Comunicato numero 195. La condizione infelice dell’avaroStimati Associati e gentili Sostenitori, è possibile richiedere l’iscrizione all’Associazione per l’anno 2020 usando il link: https://bit.ly/367OkBn. Per rinnovare l’iscrizione è, invece, necessario utilizzare il link:  https://bit.ly/2R6TQQq. Ringraziamo sin da subito i generosi benefattori. 

La parola avaro significa avido di oro, dice Sant’Isidoro; «ed è avaro, soggiunge Sant’Agostino, non solamente chi ama il danaro, ma chiunque brama troppo ardentemente qualsiasi altro oggetto. Chiunque desidera oltre quello che gli bisogna, è avaro».

L’avarizia è una follia; «Non ammassate ricchezze su la terra, dice Gesù Cristo in San Matteo, dove o la ruggine le consuma, o i vermi le rodono, o i ladri le scovano e involano». Notiamo queste tre maniere di distruzione, riflette Cornelio Alapide: la tignuola che rode gli abiti, la ruggine che consuma il ferro, i ladri che rubano l’oro e l’argento; e da ciò rileviamo che per tre motivi Gesù Cristo cerca di distogliere l’uomo dall’amore disordinato delle ricchezze! Innanzitutto perché svaniscono e si corrompono; in secondo luogo perché abbagliano la mente; in terzo luogo perché esse s’impadroniscono di tutta l’anima, e le impediscono di servire a Dio.

Vi fu un uomo ricchissimo, diceva Gesù Cristo, al quale i possedimenti avevano reso così bene e abbondantemente, che di ogni raccolto aveva grande abbondanza. Ora costui andava una notte tra sé ragionando e dicendo: «Che farò di tanti beni? Oh, ecco quello che farò: distruggerò i vecchi granai e ne farò dei nuovi e più ampi, e quivi ammasserò tutti i miei raccolti, e dirò all’anima mia: ora tu hai moltissimi beni per molti anni; riposati dunque lietamente, e bevi, e mangia, e sta allegramente». Ma in quel momento una voce terribile gli disse: «Pazzo che tu sei, questa notte medesima ti sarà richiesta l’anima, e i beni che hai a tanto studio apparecchiati e cumulati di chi saranno?». Tal sorte avrà colui che, avaro, pensa solo ad avere e non è ricco nel Signore.

Gesù, ci dice il Padre Dragone, perfeziona i Comandamenti comandando anche l’elemosina, la castità (secondo il proprio stato) e l’obbedienza, che conducono a una buona vita. Conviene occupare i giorni di festa a bene dell’anima, dice San Pio X, anche compiendo qualche opera buona: specialmente qualcuna delle opere di misericordia spirituale o corporale, come istruire i fanciulli aiutando a fare il Catechismo, aiutare i poveri con qualche elemosina, visitare gli ammalati e i carcerati. Qualche elemosina, ripete il Dragone, serve a scontare specialmente i peccati di avarizia.

Il quarto Precetto ci ordina - insegna San Pio X - di fare le offerte per il conveniente esercizio del Culto e per l’onesto sostentamento dei ministri di Dio. Il patriarca Abramo pagò la decima parte del valore di tutto quello che possedeva a Melchisedech, Sacerdote dell’Altissimo, che aveva offerto pane e vino in sacrificio, prefigurando il Sacrificio del Nuovo Testamento, e aveva benedetto Abramo in nome di Dio (Gen., 14, 18-20). Gesù, levando poi gli occhi, osservò i ricchi che gettavano le loro offerte nella cassetta del tempio, e vide anche una povera vedova gettarvi due oboli. Allora disse: «Vi dico in verità che questa vedova povera ha messo più che non tutti gli altri, perché tutti costoro hanno messo nelle offerte a Dio di quello che loro sopravanzava; essa invece nella sua miseria ha messo quanto aveva per sostentarsi» (Lc., 21, 1-4).

Se si osserva l’anima dell’avaro, si troverà somigliante ad un abito roso dalla tignuola: si vedrà foracchiata da ogni parte, incancrenita dal peccato e coperta della ruggine del male - ci dice Cornelio Alapide. È troppo vera la parola di San Paolo a Timoteo: «Quelli che vogliono arricchire, cadono nella tentazione e nel laccio del diavolo e in molti inutili e nocivi desideri i quali sommergono gli uomini nella morte e nella perdizione. Poiché radice di tutti i mali è la cupidigia: per amore della quale alcuni hanno deviato dalla fede, e si trovano in molti dispiaceri».

Fuggite l’avarizia, dice San Prospero; se bramate disordinatamente le ricchezze, v’impiglierete in mille difficoltà per trovarle, vi addosserete lavori e fastidi per procacciarvele, cure e attenzioni per custodirle, infine proverete amarezze per goderle e dolori nel perderle. «O uomo, soggiunge Sant’Agostino, che sei tormentato dall’avarizia, quanto non ti costa cara la tua passione! Dio si ama senza fatica. L’avarizia impone travagli, pericoli, tristezze, tribolazioni e tu a tutto ti sobbarchi! E a qual fine? Per riempire i tuoi forzieri e perdere la tranquillità. Tu godevi ben altra pace prima che possedessi, che non ora che hai cominciato ad ammucchiare. Vedi a che cosa l’avarizia ti ha sospinto. Hai arricchito la casa e stai in timore dei ladri; hai acquistato l’oro e perduto il sonno».

L’avarizia, secondo la graziosa similitudine di San Bernardo, è trascinata su di un carro a quattro ruote che sono quattro vizi: la pusillanimità, l’inumanità, il disprezzo di Dio, la dimenticanza della morte». Gesù Cristo dà alle ricchezze il nome di spine. E infatti, spiega il Crisostomo, date uno sguardo un poco addentro alla coscienza dell’avaro, e ci vedrete un gran numero di peccati, un timore continuo, l’ansia, l’affanno, il sospetto, e cento sorta di spaventi.

«L’avarizia, dice Sant’Ambrogio, è invidiosa di tutti, vile a se stessa, povera in mezzo alle ricchezze». I giorni dell’avaro passano nelle tenebre, nei pianti, nella collera, nella stanchezza e nel furore. Non lo contenta né il tempo sereno, né il nuvoloso; il suo parlare è un continuo lagnarsi dei suoi scarsi profitti. Non c’è, a sentirlo, casa più sventurata della sua. 

Sentenze da «I Tesori di Cornelio Alapide».

CdP