Stimati Associati e gentili Sostenitori, tra i tanti mali da cui è tormentata l’età nostra, una cosa c’è, che ci fa bene sperare: è il risveglio d’amore e studi mariani. E tra i vari studi mariani, quello che oggidì più interessa gli studiosi è la Mediazione di Maria. Così scrive il P. Angelo Taverna nel suo opuscolo apologetico «Maria Mediatrice», collana S.O.S., Serie V, n° 97, nella prima metà del ventesimo secolo. Non sarà quindi inopportuno che la nostra collezione se ne interessi, tanto più che con ciò si risponde ai protestanti: i quali aborriscono dall’attribuire in qualsiasi modo a Maria il titolo di mediatrice.

Mediazione. Una parola sui termini e un’altra sulla questione che qui vogliamo trattare. Mediatore è, secondo la dottrina dell’Angelico, colui che si trova in mezzo a due estremi e li congiunge (Cf. Summ. Theol. III, q. 26, a. 2). Cristo è perfetto Mediatore tra Dio e gli uomini, perché, collocato tra questi due estremi, li congiunse con la sua redenzione: «Mediator Dei et hominum homo Christus Jesus: Qui dedit semetipsum redemptionem pro omnibus» (I Tim. 2-5, 6) e continua a congiungerli, presentando continuamente al Padre per gli uomini il prezzo della redenzione compiuta. Da tutti si deve ammettere che unico Mediatore perfetto tra Dio e gli uomini è Cristo Gesù. «Niente però vieta, dice San Tommaso, che anche gli altri siano in qualche modo mediatori tra Dio e gli uomini: in quanto cioè cooperano con Dio a modo di disposizione o di ministero» (Summ. Theol. III, q. 26, a. 1). In tale mediazione occupa certamente il primo posto la SS. Vergine: a Lei conviene per eccellenza il titolo di Mediatrice, sempre, ben inteso, per mediazione partecipata. Analogamente quindi alla mediazione principale di Cristo si potrà parlare di mediazione secondaria di Maria nella Redenzione (che alcuni Teologi chiamano «oggettiva») e nella distribuzione delle grazie (che alcuni Teologi chiamano «Redenzione soggettiva»). Nel primo caso Mediatrice diventa sinonimo di Corredentrice; nel secondo diventa sinonimo di Distributrice delle grazie. Che Maria sia Corredentrice del genere umano nel senso che è Madre del Redentore, ossia ch’Essa sia Corredentrice remota, è da tutti ammesso. Ma che Essa sia Corredentrice prossima, ossia abbia avuto parte diretta nell’opera redentrice del genere umano, nell acquisto del capitale di grazia, è oggetto di viva discussione presso i Teologi moderni. Lasciando da parte tale questione ed attendendo su ciò maggiore luce, ci piace fermarci sull’altro aspetto della Mediazione Mariana, ossia sulla Madonna Distributrice di tutte le grazie, sul che, almeno quanto alla sostanza, vige il consenso pieno e perfetto di tutti i Teologi cattolici. [L’Autore scrive prima della «Ad caeli Reginam» di Papa Pio XII: Maria la Corredentrice. Dunque luce è stata fatta e ne abbiamo già parlato sul nostro Sursum Corda].

L’intercessione di Maria. Non v’è dubbio che Maria presenti incessantemente al trono della divina misericordia i suoi meriti e le sue preghiere per la salvezza degli uomini. Diciamo non solamente le sue preghiere, ma i suoi meriti ancora. Giacché, come insegna San Tommaso, «in due modi i Santi pregano per noi. In primo luogo con una preghiera espressa, quand’essi esprimono i loro desideri per noi alla divina clemenza; in secondo luogo con una preghiera interpretativa, fondata sui loro meriti che, sempre presenti al cospetto di Dio, non sono solamente per essi un titolo di gloria, ma sono ancora per noi come tanti suffragi e preghiere tacite, in quella guisa che il sangue di Gesù Cristo sparso per noi, domanda grazia in favore nostro» (S. Thom., In Sentent., IV D. 45, q. 3, a. 3. Così, per esempio, prega la Chiesa nella Messa di San  Gioacchino. Post comm.: «Noi vi domandiamo, o Dio onnipotente, che, per i sacramenti che ora abbiamo presi, col soccorso dei meriti e delle preghiere del beato Gioacchino, partecipiamo nel tempo alla vostra grazia ed alla vostra gloria nell’eternità ». E così pure nel piccolo ufficio della Santa Vergine, nel Capitolo: «Per le preghiere ed i meriti della beata Maria sempre Vergine e di tutti i Santi, il Signore ci conduca al regno dei cieli». Ma, come bene osserva il P. Terrien, «se noi distinguiamo questi due modi di preghiere, dobbiamo guardarci dal separarli; giacché, in fondo, anziché due preghiere, abbiamo due elementi costitutivi della stessa preghiera, vale a dire ciò che presenta la domanda e ciò che la rende potente presso Dio. Quindi è che la Chiesa ha cura di riunire queste due cose, quando ella si appoggia sopra il suffragio dei Santi» («La mère des hommes», L. 5, c. 4). Per meglio intendere questo, gioverà ricordare la dottrina comune dei Teologi, i quali insegnano che in ogni opera buona fatta in stato di grazia si contiene un triplice valore, meritorio de condigno, meritorio de congruo e soddisfattorio. Il merito de condigno, che ha per oggetto l’aumento della grazia santificante in questa vita e di gloria essenziale nell’altra e, probabilmente, anche la prima gloria essenziale, non è cedibile ad altri; esso è esclusivamente proprio di chi l’acquista, parlando di pure creature. Solo i meriti condegni di Gesù Cristo sono ad altri cedibili. Non così il merito de congruo, come pure il valore soddisfattorio. L’uno e l’altro si possono cedere ad altri da colui che l’acquista. Lasciando stare il valore soddisfattorio — che non fa a nostro proposito — il merito de congruo non è altro che il valore impetratorio delle buone opere, valore cioè a cui corrispondono grazie attuali, sebbene queste grazie non si debbano alle buone opere di stretta giustizia, né Dio si sia obbligato di concederle alla preghiera impropriamente detta. Ma c’è una grande congruità e convenienza nelle opere buone fatte dal giusto, ch’esse siano retribuite con grazie attuali, e Dio per lo più, conformandosi a questa convenienza, suole di fatto premiare le opere buone, di cui tanto si compiace, con grazie attuali di ogni genere. Ora se si considera, come egregiamente scrive il Toleto (In Lucam, c. 1, annotatio 67), che nella lunga vita di Maria non vi fu nessun atto, nessuna operazione che non fosse santa, giusta e a Dio accetta — poiché se così non fosse, ella non sarebbe stata esente da peccato, laddove è certissimo che non commise mai nessuna anche minima colpa; — di più, se si considera che nella beatissima Vergine non ci fu mai nessuna omissione degna della minima riprensione; che inoltre la Vergine ebbe una grazia abbondantissima per cui era disposta ad esercitare qualsiasi atto di virtù anche eminente ed arduo; se, diciamo, tutto questo si considera, quale concetto potrà farsi dell’immenso cumulo di meriti, tanto condegni quanto congrui, ch’ella adunò nel lungo corso della sua vita terrena? Ebbene, sono appunto questi immensi meriti congrui che danno valore sommo alle preghiere di Maria.

Potenza della intercessione di Maria. Del resto, nota ottimamente il citato P. Terrien, quando parliamo dei meriti che rendono così potente la preghiera di Maria, noi dobbiamo «intendere non solamente i meriti propriamente detti, ma ancora tutto ciò che può rendere l’orante degno di essere esaudito. Perciò la maternità divina con tutti i privilegi di grazia e di gloria di cui Maria è centro e sorgente, entra da se stessa nell’ordine del merito. Non è giusto, infatti, che la Madre di Dio sia esaudita dal suo Figlio; la Figlia di Dio, dal suo Padre; la Sposa di Dio, dallo Spirito Santo, suo sposo regale?». E così pure anche i meriti de condigno, appunto perché aumentano la grazia santificante, cioè rendono più amica e più grata a Dio la persona che merita, concorrono a rendere più efficace presso Dio la sua preghiera. Giacché è legge dell’amicizia che l’amico faccia la volontà dell’amico. Ora la Vergine con i suoi meriti accumulò tanta grazia santificante che, aggiunta alla grazia che Dio liberalmente a Lei concesse nella sua Concezione Immacolata ed in altri tempi della sua vita come nell’Incarna- zione del Verbo Divino, ed alla grazia che ex opere operato ella attinse dai sacramenti che ricevette, specialmente dalla Divina Eucaristia, forma una grazia quasi immensa, di gran lunga superiore alla grazia di tutti gli Angeli e di tutti i Santi insieme. Quindi sosteniamo che la preghiera di Maria è più potente presso Dio che quella di tutti gli Angeli e Santi insieme compresi, tanto che l’esimio Dott. Suarez («De mysteriis vitae Christi», D. 23, s. 2, n. 5) non dubita di scrivere che «se noi c’immaginiamo che la beata Vergine domandi una grazia e tutta la corte celeste a lei resista (siccome leggiamo in Daniele che un angelo resisteva ad un altro) sarebbe più possente e di maggiore efficacia al cospetto di Dio la preghiera della Vergine che la preghiera di tutti gli altri insieme. E così pensano i santi Padri, ed è convenientissimo alla dignità di madre ed in certo modo dovuto alla perfettissima grazia e carità della Vergine». E come è certo che Maria ha una potenza così grande per impetrare agli uomini con la sua preghiera le grazie salutari, così è pur certo il buon volere che ha la Vergine di usare di questo suo immenso potere, atteso l’amore ardentissimo da cui è infiammato il suo cuore verso tutti gli uomini. Non c’è dunque dubbio che innumerevoli sono le grazie che Maria con la sua intercessione fa discendere sulla terra dal trono della divina misericordia.

Mediazione universale. Ma quando si dice Maria Mediatrice di tutte le grazie si vuol dire qualche cosa di più ancora : cioè che nessuna grazia discende dal Cielo sulla terra, che non sia dovuta all’intercessione di Maria; il che è quanto i fedeli sogliono esprimere con bella ed efficace locuzione metaforica, che tutte le grazie vengono da Dio per le mani di Maria. Ed appunto in questo senso, molti, come dicevamo, desiderano la definizione dogmatica dell’universale mediazione di Maria. Ora sarà bene determinare anche meglio il significato di questa asserzione.

Quanto alle persone. Quando diciamo che tutte le grazie, senza eccezione, discendono per le mani di Maria, è chiaro che non vogliamo comprendere tutte le grazie altresì che Maria stessa ottenne da Dio. Poiché sebbene anche per la Vergine Santissima la preghiera fosse il gran mezzo per ottenere da Dio grazie eziandio per se stessa, pure non c’è dubbio che Dio fece a Lei delle grazie senza l’intervento della sua preghiera. E così, a cagione d’esempio, la grazia ch’ebbe Maria per formare la sua prima preghiera — giacché anche a Maria per pregare era necessaria la grazia — non potè averla mediante la sua preghiera. Altrimenti, si dovrebbe ammettere il processo all’infinito, come parlano i filosofi. L’universalità, dunque, dell’intercessione di Maria riguarda gli altri uomini, rispetto ai quali, quando asseriamo ch’essi non possono avere nessuna grazia senza l’intercessione della Vergine, non vogliamo con ciò dire che nessuno ottiene grazia qualsiasi se a  lei non rivolge la sua preghiera. No, perché molte grazie le ottiene Maria anche a chi non l’invoca. Che però disse benissimo il divino poeta, nel suo inno sublime a Maria: «La tua liberalità non pur soccorre A chi domanda, ma molte fiate Liberalmente al domandar precorre» (DANTE - Paradiso XXXIII, 16-19. Affermiamo soltanto che per ogni grazia che dal Cielo discenda, Dio ha voluto che Maria interponga la sua intercessione, anche quando chi riceve la grazia non pensi a richiedere la Vergine della sua intercessione. Così pure può rivolgere direttamente la sua preghiera al Divin Padre od a Gesù Cristo. Ma anche allora la grazia non discenderà dal trono della misericordia di Dio se non passando per le mani di Maria. E similmente può uno pregare un Santo od un Angelo. Ma la preghiera fatta al Santo od all’Angelo salirà al trono della divina misericordia presentata dalla preghiera di Maria.

Quanto al tempo. Quando asseriamo che Maria è universale mediatrice di grazie si può domandare, s’ella sia tale rispetto agli uomini di tutti i tempi, cioè non solo rispetto agli uomini che vissero dopo il suo ingresso nel regno della gloria, ma ancora per quelli che con Lei vissero quand’ella pellegrinava in terra, anzi ancora per quelli che a Lei preesistettero. A dire il vero, a noi piace la sentenza di coloro i quali, col P. Vermeersch («Maria Vergine Madre di Dio», 47.o sabbato, II) ammettono che l’intercessione di Maria influiva anche sugli uomini che precedettero la sua esistenza. Siccome è certissimo che nessuna grazia si diede agli uomini vissuti prima della venuta di Gesù Cristo nel mondo, se non per i menti di questo Divin Salvatore, così non è inverosimile che Dio non volesse concedere nessuna grazia anche prima dell’esistenza di Maria, se non in riguardo alle future preghiere di questa Vergine benedetta. Del resto, vi sono gravissimi Teologi antichi e recenti, come il Suarez (De paenit., d. 48, s. 5, n. 12) ed il Pesch (Praelect dogm., to. IX, n. 617), i quali attribuiscono un potere retroattivo alla preghiera anche degli altri uomini. Che se così è, con maggior ragione possiamo affermare che l’intercessione della Vergine esercitasse la sua efficacia in coloro che vivevano con Lei sulla terra. Rispetto a questi l’intercessione di Maria era reale ed attuale. È certissimo che Maria pregava intensamente ed assiduamente per la salvezza degli uomini nella sua vita mortale. È vero che, non godendo ancora della beatifica visione, non abbiamo sufficiente fondamento per asserire che, almeno abitualmente, per lume profetico ella conoscesse in particolare le necessità dei singoli uomini. Ma quale difficoltà c’ è nell’ammettere che il Signore non concedesse grazia alcuna ai singoli uomini, se non per riguardo delle preghiere che Maria porgeva a Dio per gli uomini in generale ? Ad ogni modo, poiché gravi Teologi, come il Van Noort, attribuiscono alla Vergine l’ufficio di universale Mediatrice solo dal momento in cui ella, ammessa alla visione intuitiva di Dio, potè al lume beatifico conoscere distintamente le necessità dei singoli uomini, così a noi pure basterà difendere questo glorioso ufficio della Vergine dentro questi limiti, quanto al tempo in cui cominciò ad esercitarlo.

Quanto alle grazie. Ma se possiamo ammettere una restrizione quanto al tempo, non la possiamo concedere quanto alle stesse grazie. Chiamando Maria mediatrice di tutte le grazie senza eccezione alcuna, intendiamo dire che all’intercessione di Lei siamo debitori non solo delle grazie attuali — per cui non è difficoltà speciale — ma ancora delle abituali, tanto extrasacramentali quanto sacramentali. È vero che le fonti immediate della grazia abituale — così chiamiamo la grazia santificante con le virtù tanto teologiche quanto morali che l’accompagnano —non sono che due: cioè le buone opere meritorie de condigno ed i sacramenti. Supposta l’esistenza dell’opera meritoria, necessariamente nel presente ordine di Provvidenza si ha l’aumento di grazia ed a suo tempo, per chi muore in grazia, l’aumento di gloria. Così pure, posto il Sacramento ricevuto con le debite disposizioni, si ha immediatamente la prima grazia o l’aumento di grazia proporzionato alla disposizione con cui si è ricevuto il Sacramento. Or bene per fare le opere buone e meritorie di vita eterna è necessaria la grazia attuale: la sufficiente per poterle fare, l’efficace per farle di fatto. La Vergine ci otterrebbe le une e le altre grazie, le sufficienti e le efficaci, per fare le opere meritorie. Similmente è grazia attuale il fatto che uno riceva il Sacramento: che un bambino, per esempio, sia battezzato, che un adulto peccatore, moribondo, riceva il sacramento della confessione. Inoltre, l’apportare nell’uso dei Sacramenti tanto le necessarie quanto le migliori disposizioni, è opera insieme e del libero arbitrio e della grazia attuale. Questa grazia attuale si deve anche all’intercessione di Maria. Per conseguenza all’intercessione di Maria è dovuta pure in qualche modo la grazia santificante tanto extrasacramentale, quanto la sacramentale.

Le prove. Ci siamo fin qui studiati di spiegare e di determinare con precisione il senso in cui si deve intendere la Mediazione universale di Maria nella distribuzione di tutte le grazie. E ci siamo distesi alquanto in questa spiegazione, perché così rimangono sciolte, si può dire, quasi tutte le difficoltà che si possono opporre ad una dottrina così bella e consolante. Dottrina bella e consolante senza dubbio. Ma ciò non basta perch’ella sia conforme a verità. Qui si tratta di cosa soprannaturale, dipendente dalla sola e liberissima volontà divina. E ciò diciamo, anche posto che Dio volesse, come volle di fatto, salvare l’umano genere col mistero dell’Incarnazione: non essendo assolutamente necessario l’intervento dell’intercessione di Maria nella distribuzione delle grazie, non possiamo sapere nulla sopra ciò, se Dio non ci ha rivelata la sua volontà. Ora ce l’ha Dio rivelata questa sua volontà di assumere Maria a cooperatrice universale nella distribuzione delle grazie? Noi non esitiamo a rispondere, che Dio ci ha manifestato questa sua volontà nella Sacra Scrittura e nella Tradizione, dichiarataci dai Padri, dai Teologi, dalla Liturgia e finalmente dai Sommi Pontefici.

La Testimonianza della tradizione. A dimostrare la volontà divina circa l’universale mediazione di grazia, da essa conferita a Maria, incominciamo dalle testimonianze della Tradizione, perché essa, come avviene in parecchie verità rivelate, è su questo punto più esplicita e più chiara. Non possiamo qui addurre le numerose e splendide testimonianze dei Padri e dei Teologi; chè non basterebbe a questo fine un grosso volume. E del resto, se non tutte, queste testimonianze si trovano già raccolte a gran numero in molti libri, specialmente nelle opere già da noi sopra citate, come quelle di Sant’Alfonso, del P. Godst, del P. Terrien, e del P. Villada. Il P. Terrien, prima di passare alle citazioni particolari, nota quattro classi generali di attestazioni dottrinali, in cui egli vede questa sentenza implicitamente affermata, non solamente da tale o tal altro dottore particolare, ma, si può dire, dal consenso universale dei maestri e dei fedeli. Lasciando le testimonianze della seconda classe, che ci paiono meno efficaci, ci piace di riferire quelle delle altre tre classi secondoché le espone egregiamente l’autore («La Mère des hommes», 1. 7, c, 4).

I titoli dati alla Vergine. Se v’è cosa manifesta, ella è questa che la Chiesa tutta intera, sotto tutte le latitudini e fin dai tempi più remoti, nei canti liturgici, nelle omelie, nei panegirici, in una parola: in tutti i generi di monumenti, in tutte le opere composte a onore della Vergine, tutta la Chiesa, diciamo, senza eccettuare le parti già unite alla Sede Romana ed ora da lungo tempo separate, ha costantemente salutato Maria con una grande varietà di titoli (presi) dalla Sacra Scrittura e dall’insegnamento cattolico attribuiti a Gesù Cristo, nostro Mediatore e Salvatore. La Chiesa infatti nella Salve Regina chiama Maria nostra vita, nostra dolcezza, nostra speranza. Leggasi, ad esempio, la grand’opera del Passglia. («De immaculato Deiparae semper Virginis conceptu commentarius», Napoli 1855). Quivi Maria ci si presenta come luce che rischiara il mondo intero; come la sorgente vivente e perpetua dell’immortalità, di tutta la grazia e di tutta la santità; come la vera vigna, la vigna feconda, sempre fiorita e sempre carica di uva che dà la gioia divina. Ella è la respirazione dei cristiani, la radice della libertà restituita al genere umano. Meglio ancora, ella è la causa della salute, la madre della salute universale, la salute del mondo, la salute di tutti gli uomini fino agli ultimi confini della terra. Ella è il principio comune della nostra felicita, del nostro rinnovamento, in una parola, di tutti i beni; la riparatrice e la ristoratrice dell’umana famiglia, la redenzione dei mortali; colei per mezzo della quale noi passammo dalla morte alla vita, dalle tenebre all’ammirabile lume. Ella è celebrata come il vero propiziatorio del mondo, la causa universale della deificazione, il ponte reale per cui la terra si congiunge al cielo, la speranza dei cristiani e la loro speranza unica, il nostro rifugio e la nostra forza. Ecco ciò che si legge in tutte le forme ed in tutte le lingue, non una, ma cento e cento volte. Si sa bene che quest’espressioni, quando affermano ciò che, in rigore di termini, è essenzialmente proprio di Cristo, si devono intendere della Madre di Cristo solo secondariamente e dipendentemente dal suo Figlio, come del resto, risulta dal contesto e da altre circostanze.

Maria nel Corpo Mistico. Passando ora ad un’altra classe di testimonianze, la Chiesa tutta intera è un corpo di cui Gesù Cristo è il capo e noi siamo le membra. È legge che ogni influenza vitale e, per conseguente, ogni dono di grazia, discenda dal capo alle membra, da Gesù Cristo agli uomini. Ora qual è, secondo molti Padri e Teologi, la posizione di Maria nel corpo di Cristo? È quella significata da essi, con semplice ma espressiva metafora, del «collo». E ciò nuovamente ci conduce alla conclusione già dedotta. Infatti, nel corpo umano solo per mezzo del collo il capo comunica alle altre parti del nostro organismo il movimento e la sensibilità di cui esso è il centro principale. Dunque la metafora corrisponde mirabilmente al privilegio di Maria. Tra gli altri ci sarà caro di udire svolgere questa metafora il grande Bellarmino: «Cristo, egli dice, è il capo della Chiesa e Maria ne è il collo. Tutti i doni, tutte le grazie, tutte le influenze celesti discendono da Cristo, come dal capo, per mezzo di Maria, quasi per il collo, nel corpo della Chiesa. Nel corpo umano v’è più di una mano, più d’un braccio, più d’una spalla, più d’un piede. Così nella Chiesa vi sono più Apostoli, più Martiri, più Confessori, più Vergini, più Vedove; ma non v’ha che un Figlio di Dio ed una sola è la Madre di Dio... O infelici coloro che non riconoscono, non venerano tal collo. Giacché siccome un membro se volesse ricevere le influenze dal capo e disdegnasse di riceverle per mezzo del collo, si seccherebbe e morrebbe, così quelli che desiderano di avere da Cristo la vita e la grazia e non vogliono averla per mezzo di Maria, rimangono e rimarranno in eterno aridi e digiuni» («Conciones, habitae Lovanii», Concio 42.

Nulla senza Maria. V’è una terza classe di testimonianze che contengono formole simili a queste: Nessuna salvezza senza la protezione di Maria. Implorare i favori divini indipendentemente da Maria è un voler volare senz’ali. «Qui petit sine ipsa duce, sine alis tentai volare», come si esprime Sant’Antonino di Firenze (Summ. Theol., p. IV, tit. 15, c. 22, § 9). E forse il santo arcivescovo prese questo pensiero dall’Alighieri, il quale nel suo immortale poema fa così parlare San Bernardo alla Vergine: «Donna, se’ tanto grande e tanto vali, che qual vuol grazia e a te non ricorre, sua disïanza vuol volar sanz’ali» (Paradiso, canto XXXIII, 13-16). Bisogna bene che Maria sia per noi la dispensiera di tutte le grazie, se non si può sperare salvezza, né trovare il Salvatore e la grazia senza di Lei. Poiché, se ci fosse per noi un altro canale delle grazie, se il cuore di Dio versasse le grazie per altre mani che per quelle di Maria, più non esisterebbe l’impossibilità significata da queste testimonianze. Non si potrebbe più dire con San Germano di Costantinopoli: «Nessuno è salvo se non per mezzo di voi, o Vergine madre; nessuno riceverebbe alcun dono da Dio se non per mezzo di voi, o piena di grazia» (Serm. in Dormit. B. M. V. 2. Migne, P. G. 98, 349). Tengono un simile linguaggio San Lorenzo Giustiniani (De laud. B. M., L. XII, c. II, n. 12) e Sant’Anselmo (Orat., 52, Migne, P. L., 158, 956). Il P. Terrien passa quindi a esporre le testimonianze speciali, dopo avere meritamente osservato che gli scrittori cattolici non cominciarono a trattare ex professo nelle loro opere la nostra questione se non dopo il secolo decimoquinto. Anzi bisogna discendere più giù, per trovarla espressa in tesi nei trattati speciali. Ciò però non vuol dire che non ci fossero precedentemente delle testimonianze esplicite. Al contrario, le testimonianze abbondano anche nei secoli precedenti. E lo stesso dotto autore ne arreca molte, dividendole in due serie: testimonianze appartenenti ai secoli in cui la questione non era ancora espressamente sollevata né discussa; e testimonianze degli scrittori ecclesiastici degli ultimi tempi, dal secolo decimosettimo fino ai nostri giorni. Similmente procedono il Godst e il Villada, accumulando di secolo in secolo un gran numero di altre autorità antiche e recenti. Eppure noi crediamo che ai nomi già raccolti se ne possano aggiungere altri non meno illustri, per esempio il Pinamonti (Esercizi spirituali, Esame per il nono giorno, n. V). il Cardinale Pallavicino (Arte della perfez. crist., 1. 3. c. 7), e molto più, tra i più recenti, come il Bucceroni (La B. Vergine Maria, 15, 2) ed il Monsabré (Esposizione del dogma cattol. Confer. 50), i quali apertamente professano la medesima sentenza. Dopo aver lette queste testimonianze, concluderemo col P. Terrien: non ci sembra forse di udire mille e mille voci che dall’Oriente e dall’Occidente proclamano con San Bernardo il grande e solenne principio: «Questa è la volontà di Dio che ogni bene ci venga dal Cielo per mezzo di Maria»?

La Liturgia. Né da esse discordano le voci delle sacre Liturgie occidentali ed orientali. «L’una e l’altra Chiesa, la latina e la greca [beneinteso: non si vuol fare una apologia della greca eretica e scismatica, ndr.], argomenta il P. Piazza, nel sacrosanto Sacrificio della Messa invoca la Beatissima Madre di Dio quotidianamente e frequentemente. La Chiesa greca in tutti i sacri inni, di qualunque argomento essi siano, suole aggiungere le lodi della Divina Madre. La Chiesa latina premette a ciascuna ora canonica insieme con l’orazione domenicale la salutazione angelica e conclude il divino ufficio con una solenne preghiera alla Vergine. È inoltre costume dei fedeli l’unire la salutazione angelica all’orazione domenicale. Or bene, questa frequente e quotidiana invocazione della Madre divina nelle pubbliche preghiere che la Chiesa porge a Dio ed a Cristo prova a sufficienza essere la Chiesa ed i fedeli persuasi che Maria è come il rivolo celeste per cui ai miseri mortali derivano i fiumi di tutte le grazie e di tutti i doni, come si espresse Benedetto XIV nella Bolla spesso citata» (Christianorum omnium in Sanctos Sanctorumque reginam... propensa devotio a praepostera scriptoris reformatione potissimum antiquitatis monumentis... vindicata simul et illustrata). Quest’argomento era già stato addotto dal Suarez; (De mysteriis Christi, d. 23, s. 3, n. 5); e fu poi ripreso ed esposto in tutta la sua forza dal P. La Broise. L’argomento della Liturgia ha avuto recentemente una mirabile conferma dall’istituzione della festa di Maria Mediatrice di tutte le grazie. Si noti che il titolo di questa Messa col proprio ufficio, è «Mediatrice di tutte le grazie». Dunque tutte le grazie si devono all’intercessione di Maria.

Testimonianze della Scrittura. Ma non solo la Tradizione, anche la Scrittura ci parla del medesimo privilegio di Maria. Fino dalle prime pagine, infatti, dei libri ispirati noi c’incontriamo in quello che meritamente si chiama protovangelo: «Io getterò inimicizia fra te e la donna, e fra la tua schiatta e la schiatta di lei: essa ti schiaccerà il capo mentre tu ti avventi al suo calcagno» (Gen. 3, 15,- cf. La Sacra Bibblia tradotta dai testi originali con note a cura del P. Istituto Biblico di Roma, I. Firenze, Salani, p. 70). In quest’oracolo la Vergine si trova unita con strettissimo ed indissolubile vincolo a Gesù Cristo Mediatore di Dio e degli uomini nell’opera dell’umana salvezza. Ora questo vincolo non sarebbe indissolubile se noi separassimo anche solo per un istante in questa grand’opera la Vergine dal suo Divino Figliuolo. D’altra parte sappiamo che Gesù Cristo è l’autore principale dell’umana salute non solo perché ha coi suoi meriti accumulato i tesori infiniti di grazie, ma ancora perché attualmente distribuisce ai singoli fedeli questi tesori, Egli che è l’avvocato nostro presso il Padre (1 Io., 2, 1), semper vivens ad interpellandum pro nobis (Hebr., 7, 25). Dobbiamo adunque dire che anche la Vergine concorre con Gesù nella distribuzione di queste grazie salutari. E crediamo che appunto per insinuare questa consolante verità del concorso di Maria con Gesù nella distribuzione delle grazie, lo Spirito Santo abbia ispirato a San Luca di scrivere nel suo Vangelo (Luc., 1, 41-44) come la prima santificazione che il Salvatore operasse nella persona di San Giovanni Battista, da lui si operasse mediante le parole di Maria, che furono parole in certa guisa sacramentali, come s’esprime il P. Nepveu (Pensées. Juillet, 2 jour). Per la stessa ragione San Giovanni fu ispirato a registrare nel suo Vangelo (Io., 2) come quando Gesù fece il primo miracolo per provare la divinità della sua missione, non volle farlo se non per intercessione di Maria.

L’autorità dei Pontefici. Ciò però che dà maggior valore ancora agli argomenti è l’autorità dei Romani Pontefici. Pio IX, nell’Enciclica Ubi primum diretta a tutti i vescovi dell’orbe cattolico, in cui li esorta a pregare insieme coi fedeli affinché il Signore lo illumini intorno alla convenienza della definizione dell’immacolata Concezione, tra le altre lodi che dà a Maria, ne proclama la mediazione universale, con queste parole: «Voi sapete benissimo, Venerabile Fratello, che tutta la ragione della nostra fiducia è riposta nella SS. Vergine, poiché Dio pose in Maria la pienezza di ogni bene, per modo che se in noi v’ha qualche speranza, qualche grazia, qualche salvezza, conosciamo che tutto deriva da Maria... Tale è la volontà di colui il quale volle che tutto noi abbiamo per mezzo di Maria». Così Leone XIII nella Enciclica Iucunda Semper Expectatione (1894) approva la sentenza di San Bernardino da Siena che cioè ogni grazia si dispensa da Dio per mezzo di Maria. Similmente Pio X nella sua Enciclica Ad diem illum del 2 febbraio 1904 chiama Maria «la dispensatrice di tutti i doni, che Gesù ci procacciò con la morte e col suo sangue». Benedetto XV, poi in una lettera al direttore del Rosario perpetuo in Italia, raccomandando, come Leone XIII, la preghiera del Rosario, dice che «si dirige a colei per cui mezzo piacque a Dio che ci giungano tutte le grazie». Ma non poteva lo stesso Sommo Pontefice Benedetto XV approvare più apertamente la nostra sentenza di quello che ha fatto concedendo la Messa e l’ufficio di «Maria Mediatrice di tutte le grazie».

L’argomento teologico. Né manca in favore del privilegio di Maria, di cui trattiamo, l’argomento teologico, il quale consiste nel dedurre una verità da un’altra che ci consta dalla rivelazione. Infatti, noi possiamo inferire legittimamente l’universale mediazione di Maria dalla sua maternità spirituale rispetto agli uomini, la quale a sua volta è una conseguenza della sua maternità fisica rispetto a Gesù Cristo. La maternità spirituale di Maria è teologicamente certissima; anzi fu detta recentemente dal dotto Cardinal Lèpicier: «veritas catholica, ad fidem proxime pertinens»; sicché il negarla, secondo lui, sarebbe non solo temerario ma saprebbe di eresia; perché questa verità, quantunque non mai espressamente definita, resta sempre universalmente fissa nel cuore e sulle labbra del popolo cristiano (Tractatus de Beatissima Virgine Maria, p. 3, c. 1, a. 1, n. 17). La certezza della maternità spirituale di Maria non dipende dalla questione se questa maternità fu conferita a Maria sul Calvario con quelle parole che il suo Divin Figliuolo rivolse a Lei dalla croce: «Ecco il tuo figliuolo» additandole San Giovanni che stava a fianco di Maria e con quelle altre rivolte a San Giovanni: «Figlio, ecco la tua madre» (Io., 19, 26-27). A dir il vero, con molti autori e, quel che è più, coi Sommi Pontefici Benedetto XIV (Bull. Gloriosae Dominae), Pio VIII (Bull. Praesentissimum), Leone XIII (Saepe, praésertim in Encyclica Adiutricem), noi crediamo che in queste parole sia designata la maternità spirituale di Maria, in senso non già semplicemente accomodato bensì vero e reale, o letterale od almeno tipico. Ma crediamo pure, come già sopra dicemmo, che quest’altissima dignità fu conferita a Maria nell’Incarnazione del suo Figliuolo, quand’ella divenne sua Madre, e che da Gesù sulla croce fu soltanto promulgata in maniera solenne.

Dottrina di Pio X. Ecco come autorevolmente svolge quest argomento Pio X nell’Enciclica citata: «E non è forse Maria la Madre di Cristo? Adunque Ella è altresì Madre nostra. — Imperocché deve ognuno ritenere che Gesù, il Verbo fatto carne, è eziandio il Salvatore dell’uman genere. Ora in quanto Uomo-Dio, Egli ebbe un corpo fisico al pari di ogni altro uomo: in quanto poi Salvatore dell’umana famiglia, ebbe un corpo spirituale e mistico, la società cioè di coloro i quali credono in Cristo. Siamo molti un solo corpo in Cristo. Orbene la Vergine non concepì solamente l’Eterno Figlio di Dio perché si facesse uomo, pigliando da Lei l’umana natura; ma eziandio affinché, per mezzo della natura da Lei assunta, fosse il Liberatore degli uomini. Per la qual cosa l’Angelo disse ai pastori: È nato a voi oggi un Salvatore, che è il Cristo Signore. Pertanto nello stesso unico seno della castissima Madre, Cristo prese per sé ed unì a sé il corpo spirituale, formato da coloro, i quali erano per credere in Lui. Talché Maria, portando nel seno il Salvatore, può dirsi che portasse eziandio coloro tutti, la vita dei quali era contenuta nella vita del Salvatore. Per la qual cosa quanti siamo uniti con Cristo e, come dice l’Apostolo, siamo membra del corpo di Lui e delle ossa di Lui, siamo usciti dal seno di Maria, a guisa di corpo unito col capo. Donde è che, in modo bensì spirituale e mistico, siamo noi chiamati figliuoli di Maria, ed Essa è madre a noi tutti. Madre, sì spiritualmente, ma veramente Madre delle membra di Cristo che siamo noi. Se adunque la Vergine beatissima è Madre di Dio e degli uomini, chi dubiterà che Ella non si adoperi con ogni studio perché Cristo, capo del corpo della Chiesa, trasfonda in noi sue membra i doni suoi e quelli innanzi tutto di conoscere Lui e di vivere per Lui? Oltre a ciò alla Madre santissima non toccò solo il vanto di aver somministrato la materia della sua carne all’Unigenito di Dio che doveva nascere con umane membra, della qual materia si preparasse la vittima per la salute degli uomini; ma toccò insieme l’ufficio di custodire e nutrire la stessa vittima e, al tempo designato, presentarla per il sacrificio. Quando poi giunse l’ora suprema del Figlio, stava presso la croce di Gesù la Madre di Lui, non occupata semplicemente nel contemplare il crudele spettacolo, ma rallegrandosi che l’Unigenito suo fosse offerto per la salute dell’uman genere e tanto eziandio partecipando alla sua passione, che, se fosse stato possibile, avrebbe essa molto più volentieri sostenuto i tormenti tutti che sostenne il Figlio. — Or da questa comunione di dolori e di volontà tra Cristo e Maria, meritò Essa di divenire degnissimamente la Riparatrice del mondo perduto, e quindi la Dispensatrice di tutti i doni che Gesù ci procacciò con la morte e col sangue. Non neghiamo già che la distribuzione di siffatti doni, di proprio e privato diritto, appartenga a Cristo; pur nondimeno, per la partecipazione di dolori e di affanni della Madre con il Figlio, fu concesso alla Vergine augusta di essere presso l’Unigenito suo Figliuolo la Mediatrice e Conciliatrice potentissima di tutta la terra. È dunque Cristo il fonte, e della pienezza di Lui noi tutti abbiamo ricevuto; da cui tutto il corpo compaginato e commesso, per via di tutte le congiunture di comunicazione, l’aumento prende proprio del corpo per sua perfezione mediante la carità; Maria a sua volta, come nota acconciamente San Bernardo, è l’acquedotto; o, se vuoisi, è il collo, per cui il corpo aderisce al capo ed il capo trasmette nel corpo la forza e la virtù. Imperocché Essa è il collo del nostro Capo, per via del quale ogni dono spirituale si comunica al Corpo mistico di Lui. Dal che si fa manifesto che noi siamo ben lungi dall’attribuire alla Vergine la virtù di produrre la grazia soprannaturale, ciò che appartiene a Dio solo. Ma superando Essa ogni creatura nella santità e nell’unione con Cristo, ed essendo stata da Cristo presa a compagna nell’opera dell’umana salute, ci merita, come dicono, de congruo, ciò, che Cristo ci meritò de condigno, ed è la prima Ministra nella distribuzione delle grazie».

Riassumendo possiamo ridurre il ragionamento del Santo Pontefice in questa breve forma. Maria è madre spirituale degli uomini. La sua maternità spirituale consiste nel cooperare ch’Ella fa alla formazione del corpo mistico di Cristo che non è altro che l’estensione ed il compimento di Gesù alla cui formazione Ella cooperò fisicamente in modo da divenirne verissima Madre. La formazione del corpo mistico di Cristo consiste nell’incorporazione degli uomini allo stesso Cristo in modo che così ne risulti un sol corpo di cui Gesù sia il capo e gli altri uomini le membra. Ora questa incorporazione si fa per mezzo delle grazie, cioè immediatamente per mezzo della grazia santificante e mediatamente per mezzo delle grazie attuali che non sono date da Dio se non in ordine all’acquisto, alla conservazione ed all’aumento della grazia santificante, la quale quanto si aumenta nell’anima che ne è adorna, tanto più si perfeziona l’incorporazione con Cristo. Dunque Maria deve aver parte nel comunicare queste grazie. Ciò non può essere in una maniera fisica, perché solo Dio è causa fisica della grazia. Dunque Maria deve cooperare solo moralmente. Non può dirsi che Maria abbia cooperato meritando de condigno queste grazie: Gesù solo le ha meritate de condigno. Resta dunque che ella abbia cooperato coi suoi meriti de congruo e con la sua intercessione. In questo modo risplende mirabilmente l’unità del disegno divino nella grand’opera della Redenzione, come osservava già stupendamente il Bossuet. «Dio avendo voluto, così egli si esprime, una volta darci Gesù Cristo per mezzo di Maria, quest’ordine più non si muta e i doni di Dio non si revocano. Egli è e sarà sempre vero che, avendo noi da Lei ricevuto una volta il principio universale della grazia ne riceviamo ancora per sua interposizione le varie applicazioni della grazia in tutti i differenti stati che costituiscono la vita cristiana» (Sermón sur l’Immaculée Conception).

Conclusione. Per tutto quello che noi abbiamo detto e più ancora potremmo dire, non dubitiamo punto della verità di una sentenza tanto gloriosa per Maria e tanto consolante per gli uomini, come non ne dubitano, guidate dal sensus Christi, nella vivace semplicità della loro fede, le moltitudini dei fedeli. Le opposizioni si dileguano con nulla più che determinare esattamente lo stato della questione, come ci siamo studiati di fare nella prima parte di quest’opuscolo. Ai giorni nostri [l’Autore scrive, è bene ricordarlo, prima dell’eruzione modernista, ndr.] poi non sappiamo che ci sia pure un autore cattolico che contraddica alla nostra sentenza. È anzi consolante il vedere sempre più crescere il numero di quelli che apertamente la difendono. Oramai anche i teologi nei loro trattati de Verbo Incarnato, tra le tesi in cui dimostrano le prerogative di Maria SS. si fanno premura di non omettere quella che ne difende l’universale mediazione di grazia. Possa questa bella verità, bene conosciuta, fortemente amata, sentitamente vissuta rendere l’età nostra veramente Mariana, affinché così diventi intensamente Cristiana, come già ha previsto il V. P. Chaminade e la Madonna di Fatima sta attuando.

Per il P. Angelo Taverna SJ e per gli onesti autori menzionati: + Réquiem aetérnam dona eis, Dómine, et lux perpétua lúceat eis. Requiéscant in pace. Amen. +

A cura di CdP