (IV, 1-2)».

Afferma Papa Leone XIII nella Rerum novarum (15.05.1891): «I beni di natura e di grazia sono patrimonio comune del genere umano». Poi chiarisce (ibidem.): «Naturale diritto dell’uomo è la privata proprietà dei beni e l’esercitare questo diritto é, specialmente nella vita socievole, assolutamente necessario. È lecito, dice san Tommaso, anzi necessario all’umana vita che l’uomo abbia la proprietà dei beni (S. Th. III-II, q. 66, a. 2). Ma se inoltre si domandi quale debba essere l’uso di tali beni, la Chiesa per bocca del santo Dottore non esita a rispondere che, per questo rispetto, l’uomo non deve possedere i beni esterni come propri, bensì come comuni, in modo che facilmente li comunichi all’altrui necessità. Onde l’Apostolo dice: Comanda ai ricchi di questo secolo di dare e comunicare facilmente il proprio. Nessuno, certo, é tenuto a soccorrere gli altri con le cose necessarie a sé e ai suoi, anzi neppure con ciò che è necessario alla convivenza e al decoro del proprio stato, perché nessuno deve vivere in modo non conveniente (S. Th. II-II, q. 32, a. 6). Ma, soddisfatte le necessità e la convenienza, è dovere soccorrere col superfluo i bisognosi. Quello che sopravanza date in elemosina (Luc. XI,41). Eccetto il caso di estrema necessità, questi, è vero, non sono obblighi di giustizia, ma di carità cristiana il cui adempimento non si può certamente esigere per via giuridica (come favoleggiano alcuni, ndR), ma sopra le leggi ed i giudizi degli uomini sta la legge e il giudizio di Cristo».

Papa Pio XI sempre nella Quadragesimo anno (15.05.1931) asserisce: «(Tuttavia) si può legittimamente riservare ai pubblici poteri alcune categorie di beni, quelli cioè che presentano un tale potere da non doverli lasciare, senza mettere in pericolo il bene comune, nelle mani dei privati».

Papa Pio XII agli uomini di A.C. (07.09.1947) insegna: «Senza dubbio il naturale corso delle cose porta con sé - e non è né economicamente né socialmente anormale - che i beni della terra siano, entro certi limiti, inegualmente divisi. Tuttavia la Chiesa si oppone all’accumulamento di quei beni nelle mani di relativamente pochi straricchi, mentre vasti ceti del popolo sono condannati ad un pauperismo e ad una condizione economica indegna di esseri umani. Una più giusta distribuzione della ricchezza (da non confondere con le vaneggianti, ingiuste ed innaturali rivendicazioni del Comunismo e del Socialismo, ndR) è dunque un alto scopo sociale degno dei vostri sforzi». Abbiamo risolto la questione in poche righe con l’uso corretto di questi indefettibili insegnamenti. Cfr. Dizionarietto di Dottrina politica dei Papi (Ed. L’alleanza italiana, 1960, Vol. 1, pag. 50 segg.).

Carlo Di Pietro da Il Roma