Il Patriarca dei monaci d’Occidente, San Benedetto da Norcia, dalla spelonca di Subiaco aveva sparso per tutto il mondo romano la divina luce delle sue virtù. Totila, barbaro re dei Goti, volle fare una prova della santità di Benedetto. Quel barbaro vestì il suo aiutante di campo delle sue vestimenta regali e lo mandò dal Santo. Si capisce che l’aiutante di campo doveva trarre in inganno San Benedetto affermando con risolutezza, dinanzi al Santo, di essere Totila in persona. Se il brutto gioco fosse riuscito, la fama del sublime Solitario sarebbe apparsa al cospetto di tutti una volgarissima ciarlataneria. Ma i disegni del Goto andarono a compimento? Il monaco Benedetto vide da lontano quell’aiutante di campo e gridò subito: «Figliuolo, svesti quelle divise poiché non sono le tue; io non conosco di persona né te né il tuo padrone, ma ti so dire bene che tu non sei Totila, ma il servo di lui». A queste parole il povero disgraziato rimase di stucco e, senza perdere tempo, corse a raccontare tutto a Totila che l’avea inviato. Quel fiero barbaro allora, colpito come da una misteriosa paura, si recò subito dal Santo, gli si prostrò ai piedi e ne ascoltò sommessamente la seguente profezia: «Prenderai Roma, poi la lascerai per valicare il mare, dopo nove anni morrai». Tutto si avverò con precisione. Coloro che hanno voluto deridere i Santi sono rimasti sempre derisi. (Tratto da Giacinto Belmonte cappuccino, Racconti miracolosi, 1887, con permesso dei Superiori, vol. II, pagine 378 -379).

A cura di Carlo Di Pietro

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