Teologia Politica n° 39. Obiezione numero Sette. La Dottrina sociale della Chiesa è rigida e vaga nel contempo

La settima obiezione alla Dottrina sociale della Chiesa proposta da mons. Emile Guerry è: «La Dottrina sociale della Chiesa è composta di principi immutabili […] [ma anche molto] astratti. Perciò questi sono troppo rigidi mentre la vita è essenzialmente in movimento [e servono] risposte chiare e costruttive » (Op. cit., pag. 48 ss.).

Risponde Papa Pio XII il 24 dicembre 1942 (Radiomessaggio alla Vigilia di Natale 1942): «Le ultime, profonde, lapidarie, fondamentali norme della società non possono essere intaccate da intervento d’ingegno umano; si potranno negare, ignorare, disprezzare, trasgredire, ma non mai abrogare con efficacia giuridica. Certamente, col tempo che volge, mutano le condizioni di vita; ma non si dà mai manco assoluto, né perfetta discontinuità tra il diritto di ieri e quello di oggi, tra la scomparsa di antichi poteri e costituzioni e il sorgere di nuovi ordinamenti. Ad ogni modo, in qualsiasi cambiamento o trasformazione, lo scopo di ogni vita sociale resta identico, sacro, obbligatorio: lo sviluppo dei valori personali dell’uomo, quale immagine di Dio; e resta l’obbligo di ogni membro dell’umana famiglia di attuare i suoi immutabili fini, qualunque sia il legislatore e l’autorità, a cui ubbidisce».

Pertanto rimane «sempre e non cessa per opposizione alcuna anche il suo inalienabile diritto, da riconoscersi da amici e nemici, ad un ordinamento e una prassi giuridica, che sentano e comprendano esser loro essenziale dovere di servire al bene comune».

Papa Pacelli, sottolinea il Guerry, ci ricorda che c’è un ordine naturale della società: «[…] è quest’ordine che occorre […] ritrovare sotto tutti i mutamenti della storia, per ricostruirlo». Papa san Pio X ci aveva già insegnato, nel 1910, che tutto dev’essere ricostruito in Cristo: «Instaurare omnia in Christo» (cf. Notre Charge Apostolique). Nella Ubi Arcano Dei Consilio del 1922 Papa Pio XI riassume il suo glorioso Pontificato con: «Pax Christi in regno Christi».

Il vivo Magistero della Chiesa è sempre stato in grado di «adattare alle trasformazioni di ogni epoca» i «principi immutabili» dell’ordine eterno.

Per esempio, Papa Pio XII, in Risposte a tre quesiti religiosi e morali concernenti l’analgesia (24 febbraio 1957), condanna «la somministrazione di narcotico per provocare e affrettare la morte […] perché allora si ha la pretesa di disporre direttamente della vita». Dunque il Pontefice, pur non vietando l’uso di alcuni farmaci innovativi ed utili per lenire il dolore, tuttavia avverte che non devono mai essere somministrati nell’intenzione satanica di dare la morte, poiché ciò è sempre un omicidio.

Nella sua Allocuzione al Convegno di Azione Cattolica Italiana (29 marzo 1945), il Pontefice dichiara: «Se questa dottrina [sociale della Chiesa, ndR] è definitivamente e univocamente fissata nei suoi punti fondamentali, è tuttavia abbastanza larga da poter essere adattata e applicata alle mutevoli vicissitudini dei tempi, purché senza detrimento dei suoi principi immutabili e permanenti».

Papa Leone XIII nella Etsi nos del 15 febbraio 1882 denuncia: «Come la religione cattolica supera ogni differenza di luoghi e di tempi per la salvezza delle anime, così anche nelle cose civili, dappertutto e sempre, diffonde ampiamente i suoi tesori a beneficio degli uomini. In verità, eliminati tanti e così grandi beni, subentrano estremi mali, in quanto quegli stessi che portano odio alla sapienza cristiana, per quanto dicano di fare il contrario, traggono in rovina la società, nulla essendovi di peggio che le loro dottrine per accendere violentemente gli animi ed eccitare le più perniciose passioni. Infatti, nell’ordine speculativo essi rigettano il lume celestiale della fede: estinto il quale la mente umana spessissimo è trascinata negli errori, non discerne il vero, e con tutta facilità cade alla fine nell’abbietto e turpe materialismo. Nell’ordine pratico, disprezzano la norma eterna ed immutabile dei costumi, e non riconoscono Dio quale supremo legislatore e vendicatore. Tolti questi fondamenti, ne consegue che, per difetto di efficace sanzione, ogni regola del vivere dipenda dalla volontà e dall’arbitrio degli uomini. Nell’ordine sociale, da quella smodata libertà che essi predicano e vogliono, nasce la licenza; alla licenza tien dietro il disordine, che è il più grande e micidiale nemico del consorzio civile. Certo una nazione non presentò spettacolo più penoso di sé o condizione più misera di quando in essa poterono signoreggiare, sia pure per breve tempo, tali dottrine e siffatti uomini».

Attacca, allora, nuovamente la massoneria: «Una dannosissima setta, i cui autori e corifei non celano né dissimulano affatto le loro mire, già da gran tempo ha preso posto in Italia e, intimata la guerra a Gesù Cristo, si propone di spogliare in tutto i popoli di ogni cristiana istituzione. Quanto abbia proceduto nei suoi attentati non occorre qui ricordarlo, tanto più che Vi stanno innanzi agli occhi, Venerabili Fratelli, il guasto e le rovine già recate sia alla religione, sia ai costumi».

Carlo Di Pietro da ControSenso Basilicata