«Molti crederanno di salvare la propria anima facendo ciò che a loro piace»

Sabato scorso abbiamo ricordato le parole di Angelo G. Roncalli (Giovanni XXIII dal 4.11.1958), in fregola di modernismo, per l’indizione del «Concilio Vaticano Secondo, [che è] una nuova Pentecoste […] per l’umanità», così scriveva il “papa buono” (Domanda: i Papi del passato erano forse crudeli?). In contro, il più realista cardinal Ottaviani, capo dell’Inquisizione, nel suo diario esclamava: «Il Concilio [Vaticano Secondo, ndR] [… è] una lunga notte per la Chiesa. […] Prego Dio di farmi morire prima della fine di questo Concilio, così almeno muoio cattolico». Morì il 3 agosto del 1979 (R.I.P.).

Ci stiamo occupando della dolente questione poiché il Vaticano Secondo, con la dichiarazione Dignitatis Humanæ (7.12.1965), accettata con 2308 voti favorevoli e 70 contrari, pretese di promulgare una nuova dottrina liberale-laicista sulla “dignità dell’uomo” e precipuamente sulla cosiddetta “libertà religiosa” o “di coscienza”, documento che condizionerà negativamente la vita sociale e politica (oggetto del nostro studio) di tante nazioni, le quali diverranno, nella loro legislazione ed azione, definitivamente atee, smettendo di essere cattoliche.

Molti esegeti (sic!) del Vaticano Secondo, direi piuttosto i vari sofisti e cripto-novatori che popolano l’habitat dell’illogica neo-tradizione, pur ammettendo le luttuose conseguenze dottrinali, morali, politiche e pratiche di Dignitatis Humanæ, sono soliti affermare che con tal documento non si intendeva affatto promulgare nuove dottrine ma, considerandolo solo pastorale, si volevano fornire unicamente degli spunti pedagogici, delle indicazioni di massima, dei consigli opinabili. Peccato che è proprio Dignitatis Humanæ a concludersi in questi termini: «Tutte [non semplicemente “alcune”, ndR] e singole le cose [es. le dottrine, ndR] stabilite [ovvero che si pretende di promulgare, ndR] in questo Decreto sono piaciute ai Padri del Sacro Concilio [consenso, ndR]. E Noi [Montini, Paolo VI dal 21 giugno 1963, ndR], in virtù della potestà Apostolica conferitaci da Cristo [si chiama in causa il Papato, si pretende di usare “le chiavi di Pietro”, ndR], unitamente ai Venerabili Padri [ancora consenso, ndR], nello Spirito Santo [si chiama in causa lo Spirito Santo a preteso sigillo di garanzia, ndR] le approviamo, le decretiamo e le stabiliamo; e quanto stato così sinodalmente deciso [universalità, ndR], comandiamo che sia promulgato a gloria di Dio [si condanna indirettamente l’opinione contraria, la quale NON sarebbe a gloria di Dio, ndR]».

Per gli autori di modernismo, invece, le  conseguenze dottrinali, morali, politiche e pratiche di Dignitatis Humanæ sarebbero positive.

Nella battitura del «Discorso di apertura del Concilio Vaticano II», pronunciato da Roncalli (Giovanni XXIII) il giorno 11 ottobre del 1962, si legge anche: «[…] Il Magistero che con questo Concilio si presenta in modo straordinario a tutti gli uomini che sono nel mondo. […] I Concili Ecumenici proclamano in forma solenne questa corrispondenza con Cristo e con la sua Chiesa ed irradiano per ogni dove la luce della verità, indirizzano sulla via giusta. […] Illuminata dalla luce di questo Concilio, la Chiesa si accrescerà […] guarderà con sicurezza ai tempi futuri. […] Quel che più di tutto interessa il Concilio è che il sacro deposito della dottrina cristiana sia custodito e insegnato in forma più efficace (???). […] Il ventunesimo Concilio Ecumenico […] vuole trasmettere integra, non sminuita, non distorta, la dottrina cattolica […]».

Evidentemente siamo in presenza di molti degli “elementi linguistici” che contraddistinguono i decreti e documenti dottrinali non opinabili, se promulgati dalla legittima Autorità! In futuro affronteremo teologicamente il nostro problema. Per ora si è solo accennato alla questione.

Durante il dibattito su questa nuova immaginata “dignità dell’uomo” e “laicità governativa”, il cardinale Giuseppe Siri affermò: «[…] Per noi che siamo i successori degli apostoli, è più importante difendere l’ordine divino, è più importante difendere la legge divina. Perché se nella difesa della libertà, noi disprezziamo la legge, si verificheranno sicuramente dei mali, sia teorici che pratici, che comporteranno l’indifferentismo, sia per quanto riguarda i frutti dell’apostolato, che per l’illusione secondo la quale molti crederanno di salvare la propria anima facendo quello che loro piace e rimandando a lungo o per sempre la loro conversione alla vera fede. Chiedo che si debba prestare più attenzione a quello che le fonti teologiche dicono sulla libertà religiosa e soprattutto a quello che hanno detto Leone XIII, Pio XI e Pio XII» (R. De Mattei, Op. cit., pp.499 – 460).

Il card. Arriba y Castro, ricordando gli insegnamenti di Gesù, intervenne così nella disputa: «[…] solo la Chiesa cattolica ha il diritto e il dovere di predicare il Vangelo. Perciò il proselitismo dei non cattolici fra i cattolici è illecito e, nella misura in cui lo consente il bene comune, dev’essere impedito non solo dalla Chiesa ma anche dallo Stato […] Veda dunque il Sacrosanto Concilio Vaticano II di non decretare la rovina della religione cattolica in nazioni in cui praticamente questa religione è unica. Infatti, dopo che si è cominciato a parlare, sia a parole che per iscritto, sono molti che, soprattutto tra i più sprovveduti, dicono: “A quel che sembra, tutte le religioni sono uguali”. E manca poco che concludano: “Quindi, nessuna è importante” […]» (Ivi., pp. 460 e 461).

Anche il cardinal Florit asserì: «[…] Il raggiungere la verità religiosa, conservarla e difenderla riguarda il fine naturale dello Stato. Da ciò consegue che i limiti della libertà religiosa non sono soltanto di ordine pubblico, ma anche e soprattutto necessità di verità religiosa […]» (Ivi., p. 462). Prosegue …

Carlo Di Pietro da ControSenso Basilicata