La cosiddetta “immigrazione” è un tema complesso e non può essere affrontato per blocchi ideologico-partitici. Per un verso si rischia di diventare patetici, ipocriti e talvolta affaristi; per l’altro utopisti, nazionalisti e prossimi al razzismo. Sbagliano i primi, ma sbagliano anche i secondi. Tuttavia è l’errore pratico dei primi a fomentare l’errore intanto ideologico dei secondi. Difatti senza l’errore degli immigrazionisti non sarebbe così diffuso l’errore dei nazionalisti.

Dice il Santo che «la lingua deve muoversi quando il cuore è fermo», significa che l’intelletto va usato bene, mortificando le passioni e gli interessi mondani: solo dopo - e dopo aver pregato - conviene esprimersi. È quello che sto cercando di fare scrivendo lucidamente di immigrazione.

Devo precisare, a scanso di equivoci, che una cosa è il Patriottismo, approvato e favorito dalla Chiesa, altro è il Nazionalismo, condannato soprattutto dai Pontefici che hanno regnato in tempo di guerra. Dunque rigetto in principio l’eventuale accusa di non essere patriota, mentre ringrazio Dio di non essere nazionalista. Va aggiunto che ritengo il razzismo un disprezzo contro Dio ed un peccato contro la persona. Le esistenti differenze di natura, anche fra persone, non sono conseguenza di un errore del Creatore, ma fanno parte di un Suo preciso e perfettissimo progetto, pertanto il razzista disprezza Chi crea. Parimenti dimostra un difetto di ragione chi non riconosce l’esistenza delle razze.

Cerchiamo di risolvere la questione “immigrazione” secondo il pensiero cattolico.

Vista la posizione irresponsabile e fanatica della quasi totalità degli “uomini di Chiesa” contemporanei, vi prego di non pensare al Cattolicesimo avendo per riferimento gli odierni occupanti modernisti: «infidi, superbi e ignoranti» (cfr. Pascendi, San Pio X). In contro, vi esorto ad accettare la vera dottrina cattolica, quasi offuscata dalla «caligine del pozzo d’Abisso» (Apoc., IX, 2) del Modernismo, pensando alla Chiesa ordinariamente detta “preconciliare”: governata da sapienti e venerandi uomini di fede, i quali, nonostante i propri limiti umani e nonostante gli errori di alcuni Re cattolici, seppero civilizzare la Terra.

Ma veniamo al tema. È di diritto naturale che il pianeta Terra non è proprietà di qualcuno, ma è a disposizione, come vuole il buon Dio, di tutti i suoi abitanti. Prima della diffusa laicità, difatti, i cristiani ordinariamente disponevano delle cose del creato secondo la volontà di Dio: nell’osservanza della legge eterna, della legge di natura, del diritto divino positivo insegnato e difeso dalla Chiesa, nella sana accettazione delle proprie diversità di natura. Con l’avvento della laicità, quindi con la negazione delle predette leggi ed Istituzioni, sono proliferati il liberalismo, il socialismo, l’egualitarismo, i vizi legalizzati e finalmente la barbarie contemporanea.

Ora, quando i progressisti strombazzano: «Non si possono fermare i flussi migratori», non volendo dicono qualcosa che si accorda col diritto di natura. Caso raro, quasi una burla contro gli innaturali dogmi della laicità, da essi tanto caldeggiati. Pensiamo alle suore in fuga dai saccheggiatori e stupratori giacobini. Pensiamo ai contadini cristiani in fuga dalle orde saracene. Pensiamo ai pellirosse in fuga dallo sterminatore liberal-protestante. Pensiamo ai siculo-calabresi in fuga dall’invasore anglo-garibaldino. Pensiamo alle tante famiglie disperate in fuga dai nazisti. Pensiamo alle comunità in fuga dagli spietati golpisti comunisti. Pensiamo ai cristiani in fuga dai sionisti. Questa è storia vera, a prescindere dalle pretese ideologiche.

Oggi dobbiamo pensare ad alcuni popoli dell’Africa che hanno il diritto di fuggire da governi barbari, sadici, violenti ed ignoranti. Quindi non ha diritto a fuggire dalla propria terra solo chi scappa dalla guerra, ma anche chi ingiustamente vede ostacolato il proprio percorso di vita, vede iniquamente impedito il proprio legittimo desiderio di miglioramento, nonostante questi si impegni ed intenda agire con rettitudine.

In questo senso dobbiamo accettare anche il cosiddetto “migrante economico” e non solamente colui che “scappa dalla guerra”.

Lo stesso dobbiamo dire del “migrante climatico”. Non si può negare ad un integerrimo contadino africano di ambire alla coltivazione di un terreno naturalmente più fertile e meglio irrigato.

Qui introduciamo altre due verità. La prima è che l’africano virtuoso, o quantomeno bene intenzionato, ha il diritto di cercare lecitamente un miglioramento per sé e per la propria famiglia, laddove in Patria gli venga ingiustamente impedito. Questi ha il diritto naturale ad emigrare anche se nel suo paese non c’è la guerra. Quanti giovani italiani emigrano all’estero, eppure qui da noi non c’è guerra, perché non sono raccomandati e dunque non riescono a procacciarsi un lavoro, nemmeno sottostimato rispetto alle proprie capacità naturali? L’esistenza di questo diritto e di questo fatto non si può negare.

La seconda verità è che l’africano delinquente - intendo «delinquente di fatto» o «per cultura», a prescindere se questi abbia o non abbia avuto problemi legali in Patria - non ha lo stesso diritto di migrare conservando la sua pericolosità sociale. Diciamo lo stesso di quei soggetti che praticano culti cosiddetti “religiosi” contro la persona e di iniqua sovrapposizione all’autorità dei legittimi governi (per esempio il Sunnismo). Prosegue la prossima settimana ...

Carlo Di Pietro da Il Roma