Sopratutto, importa il modo con cui diciamo le preghiere; poiché, sebbene la preghiera sia un mezzo di salvezza, tuttavia, se non è fatta convenientemente, non giova affatto. Spesso non otteniamo quel che chiediamo, come dice san Giacomo, perché chiediamo male (4,3). Dunque i Parroci insegnino al popolo fedele la maniera migliore per ben chiedere e ben pregare in pubblico ed in privato; precetti questi, intorno all’orazione Cristiana, che ci furon trasmessi dall’insegnamento di Cristo nostro Signore. Bisogna dunque pregare in spirito e verità; poiché il Padre celeste ricerca chi lo adori in spirito e verità (Jn. 4, 23). E prega in questo modo chi manifesta un intimo e ardente desiderio dell’animo. Da tale maniera di pregare, tutta spirituale, non escludiamo la preghiera vocale; ma crediamo che, giustamente, si debba dare la palma a quella che viene da un’anima ardente; essa è udita da Dio, cui sono aperti gli occulti pensieri dell’anima, anche se non sia proferita a parole. Ascoltò così le interne preghiere di Anna, madre di Samuele, che, piangendo, pregava e muoveva appena le labbra (1S. 1, 10; 1, 13 1, 27). Pregò in questa maniera David, là dove dice: «Il mio cuore ti parla, il mio sguardo ti cerca» (Psalm. 26, 8). Simili esempi cadono ad ogni passo, innanzi agli occhi di chi legge le sacre Scritture. Anche l’orazione vocale ha la sua utilità e necessità, perché accende il desiderio dell’animo e infiamma la fede di chi prega. In proposito cosi scrisse sant’Agostino a Proba: «Talvolta ci eccitiamo più efficacemente con parole e altre manifestazioni, atte ad accrescere il santo desiderio. Talvolta invece siamo costretti dall’ardente desiderio dell’animo e della pietà a manifestare con parole il nostro sentimento; perché, quando l’animo esulta di letizia, conviene che anche la lingua esulti. In realtà conviene che facciamo il duplice sacrificio, dell’anima e del corpo». E che questa fosse la maniera di pregare degli Apostoli lo rileviamo da molti passi degli Atti e di S. Paolo (Act. 11, 5; Act. 16, 25; 1Cor. 14, 15; Eph. 5, 19; Col. 3, 16). Ma poiché esistono due forme di preghiera, cioè privata e pubblica, nell’orazione privata la parola può aiutare l’intimo ardore e l’interna pietà; nell’orazione pubblica, istituita per ravvivare la religiosità del popolo fedele in determinate circostanze, non si può in nessun modo fare a meno dell’ufficio della lingua. Questa consuetudine di pregare in spirito, propria dei cristiani, non è affatto coltivata dagli infedeli, dei quali Cristo nostro Signore cosi dice: «Pregando, non usate tante parole come i pagani, che pensano di esser esauditi col lungo parlare. Non fate come loro, perché il Padre vostro sa, prima che gliele domandiate, di quali cose avete bisogno» (Mt. 6, 7). Proibendo la loquacità, è però lontano dal condannare le lunghe preghiere che derivano da un veemente e continuo ardore dell’animo. Anche col suo esempio ci esorta a questo modo di pregare, giacché egli non solo passava le notti in orazione (Lc. 6, 12), ma ripeté anche tre volte la medesima preghiera (Mt. 26, 44). Si deve tener presente soltanto che non si prega Dio col vuoto suono delle parole. Né pregano con l’animo gli ipocriti, dal vizio dei quali Cristo nostro Signore ci distoglie con queste parole: «Allorché pregate, non fate come gl’ipocriti, i quali amano di stare a pregare nelle sinagoghe e agli angoli delle piazze per essere osservati dagli uomini. In verità vi dico, essi hanno già ricevuto la loro ricompensa. Ma tu, quando preghi, entra nella tua camera e, chiuso l’uscio, prega il tuo Padre in segreto, e il Padre tuo, che vede in segreto, te ne renderà la ricompensa» (Mt. 6, 5). Per camera si può intendere anche il cuore umano, in cui non basta entrare, ma bisogna anche chiudervisi, perché dal di fuori non irrompa e influisca sull’anima qualcosa, da cui sia turbata la purezza della preghiera. Allora infatti il Padre celeste, che vede sopratutto le intenzioni e gli occulti pensieri di tutti, acconsente alla richiesta di chi prega. L’orazione richiede anche assiduità: il suo valore ce lo mostra il Figlio di Dio con l’esempio di quel giudice, che, non temendo Dio, né avendo riguardo ad uomo, vinto dall’assiduità ed insistenza della vedova, acconsentì alla sua richiesta (Lc. 18, 2 s.). Bisogna fare assidua preghiera a Dio, né si devono imitare quelli che, pregando una volta o due, se non ottengono quel che chiedono, smettono di pregare. Non ci sia rilassatezza nel compiere questo dovere, come insegna l’autorità di Cristo nostro Signore (Lc. 18, 1) e dell’Apostolo (1Thes. 5, 17). E se talvolta viene meno la volontà, dobbiamo chiedere a Dio la forza di perseverare.

Catechismo tridentino. L’orazione, se non è fatta come si deve, non giova