La scorsa settimana abbiamo imparato che il «Sionismo» è quel movimento politico destinato a procurare ai Giudei (= ordinariamente coloro che seguono il «Talmud») uno Stato nazionale, indipendente e riconosciuto. Padre del «Sionismo» fu Teodoro Herzl. Suo maggiore finanziatore fu il barone Edmondo Rotschild. La prima guerra mondiale, con l’architettata caduta dell’Impero Ottomano, segnò un decisivo progresso per il «Sionismo organizzato». Determinante per la «Questione Sionista» fu la lettera del ministro degli Esteri inglese Lord Balfour a Lionel Rotschild: la nota «Dichiarazione Balfour».

Nel 1943 - il primo al «Congresso Sionista» data 1897 (Basilea) - la popolazione Giudaica della Palestina raggiungeva la soglia dei 539.000 individui, il 31,5% della popolazione totale e le proprietà della «Jewish Agency» - di cui si è già detto - ammontavano a 1.300 kmq., cioè il 17% del territorio. Per favorire maggiormente lo spirito nazionalista fu abbandonato lo jiddiš, definito «gergo da rigattieri», e si adottò come lingua nazionale l’ebraico classico della Bibbia. (…)

Davanti alle realizzazioni del «Sionismo», gli Arabi palestinesi incominciarono a rendersi conto che un (non riconosciuto) «Stato ebraico» non solo si andava formando, ma esisteva già sul loro territorio e che un poco alla volta ne sarebbero rimasti sopraffatti. Così incominciò la lotta tra i due gruppi, condotta con atti di terrorismo, di sabotaggio ed assassinii, cui i Giudei contrapposero un potente esercito clandestino, detto Haghānāh, (…) mentre l’Inghilterra oscillava abilmente tra una fazione e l’altra, pur simpatizzando - (almeno nelle apparenze) - per gli Arabi.

La seconda guerra mondiale (1939-45) segnò una pausa nella lotta, ma questa riprese più violenta alla fine del conflitto, dato che nel 1948 doveva scadere il «Mandato britannico». Si moltiplicarono i tentativi di conciliazione, si propose di prolungare il «Mandato britannico», permettendo l’immigrazione di 100.000 Giudei una volta per sempre, ma la proposta fallì per furore di popolo; così pure fallì la «Proposta Morrison» per uno Stato indipendente ripartito in due province. Comunque, l’Inghilterra annunciò che, appena scaduto il «Mandato», avrebbe abbandonato la Palestina nelle mani delle Nazioni Unite.

L’O.N.U. (31 agosto 1947) adottò il «Piano di spartizione in due Stati separati della Palestina», ma l’indomani ebbe inizio la lotta aperta in Gerusalemme tra Giudei ed Arabi e, il 15 maggio 1948, la guerra ufficiale contro la «Lega Araba» (Siria, Libano, Iraq, Transgiordania, Egitto ed Arabia) solidale con gli Arabi palestinesi. Il breve conflitto fu caratterizzato da accanimento e crudeltà, massacri e rappresaglie, da ambo le parti.

L’O.N.U. impose tre tregue, che non furono rispettate, anzi, lo stesso inviato dell’O.N.U. per la tregua, lo svedese conte Bernadotte, fu assassinato il 6 settembre 1948 da un gruppo di terroristi Giudei. Finalmente l’O.N.U. ingiunse ai belligeranti di concludere l’armistizio (16 novembre 1948), che in realtà «Israele» fece separatamente - con i vari Stati della «Lega Araba» - nella successiva primavera. «Israele» si trovava padrone di più di due terzi del territorio.

L’11 maggio 1949, l’O.N.U. ammise nel suo seno lo «Stato d’Israele».

Avendo ormai raggiunto lo scopo, dovrebbe dirsi finito il «Sionismo» nel senso originario della parola (= Movimento politico fortemente identitario e nazionalista con il fine di occupare - con ogni mezzo e stratagemma - la Palestina), ma resta ancora la questione di Gerusalemme, tuttora divisa tra i due contendenti (…). «Israele» esige Gerusalemme per capitale, gli Arabi non cedono; l’O.N.U. ha proposto l’internazionalizzazione della città ma la proposta non è stata finora eseguita (l’autore scrive negli anni ’50).

Il Papa Pio XII, preoccupato per la sorte dei Luoghi Santi, ha ripetutamente esortato le Nazioni ad attenersi alla soluzione di internazionalizzare Gerusalemme, essendo Città Sacra per un miliardo di uomini [all’epoca - prima del funesto “Vaticano Secondo” - il Cattolicesimo era ancora molto diffuso]. Egli ha enunciato chiaramente la sua ansietà per la sorte dei Luoghi Santi in tre Lettere encicliche, del 1° maggio 1948 [«Auspicia Quaedam»: lamenta le barbarie contro la Cristianità], del 24 ottobre 1948 [«In Multiplicibus Curis»: chiede il libero accesso ai Luoghi Sacri], del 15 aprile 1949 [«Redemptoris Nostri Cruciatus»: lamenta la distruzione di pacifiche dimore di comunità religiose], e nella Esortazione dell’8 novembre 1949 [«Sollemnibus Documentis» = chiede per la Palestina il trionfo della vera libertà e della giustizia].

Sebbene Giudei ed Arabi ripetutamente abbiano assicurato di voler rispettare i venerandi (= cattolici) Santuari, le profanazioni, distruzioni e minacce, cui furono soggetti, mostrano quanto siano fondate le preoccupazioni del Papa. [Cfr. «Enciclopedia cattolica», Volume XI, Colonne 713-716, Vaticano, Imprimatur 1° agosto 1953].

Anno 2018: da oramai settant’anni la Palestina non conosce tregua e la pacifica comunità cristiana, un tempo dinamica e numerosa, è ridotta a poco più dell’1%. Prima del 1946 era circa il 10%.

a cura di Carlo Di Pietro da Il Roma