Teologia Politica n° 31. Dio e la Chiesa non sono mai neutrali verso le cose umane

Con l’articolo di oggi possiamo chiudere la prima parte del nostro approfondimento di Teologia politica dedicato alla Dottrina sociale della Chiesa. Ci sarà ancora tanto da scrivere e, a Dio piacendo, mi auguro francamente di poter proseguire attraverso le pagine di ControSenso che, da molti anni ormai, ospita alcuni miei scritti.

A proposito delle rivoluzioni, tanto evocate al giorno d’oggi, afferma san Giovanni Bosco: «[…] il cattolicismo non deve, e non ha mai promosse, né promuoverà giammai le rivoluzioni. La ragione fondamentale, per cui il cattolicismo non verrà mai a favorire le rivoluzioni, consiste in ciò, che tutti i cattolici sono vincolali ad un’autorità certa, che è la Chiesa, e questa Chiesa, appoggiata alle Sacre Scritture, dice a tutti i fedeli: ubbidite alle legittime autorità; chi resiste all’autorità, resiste a Dio, da cui ogni autorità dipende».

Il Santo, ovviamente, discute di «legittima autorità», non di «autorità usurpata», la quale va ostacolata poiché è tale, secondo i dettami dalla Teologia morale.

Visto che i fedeli devono uniformarsi a questa sentenza, ne segue che «niun buon cattolico sarà partigiano delle rivoluzioni. È appunto per questo motivo che un dotto protestante […], considerando l’uniformità di dottrina nella Chiesa Cattolica, giunse a dire: La sola Chiesa Cattolica è la scuola del rispetto (cf. Guizot)».

Prosegue il Santo, «noi intanto, […] vorremmo […] aprire gli occhi a tanti miseri sconsigliati, i quali o per malizia o per ignoranza si fanno promotori di una setta, il protestantismo, la quale, proponendo all’uomo di credere quel che vuole, e di fare quel che crede, apre uno spaventoso abisso alla società, e fa lecito ogni disordine, ogni misfatto. Ce ne scampi Iddio».

Purtroppo gli oscuri potentati anticristici delle epoche passate, oggi venuti vanitosamente alla luce, facendo leva sulle passioni umane, proponendo ancora seducenti dottrine di gnosi e pruriti protestanti, hanno finalmente raggiunto lo scopo di incoraggiare l'odio fra popolo e autorità, quindi di favorire le peggiori rivoluzioni che probabilmente non cesseranno fino agli ultimi tempi.

Sulla massima conclusiva di don Bosco, tratta dalla sua presentazione al breve scritto del 1854, Catechismo cattolico sulle rivoluzioni di S. Sordi, ovverosia consapevoli che Una sola è l’Istituzione Santa in grado di interpretare nello Spirito la Parola di Dio, donde Una, la sola Chiesa Cattolica, è maestra di morale, educatrice delle coscienze e garante di stabilità sociale, che ci facciamo megafono di uno glorioso insegnamento di Papa Pacelli (Pio XII), datato Natale del 1951.

Il Santo Padre, consapevoli che la Dottrina sociale della Chiesa e la sua azione «acquistano il loro significato pieno in vista dell’ultimo fine e del supremo giudizio» (Op. cit., mons. Guerry, p. 38), con impressionante serenità e competente schiettezza, asserisce: «Non è raro il caso, in cui potenze e istituti puramente terreni si vedono uscire dalla loro neutralità, per schierarsi oggi in un campo, domani forse nell’altro. È un giuoco di combinazioni, che può spiegarsi col fluttuare incessante degl’interessi temporali. Ma la Chiesa si tiene lontana da simili mutevoli combinazioni».

Una chiara condanna, per così dire, anche al “trasformismo” a cui siamo tristemente abituati.

Prosegue esponendo la portata escatologica della sua riflessione: «Se la Chiesa giudica, non è per essa uscire da una neutralità fino allora osservata, perchè Dio non è mai neutrale verso le cose umane, dinanzi al corso della storia, e perciò non può esser tale neppure la Sua Chiesa. Se parla, è in virtù della sua divina missione voluta da Dio. Se parla e giudica sui problemi del giorno, è con la chiara coscienza di anticipare, nella virtù dello Spirito Santo, la sentenza che alla fine dei tempi il suo Signore e Capo, Giudice dell’universo, confermerà e sanzionerà». Pertanto: «tale è la funzione propria e sovrumana della Chiesa riguardo alle cose politiche».

La Chiesa non può consentire a giudicare «secondo criteri esclusivamente politici; non può legare gl’interessi della religione a indirizzi determinati da scopi puramente terreni; […] non può dimenticare, neppure per un momento, che la sua qualità di rappresentante di Dio sulla terra non le permette di rimanere indifferente, anche un solo istante, fra il “bene” e il “male” nelle cose umane. Se ciò le venisse chiesto, essa dovrebbe rifiutarsi, e i fedeli dell’una e dell’altra parte dovrebbero, in virtù della loro soprannaturale fede e speranza, comprendere e rispettare tale suo atteggiamento» (dal Radiomessaggio di Natale, 1951).

Carlo Di Pietro da ControSenso Basilicata