Stimati Associati e gentili Sostenitori, in passato abbiamo dedicato diversi approfondimenti alle questioni delle migrazioni, dell’immigrazione, dei migranti e degl’immigrati. Ci sembra opportuno menzionarne alcuni: 1° Exsul Familia Nazarethana in italiano. La Magna Charta di Pio XII sull’immigrazione; 2° Esposizione della dottrina cristiana sulle migrazioni; 3° Teologia Politica 107. Breve dissertazione sulla cosiddetta “immigrazione” (parte 1); 4° Teologia Politica 108. Breve dissertazione sulla cosiddetta “immigrazione” (parte 2). Anche altro è stato pubblicato sul nostro sito ed è possibile raggiungere i contenuti cercando la parola «immigrazione» nell’apposito modulo di ricerca. È altresì possibile consultare l’indice analitico cliccando qui. È stato scritto non tantissimo sull’argomento, tuttavia riteniamo di aver detto quanto basta per avere una solida e rigorosa formazione a riguardo, per approcciare al problema con equilibrio e, Dio volendolo, con sapienza cristiana. L’attualità della materia, invero, ci induce a proporre un ulteriore approfondimento ai Lettori, atteso che una cattiva gestione del fenomeno, o piuttosto dei moti migratori, ha storicamente e sempre prodotto gravi danni alla fede ed alla salute dei singoli, della collettività e di intere Nazioni.

• Nel 1993 l’Editrice Civiltà di Brescia pubblicava l’interessante volume, sotto lo pseudonimo di Giuli Valli, dal titolo «Il vero volto dell’immigrazione. La grande congiura contro l’Europa». Poste alcune premesse e tralasciata la parte meramente filosofica dello scritto, questa sarà la principale fonte del nostro odierno comunicato. Si tratta di un volume arguto e lungimirante, dove l’attento studio della storia passata, dei fatti più recenti e delle cronache contemporanee (all’anno 1990) inducono l’Autore ad elencare una serie di conseguenze - talvolta certe, talvolta probabili - davvero sorprendenti, a tratti preveggenti. Questo libro, scrive l’Autore, vede la luce due anni dopo la sua ultimazione (anni ’90/91). Pur essendo possibili aggiornamenti ed aggiunte, i termini della questione restano sostanzialmente immutati. Ciò che invece, purtroppo, è mutato, è l’atteggiamento degli italiani di fronte alla immigrazione “extracomunitaria”: dopo un primo periodo di sconcerto e di spavento, essi si sono, almeno in parte, assuefatti - quasi si trattasse di un fenomeno inevitabile! - a questo evento grandioso che frattanto va dilatandosi e radicandosi sempre più. Assuefazione e rassegnazione sono proprio le due carte principali su cui punta chi ha causato e tuttora promuove e dirige un processo graduale e, nei limiti del possibile, silenzioso, ma, proprio per questo, tanto più insidioso che, per le sue dimensioni e finalità, non ha precedenti nella storia. Ecco perché questo grido di allarme, per quanto tardivo, ci pare non solo utile ma doveroso!

• Proemio. In Italia, l’evento più vistoso e grandioso del 1989, fatidico anno del bicentenario della Rivoluzione Francese, è stato senza dubbio l’impressionante aumento dell’afflusso immigratorio, proveniente soprattutto dai paesi di religione islamica. Di fronte a questo fenomeno, così imponente che, nel giro di brevissimo tempo, è giunto a sconvolgere l’aspetto delle nostre più antiche città, i cui centri sembrano a volte trasformarsi in vere e proprie casbah, ci è parso necessario proporre agli italiani, travolti dal mare di una propaganda tanto chiassosa quanto mistificante, un saggio che ne descriva gli effetti e ne indichi gli sviluppi e le cause. A tal fine, abbiamo diviso la nostra trattazione in tre parti: nella prima, esamineremo - al di là della menzogna di Stato! - il vero volto della immigrazione e gli effetti immediati della legge Martelli. Nelle successive due, mostreremo al lettore i retroscena, i piani e gli scopi ultimi che si celano dietro a questo sconcertante movimento di popoli.

• Da sempre, le polizie di tutti i Paesi tengono d’occhio lo straniero che entra nel loro territorio, subordinandone la permanenza a permessi e controlli. Le ragioni sono evidenti: lo straniero è quasi sempre uno sconosciuto alla polizia nazionale; potrebbe benissimo, quindi, essere un malvivente che ha gravi conti in sospeso e fugge la giustizia della sua terra; o essere un emissario della delinquenza organizzata che viene a gettare le basi di illeciti commerci; o a tessere le fila di vaste cooperazioni criminose; o essere la spia di una potenza ostile. Un Paese che sopprimesse questi controlli sarebbe destinato a diventare il porto e il rifugio di tutta la criminalità mondiale e la base di ogni losco traffico. Fino alla legge Martelli - anche se, in linea di fatto, negli ultimi tempi le maglie della vigilanza si erano misteriosamente allentate! - l’Italia non faceva eccezione a questa regola e la sua legislazione prevedeva questi controlli al titolo V del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (artt. 142-152) e agli artt. 261-271 del relativo regolamento.

• In questo contesto normativo - i cui precedenti, si ripete, sono ultrasecolari, risalendo a ben prima dell’unità d’Italia - in un momento in cui la criminalità dilaga e si organizza, specialmente in relazione al traffico della droga e delle armi, e le sue fila proliferano mostruosamente e si estendono e si infittiscono avvolgendo tutto il globo in una malefica ragnatela, si è abbattuta, con fulminea rapidità, la legge Martelli. Il contenuto di questa legge è addirittura rivoluzionario. Essa, infatti, al suo articolo 13, demolisce la quasi totalità delle norme del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza in materia di controllo sugli stranieri, rende l’espulsione di costoro estremamente difficile e farraginosa, consentendo persino il ricorso - contro i provvedimenti prefettizi in tal senso, e contro il diniego di rinnovo del permesso di permanenza - ai tribunali amministrativi, con l’elevatissimo rischio di paralizzare e di schiacciare quegli organi di giustizia sotto il peso di un contenzioso smisurato, rendendo loro impossibile ogni altra attività a tutela degli interessi dei cittadini. Il sicuro esito di questa opzione legislativa sarà quello di differire, a termini imprevedibili, l’esecuzione dei provvedimenti di espulsione. Occorre poi tener presente che, essendo gli stranieri, il più delle volte, privi di fissa dimora, le sentenza di espulsione sarebbero destinate a restare, nella gran maggioranza se non nella quasi totalità dei casi, inutili, essendosi l’interessato, nel frattempo, trasferito altrove senza lasciare tracce anagrafiche e quindi rendendosi, in tal modo, praticamente irreperibile. È opportuno aggiungere che, mentre in precedenza, per l’espulsione e l’accompagnamento al confine, era sufficiente una condanna penale per qualsiasi reato non meramente contravvenzionale, ora, invece, occorre che si tratti di una di quelle fattispecie criminose di particolare gravità. Lo smisurato allargamento del concetto di “rifugiato politico”, divenuto ormai evanescente e incontrollabile, apre ulteriori, immense falle alle frontiere e nei controlli. In definitiva, si sono abbattuti i precedenti filtri e barriere per sostituirvi una normativa che offre una protezione volutamente illusoria e inconsistente, e ciò proprio nel momento in cui, di fronte a un’immigrazione torrenziale, massimo sarebbe il bisogno di un vaglio rigoroso e di un efficace controllo.

• Quale sarà e, anzi, già in gran parte sia stato il risultato immediato (anno 1990) di questa inaudita apertura delle frontiere, dovrebbe risultare evidente, al di là delle declamazioni retoriche e dei pilotati sentimentalismi, anche ai più sprovveduti. Il primo e più evidente effetto non può essere che la proliferazione della criminalità: questa massa di immigrati, privi di lavoro e sradicati dal loro contesto sociale, trasferita in un paese che non è in grado di offrire una sistemazione a tutti i suoi figli al punto di avere un tasso di disoccupazione superiore al 10%, non può che fornire manovalanza al delitto, e in particolar modo alla droga, alla prostituzione e al relativo sfruttamento. Persino il periodico dei missionari comboniani, «Nigrizia», (che pur si batte con sconcertante accanimento per un’immigrazione illimitata e indiscriminata!) si lascia sfuggire importanti ammissioni in tal senso: sul numero 46 dell’ottobre 1989, in un articolo intitolato: «Ero in carcere e sei venuto a trovarmi», Giuseppe Caramazza, passando in rassegna casi individuali, riconosce che un certo Ahmed, da lui conosciuto in una casa di pena, e che presenta come un caso paradigmatico, «dopo decine di notti trascorse alla stazione centrale o in macchine abbandonate, è inevitabilmente finito nel giro dell’hashish», dove quell’«inevitabilmente» la dice assai lunga... In relazione alla famosa strage di Castelvortuno del 24 aprile 1990 il «Resto del Carlino» scrive: «Certo, ora la faccenda si complica se anche gli sbandati dell’immigrazione  vanno a ingrossare gli eserciti della mafia, della ‘ndrangheta e della camorra. Era così difficile prevederlo?». A pag. 3 narra: «L’idea di reclutare anche manovalanza di colore era venuta al ragioniere Pasquale Scotti, il pluriomicida luogotenente di Cutolo». Giorgio Bocca, famoso giornalista di regime, scrivendo sul numero dell’11 marzo 1990 de «L’Espresso», settimanale assai prossimo a quel Partito Socialista che, nello schieramento politico, è l’alfiere più acceso dell’apertura delle frontiere, così scrive a pag. 17: «Dalle notizie sparse nelle cronache italiane veniamo a sapere che il numero degli immigrati che spacciano droga è in continuo aumento e che le loro casbah diventano sempre meno frequentabili. A Torino, i vigili urbani che si avventurano nel quartiere di Marassi, in riva al Po, possono trovarsi circondati da spacciatori armati di spranghe e di bottiglie rotte...», prosegue preconizzando un inevitabile conflitto etnico, e così conclude: «La pervicacia con cui i nostri grandi partiti, i nostri politici, legiferano sempre in astratto, senza mai tener conto di quello che poi immancabilmente avviene nella pratica, diffonde sospetti: ci si chiede: “ma quali interessi ci saranno dietro questa permissività verso gli immigrati? ”». È proprio quello che ci siamo chiesti anche noi; ma, prima di passare a questa indagine, ci preme esaurire, sia pure trattandola per sommi capi, la rassegna degli effetti prossimi e remoti di una vicenda che, giorno per giorno, assume dimensioni vieppiù grandiose e inquietanti.

• L’articolo 9, comma 2 della legge Martelli contiene una disposizione che definire incredibile è dir poco: essa prevede, infatti, che l’“extracomunitario” sprovvisto di documenti possa “regolarizzare” la propria posizione sulla base di un’attestazione della sua identità, resa da due persone incensurate aventi la cittadinanza italiana e, persino, da altri due stranieri soggiornanti in Italia da almeno un anno, appartenenti allo Stato dell’interessato. Non è chi non veda come, in tal modo, il più incallito dei killers professionali o dei trafficanti di droga possa ricrearsi una verginità in Italia, fregiandosi di un nome nuovo e immacolato con la compiacente o addirittura complice, e comunque incontrollabile, dichiarazione di due mentitori, magari prezzolati per l’occasione, o stabilmente al soldo di qualche associazione criminale. L’Italia diventerà, in tal modo - e forse lo sta già diventando! - il rifugio della delinquenza mondiale: affluiranno ad essa malviventi dai paesi d’Europa non appartenenti al Mercato Comune, dalle Americhe, dall’Africa e dall’Asia, promuovendola a centro dei loro loschi traffici ed intrighi, a “City” delle multinazionali del crimine. Ciò consente e consentirà l’ingresso in Italia di interi battaglioni di manovali e di “boss” del delitto; va anche detto che questa disposizione riproduce l’analogo art. 16 della legge 30 dicembre 1986, n. 943, che già poneva questo assurdo principio e i cui termini sono stati prorogati ben quattro volte, e precisamente coi decreti legge 27 aprile 1987, n. 154, 27 giugno 1987 n. 242, 28 agosto 1987 n. 353, e con la legge 16 marzo 1988 n. 81.

• È, allora, assai ragionevole ritenere che la prossima, prevedibilissima, “sanatoria” conterrà un’identica statuizione e la malavita, nazionale e mondiale, che ben conosce queste incredibili falle periodicamente offerte da una legislazione suicida, certamente fa conto sulla periodicità di siffatti provvedimenti e predispone, di conseguenza, le proprie mosse e le proprie pedine. Senza contare che, a prescindere dalle regolarizzazioni formali, a un determinato livello di caos, certo già largamente raggiunto, sfuggita la situazione di mano alla polizia, ogni efficace controllo diventa impossibile. È da notare che, proprio perché il fenomeno immigratorio è incontrollato, e, di conseguenza, gli immigrati sono ignoti agli uffici anagrafe italiani, nulla impedirà, a chi sia stato scoperto a commettere delitti anche dopo aver acquistato una nuova identità, di fuggire in un’altra città italiana, dandosi un terzo nome, e così via, ricominciando sempre daccapo. È quanto in concreto sta già accadendo (anno 1990), come narra il pur ultra “progressista” settimanale «L’Europeo» del 17-28 aprile 1990, sotto il titolo: «Qui polizia, siamo circondati» - sottotitolo: «Gli arresti? Impossibile quando una volante è sola contro 60 persone. Le espulsioni? Inutili. I fogli di via? Inefficaci. Le pattuglie raccontano», impressionante documento sullo stato di impotenza cui i nostri governanti hanno ridotto la forza pubblica di fronte al sorgere di uno Stato nello Stato, inaccessibile ai nostri poliziotti e le cui leggi sono quelle commiste dell’Islam e della mafia, del traffico di droga e della prostituzione. In quel servizio, il succo della “sanatoria” Martelli è così riassunto nelle efficaci parole di un agente di P.S. milanese: «Noi importiamo delinquenza di terzo mondo come materia prima, gli diamo una nuova nazionalità, cioè quella italiana, e riesportiamo questa delinquenza in Europa... la malavita italiana sta creando una vera e propria organizzazione per importare gli spacciatori tunisini: gli insegna a riciclare i documenti falsi o a “lavare” i propri, se sono pregiudicati». (Vedere lo stelloncino intitolato «Il gioco delle identità» a pag. 15 della citata rivista). Dove si vede che, grazie al Governo e al Parlamento, sono state create una scuola e un’industria del crimine con molte migliaia di dipendenti e vasti quadri dirigenziali!

• È inevitabile che l’incremento nel commercio della droga comporti anche un incremento del relativo consumo, onde è evidente e sicuro che i nostri figli, già così sviati e pericolanti, saranno ancor più insidiati e travolti dalla malefica seduzione di quel terribile vizio auto-distruttivo che è fonte e occasione di ogni altra forma di criminalità. Poiché, poi, droga e prostituzione vanno a braccetto, è questo il momento per ricordare che le donne di colore immigrate in Italia rivelano una tanto preoccupante quanto diffusa tendenza a darsi alla prostituzione, e ciò non solo come risultato di credenze religiose che, a partire dall’Islam, sono prive di un serio contenuto morale, ma anche perché loschi personaggi, evidentemente inquadrati in associazioni operanti su scala internazionale, adescano nei paesi d’origine ragazze spostate, indirizzandole verso l’Italia con false promesse di lavoro e speculano poi sulla loro disperazione non appena, lontanissime dalla terra natale e senza più mezzi per rientrarvi, si accorgono che quelle promesse erano solo turpi menzogne. Sono, questi, fatti ben noti e sempre più sotto gli occhi di tutti, ma poiché prevediamo inevitabili accuse ed ingiurie da parte dei soliti “mass-media” di regime, ci pare opportuno citare un altro periodico - «Epoca» - che è innegabilmente una delle voci più autorevoli della stampa periodica “laica” e “progressista” del nostro paese. Sul numero del 22.10.1990, quel settimanale dedicava un ampio e documentato servizio a questo argomento, scritto da Maria Giulia Minetti e intitolato: «Io, prostituta nera». Le parole con cui questo articolo si apre, già rendono chiara l’idea dell’importanza e delle proporzioni di questo aspetto dell’immigrazione: «Arrivano a migliaia, deportate (si noti il vocabolo, assai significativo! ndA.) sui marciapiedi di tutta Italia: Torino, Livorno, Firenze, Modena. .. Analfabete o laureate, professioniste o principianti, le nigeriane sono vittime di uno sfruttamento inesorabile e di due complici: mafia del Ghana e razzismo all’italiana». Bisognava pur tirarlo fuori questo benedetto razzismo! Quindi andare con una negra sarebbe razzismo, mentre andare con una caucasica che sarebbe? Anti-razzismo? Più oltre, narrando le vicende, invero paradigmatiche, di una di queste sventurate, l’articolista riferisce che non appena costei giunse in Italia, attirata da ingannevoli miraggi fattile balenare da tenebrosi individui, svanirono di colpo tutte le promesse, e le fu brutalmente detto: «L’unico lavoro è battere»! A questo punto ci si domanda: forse che il Governo queste cose le ignora?

• E come potrebbe ignorarle esso che riceve le notizie provenienti da tutte le questure d’Italia? Al riguardo, ci sembra comunque molto significativo riportare un passo della Circolare del Ministero dell’Interno del 19 agosto 1985 n. 559/443/ 225388/2/4/6, che affrontava il problema quando era ben lontano dal raggiungere l’attuale gravità: «I falsi turisti, per buona parte provenienti da paesi del Terzo Mondo, in particolare dal Medio Oriente, dall’Africa, dal Sudamerica e da qualche Stato dell’Asia, una volta entrati, rimangono nel territorio della Repubblica quasi sempre omettendo di rendere la dichiarazione di soggiorno e vanno ad ingrossare le file dei lavoratori clandestini - molto spesso manovrati da spregiudicati specialisti del settore del lavoro nero - e vivono nell’illegalità, facile preda di malviventi, dediti a traffici di droga, alla prostituzione e alla criminalità organizzata, comune e politica. Basti porre in evidenza che i detenuti stranieri costituiscono oltre il 10% della popolazione carceraria in Italia (il dato è del 1990, nel 2019 la percentuale sale ben oltre il 30%, ndR.). La situazione sopra esposta si è andata addirittura aggravando da un paio d’anni a questa parte...». Che il Governo sia perfettamente al corrente della situazione risulta chiaro anche dalle autorevolissime dichiarazioni rilasciate dal capo della Polizia di Stato, prefetto Vincenzo Parisi, in un’intervista riportata su «Epoca» del 25 marzo 1990, sotto il titolo: «La polizia vede nero». Nel corso di essa, quell’altissimo funzionario, pur dichiarandosi favorevole alla legge Martelli (e, dato il posto, potrebbe essere altrimenti?), riconosce che, ad esempio, sono da riferire agli “extracomunitari” il 50% degli atti criminali commessi nella città di Firenze. Il che significa che in quella grande città, grazie alla nuova normativa, la delinquenza che, come meglio vedremo in seguito, già aveva raggiunto in tutta Italia livelli inauditi e terrificanti, è aumentata del 100%, dimostrando così l’enorme tasso delinquenziale che si registra tra gli immigrati. C’è da chiedersi che sarà domani, quando il loro numero sarà cresciuto e, col tempo, le radici di questa nuova delinquenza avranno avuto modo di meglio ambientarsi, ramificarsi ed estendersi. (L’Autore ci aveva visto benissimo, basti pensare a cosa sono diventate oggi le nostre città, ndR.).

• Droga e prostituzione, oltre ad essere il terreno ideale su cui attecchiscono tutti i delitti, rappresentano anche, come è a tutti noto, il brodo di coltura in cui proliferano e si propagano le peggiori malattie, e in particolare quel terribile AIDS che costituisce l’incubo dell’umanità alle soglie del 2000. Tanto più che, come è stato sottolineato alla IV Conferenza internazionale sull’AIDS in Africa, tenutasi a Marsiglia tra il 18 e il 20 ottobre 1989, proprio in Africa, da cui proviene la massima parte del flusso immigratorio, quel morbo ha raggiunto punte paurose che pongono inquietanti interrogativi sul futuro dell’umanità in quel continente (Cfr. «Nuova Solidarietà» del 11.11.1989). (A proposito di AIDS: avete notato che da qualche anno, ovvero da quando è stato deciso che ogni freno all’immigrazione incontrollata deve essere annientato, l’AIDS non esiste più? Non se ne parla più: i TG lo hanno dimenticato. Come, sempre gli smemorati della stampa di regime, non hanno mai parlato di COVID 19 e Africa. Lì il Corona Virus è come se non esistesse. Scappano dalla povertà e dalla sporcizia ma non hanno il Covid. Tutto questo è molto strano!, ndR.). Ma se l’AIDS è la più temuta e pericolosa, non è tuttavia l’unica malattia che viene incrementata dall’ondata degli “extracomunitari”. È lo stesso Francesco De Lorenzo, Ministro della Sanità del Governo, che ha voluto la legge Martelli, a riconoscere che, «secondo dati recenti forniti dall’Istituto Superiore di Sanità, si sono registrati aumenti di malattie infettive che sembravano debellate, come la TBC, e di malattie veneree». Secondo il Ministro, gli immigrati possono essere veicolo di diffusione di queste malattie («Famiglia Cristiana» n. 3 del 1990). Naturalmente, quel personaggio ne trae spunto non già per un ritorno alla legislazione precedente, bensì per promuovere l’accesso gratuito degli immigrati ai servizi sanitari, con condizioni addirittura di privilegio rispetto agli italiani. È naturale pensare alle conseguenze che ineluttabilmente scaturiranno da una simile scelta e da questo incremento della più grave morbilità.

• Per quanto riguarda questo altro gravissimo aspetto della questione, ci pare opportuno richiamare l’attenzione del lettore sullo stato di confusione delle idee che regna anche e principalmente nel campo cosiddetto “cattolico”, riportando le parole di un rappresentante della Caritas italiana, Pino Giulia, testualmente riferite nel citato servizio su «Famiglia Cristiana»: «Così come è stata espressa dai ministri, questa norma sembra rivolta soprattutto a tutelare la salute degli italiani dal possibile contagio e non quella degli immigrati. Mi sembra un vecchio pregiudizio...». A parte l’assurdità e la vacuità di questo processo alle intenzioni, non può non sorprendere chi non abbia smarrito tutti i parametri del buon senso e della vera morale questo presentare come se fosse una grave colpa e non, invece, il primo dei doveri del Ministero della Sanità Italiano una presunta (anche se, ahimè, inesistente) tutela della salute degli italiani. Nello stesso distorto ordine di idee, affrontando la questione in termini più generali, sulla rivista dei missionari comboniani «Nigrizia» dell’ottobre 1989, Mario Marazziti scrive: «La cosa peggiore che potrebbe accadere è che il dibattito su cosa fare per tutelare gli stranieri in Italia si trasformasse praticamente in cosa fare per tutelare gli italiani dagli stranieri».

• Quello che più sorprende quando si affronta il problema degli “extracomunitari” è la sconcertante superficialità, per non dire incoscienza, di chi considera con aria spensierata e ottimistica un afflusso immigratorio di milioni di persone; eppure da anni e anni i giornalisti riportano le notizie degli scontri e delle stragi che costellano la convivenza nell’Irlanda del Nord di due gruppi etnici, pur appartenenti alla stessa razza, in un clima, a volte, di vera e propria guerra civile. In tutto l’impero sovietico, non appena è stato allentato il freno della spietata tirannide bolscevica, che occultava ma non sopprimeva i conflitti, sono subito scoppiati ovunque torbidi di origine etnica con massacri e vere e proprie battaglie. Anche in Romania, nella regione della Transilvania, si è registrato un aspro scontro con morti e centinaia di feriti tra rumeni e ungheresi, scontro che era latente ai tempi di Ceaușescu e che questi si proponeva di risolvere con la deportazione in massa dei magiari. Tutto ciò accade nell’ambito di quell’Europa su cui, è ben vero, ha soffiato a lungo la bufera della riforma protestante e, sulla sua scia, quella del liberalismo e dei nazionalismi, ma che pure è stata anche più a lungo unificata dall’idea cristiana e da quella di impero cristiano. Pure in Spagna il movimento indipendentista basco ha creato e crea gravi problemi di convivenza; ed è sulle pagine di tutti i giornali l’orribile macello che si sta consumando, sotto lo sguardo sornione dell’ONU, proprio ai nostri confini, nel territorio della ex Repubblica Jugoslava. Ebbene, pare incredibile che tanti italiani si sentano superiori a questi problemi quando un’esigua minoranza di meno di 300.000 subtirolesi ha creato e crea da decenni al Paese gravi difficoltà interne e internazionali con uno stillicidio di attentati non di rado sanguinosi, mentre in tutto il territorio altoatesino la vita si svolge in un clima di tensione e di reciproche rivendicazioni. Ciò, si badi bene, tra genti della stessa razza, della stessa religione, per di più, avezze a secoli di convivenza, essendo stato il Trentino, per lungo tempo, soggetto all’Impero asburgico, e l’odierna provincia di Bolzano, il principale punto di incontro commerciale, culturale e linguistico tra popolazioni italiane, retiche e germaniche, come antichi e illustri monumenti documentano e attestano.

• È poi noto a qualunque studente di primo liceo - e la Storia è lì ad insegnarcelo! - che anche per il passato genti di religione diversa, e quindi di princìpi e costumi morali e giuridici del pari diversi, non hanno quasi mai convissuto pacificamente: l’aspetto più grave delle invasioni barbariche fu proprio la differenza di religione tra i barbari, idolatri o eretici ariani, e le popolazioni dell’impero, cattoliche. Solo per l’opera assidua dei missionari, promossa soprattutto dal Santo Papa Gregorio Magno - ricordate la famosa conversione della regina Teodolinda, cui seguì quella del marito, Agilulfo, che segnò l’inizio della pacificazione tra romani e longobardi? - si conquistarono i barbari alla luce del cristianesimo e fu possibile rifondare l’unità spirituale dell’Occidente che, uscito dai conflitti intestini, assunse nuovamente la funzione di guida della civiltà. Solo così, infatti, fu resa possibile l’incoronazione di Carlo Magno da parte del Papa Leone III, in quella notte di Natale dell’830, che segnò davvero, nel nome di Gesù, il natale dell’Occidente cristiano. Ma il problema che presenta l’immigrazione è particolarmente grave non solo per le differenze, enormi invero, di razza, di lingua, di costumi e di religione, ma anche per la particolare religione che professa la gran maggioranza di questi immigrati. Si tratta, infatti, in prevalenza, di islamici ed è, o almeno dovrebbe essere, a tutti noto quale sia la selvaggia violenza dell’Islam e il suo odio per il nome cristiano: una serie di torri e di altre fortificazioni, dal nord al sud dell’Italia, ricorda le scorrerie sanguinose dei predoni barbareschi che terrorizzarono per secoli e secoli le popolazioni costiere della nostra penisola, quando il grido “I turchi!”, rimasto ancor oggi proverbiale (chi non conosce l’interiezione romanesca “Mamma, li turchi”?), faceva balzare  dal letto col cuore in gola adulti e fanciulli e gli uomini validi che si precipitavano alle armi per respingere l’aggressore e vendere cara la vita evitando a sé, alla moglie e ai figli di venir tratti prigionieri e venduti all’asta sui mercati di schiavi in terra moresca. Non si leggono più sui libri di storia - tanto per citare qualche esempio -il massacro spaventoso dell’intera popolazione di Otranto e le vicende secolari di Venezia, dall’assedio di Negroponte, la cui popolazione fu sterminata e il cui comandante, Paolo Erizzo, fu tagliato in due, alla guerra di Cipro e all’espugnazione di Famagosta, il cui valoroso capitano, Marcantonio Bragadin, dopo due settimane di continue ed orrende sevizie, fu scorticato vivo per non aver voluto abiurare la sua fede in Cristo? Per non parlare della Spagna, dove il conflitto tra cattolici e musulmani si protrasse per circa 8 secoli, fino alla caduta del regno arabo di Granada nel 1492, con strascichi di sanguinosa guerra ancora nel tardo ‘500, sotto il regno di Filippo II.

• Ma, obietterà qualcuno, sono fatti ormai antichi: oggi, l’atteggiamento dell’Islam nei confronti dei cristiani è cambiato in meglio. Nient’affatto! Solo le grandi sconfitte della mezzaluna, dall’assedio di Vienna in poi, hanno costretto quelle genti a desistere dal loro programma di sottomettere l’intera Europa al giogo islamico, ma là dove ne hanno la forza (per esempio in Africa dopo l’estinzione, de facto, del missionariato cattolico, ndR.), la via da percorrere rimane sempre quella: aggressione, strage e asservimento! Forse che nel Libano non ci fu un vero e proprio genocidio nei confronti della popolazione cristiana cattolico-maronita? Nella primavera del 1975, parlando con il primo ministro libanese islamico, Yasser Arafat, che fu poi ricevuto con onore da Wojtyla, ebbe a dire tra l’altro: «Farò di Beirut la Stalingrado numero 2... che il sangue scorra fino alle ginocchia, a Beirut! Che il Libano divenga un fiume di sangue! Io Yasser Arafat, non ci vedo nessun inconveniente»! (Bernardo Cervellara, «Libano la pace futura» - ediz. EMI, Bologna, 1988, pag. 39. Si noti che il libro è opera di un missionario del PIME, Pontificio Istituto Missioni Estere, e reca la prefazione di Giulio Andreotti, l’allora presidente del Consiglio dei Ministri che ha voluto le legge Martelli!). E non solo a Beirut: a Damour, città cristiana, oltre 3.000 cristiani vennero trucidati, dopo tre giorni di assedio, nel gennaio 1976, tra il complice silenzio di tutta la stampa occidentale (id., pag. 41); a Baalbek, un tempo interamente cristiana, vi sono ora solo 300 fedeli; quella città è diventata la centrale degli hezbollah, i fanatici sciiti dello ayatollah Khomeini (id., pagg. 54-55). Nel villaggio di Haush Barada, i cristiani sono stati tutti massacrati (id., pag. 57): «Uomini e donne sgozzati come agnelli, interi gruppi fucilati, giovani scomparsi» (id., pag. 67). Questa è la storia della presenza e dell’azione islamica nel Libano, nella (perfida) era di Assisi e dell’ecumenismo! Dietro a tutto questo, è ben vero, c’è la spregiudicatezza sanguinaria di Israele e dell’ebraismo internazionale - tra i principali esponenti figura il ministro USA Henry Kissinger! - che soffiano sul fuoco per neutralizzare i possibili avversari, estinguere gli odiati cristiani ed estendere il territorio israeliano fino alle ambite acque del fiume Litani, attualmente sotto sovranità libanese (id. pag. 76, 78-81, 85), ma ciò non toglie che la religione islamica si presti straordinariamente a queste perfide manovre. (A proposito dell’ebraismo internazionale facciamo menzione ad alcuni approfondimenti già pubblicati su Sursum Corda: 1° Teologia Politica 132. Il «Movimento Sionista» parte prima; 2° Teologia Politica 133. Il «Movimento Sionista» parte seconda; 3° Papa San Pio X e la Chiesa contro il Sionismo. Così concludevo il sofferto studio: «Anno 2018: da oramai settant’anni la Palestina non conosce tregua e la pacifica comunità cristiana, un tempo dinamica e numerosa, è ridotta a poco più dell’1%. Prima del 1946 era circa il 10%», ndR.). Sono ancora negli occhi e nelle orecchie di molti le stragi di armeni cristiani in Azerbaigian e, sebbene non se ne parli quasi, anche in Sudan è in corso da ben 33 anni una guerra sanguinosa che contrappone gli islamici arabi del nord alla popolazione nera, cristiana e animista, del sud del paese; (se ne veda una breve ma eloquente sintesi su «Avvenire» del 27-2-1990). Etc, etc etc ...

• Anche il pericolo rappresentato dal credo religioso, che legherà fatalmente gli “extracomunitari” islamici, e cioè la maggioranza assoluta degli immigrati, in una coalizione ostile agli italiani, non è affatto ignoto ai più accesi fautori della politica delle porte aperte. Sul numero 3 di «Famiglia Cristiana» del 1990 leggiamo infatti: «Questo maggior attaccamento (dei maomettani alla loro religione) diventa talvolta aggressività e tendenza all’ egemonia... lo si vede anche quando i musulmani diventano la maggioranza all’interno di una comunità di accoglienza: per gli altri ospiti non ci sono più spazi. È il virus del fondamentalismo che contagia fasce sempre più consistenti del mondo islamico e sbarca con gli immigrati anche in Italia». E invero, nell’affrontare il problema dell’immigrazione ci si domanda come sia possibile non tener presente la potenzialità dirompente dell’Islam che, nella nostra epoca, ha abbracciato il tipo di guerra che meglio si confà ai suoi uomini, poco idonei ai conflitti in campo aperto tra eserciti organizzati: il terrorismo, le cui più potenti organizzazioni portano il suo sigillo. In queste condizioni, spalancare le porte all’invasione islamica equivale a dar via libera a prevedibili stragi. (Ricordiamo che l’Autore scrive nel 1990 ed ipotizza molto bene quello che sarebbe accaduto ndR.). Il nostro Governo, coi suoi servizi di informazione, può ignorare ciò che nelle sue linee generali è evidente a chiunque abbia seguito le vicende del terrorismo in questi anni? Ma se queste cose sono note ed evidenti, si domanderà sconcertato il lettore, perché la classe politica non alza solide barriere normative e poliziesche? Ha forse ragione Giorgio Bocca quando si chiede quali tenebrosi interessi ci siano dietro a questa permissività verso gli immigrati? È quanto tenteremo di svelare più avanti in questo nostro lavoro. Infine, poi, tratteremo l’aspetto più inquietante della questione: quello dell’atteggiamento della pretesa Gerarchia ecclesiastica di fronte al fenomeno. Ma proseguiamo con ordine.

• Dopo aver aperto, con la legge n. 39 del 1990, le cateratte dell’immigrazione incontrollata, lo stesso Martelli, che di quella legge è stato il padre ufficiale, con quell’assoluto disprezzo  per la perspicacia degli italiani, che costituisce una delle caratteristiche salienti della nostra classe politica, ha lanciato la grande campagna propagandistica della mobilitazione dell’esercito e della marina, quasi che fosse agevole pattugliare, per giunta con una marina come la nostra ridotta ai minimi termini, le migliaia di chilometri delle nostre coste. In realtà, è evidente che la vigilanza va bensì esercitata, peraltro senza mobilitazione alcuna, ai valichi e ai porti, ma, e specialmente in una situazione come l’attuale, anche e soprattutto all’interno, controllando chiunque si abbia motivo di ritenere che possa trovarsi in posizione irregolare, colpendo con sanzioni penali e rispedendo i clandestini ai paesi d’origine su navi a ciò destinate, dopo averli isolati e custoditi in appositi campi, così come si è sempre fatto con i profughi provenienti dai paesi dell’Est Europa. E a che serve, poi, se non a gettar fumo negli occhi, rinforzare i posti di frontiera e i pattugliamenti delle motovedette, quando, per effetto della nuova legislazione, si può legalmente entrare in Italia con qualsiasi pretesto e l’estromissione degli intrusi che vi si trattengono oltre i limiti del permesso di soggiorno è diventata un’impresa sovrumana?

• Chi sottolinea l’eccezionale gravità del problema dell’immigrazione si sente assai spesso rispondere che si tratta di una necessità imprescindibile per la nostra economia, perché ci sono molti lavori tra i più umili, che gli italiani non vogliono più svolgere e per cui è indispensabile l’apporto di mano d’opera straniera. Che in qualche caso ciò sia esatto, non lo si nega, ma si tratta di situazioni marginali se è vero, come è vero, che le statistiche denunciano che il tasso di disoccupazione in Italia è il più alto fra i paesi industrializzati (cfr. «Avvenire», 8-5-1990 sotto il titolo «E l’Italia conquista il primato della miseria») e che la stampa ci informa che sarebbe ripresa l’emigrazione dal nostro Meridione (cfr. «Avvenire» del 6-5-1990 sotto il titolo «Sud senza lavoro, riprende l’emigrazione»). D ’altro canto se, invece di bere a garganella le panzane della propaganda di regime, ci si limitasse a credere ai propri occhi, ci si accorgerebbe che torme innumerevoli di africani (i cosiddetti “Vu’ cumprà”) passano il loro tempo stendendo tappeti e vendendo accendini, musicassette (contraffatte), borsette di cattiva qualità e paccottiglia varia. Ci si domanda: davvero l’Italia aveva un così urgente bisogno di gente dedita a questo genere di lavoro? Davvero senza questi venditori di cianfrusaglie la nostra economia andrebbe in rovina? Ben sapendo che questa è l’attività lavorativa più diffusa tra gli “extracomunitari”, (non parliamo qui di quelle turpi o illecite: dalla prostituzione alla droga!), il Governo, all’art. 10 della legge Martelli, ha previsto la concessione di licenze di commercio agli immigrati, a condizioni agevolate rispetto a quelle richieste per gli italiani, che si vedono così passare avanti i nuovi arrivati. Chi conosce e ama il nostro dissanguato e derelitto Meridione - alla mercé della malavita organizzata e con servizi pubblici da “terzo mondo”, abbandonato da uno Stato presente e attivo solo quando si tratta di estorcere imposte e tangenti e di mendicare voti! - e ha davanti agli occhi le miserie di Napoli, dove c’è ancora chi campa stentatamente la vita facendo il lustrascarpe, o vendendo qualche pacchetto di sigarette di contrabbando, e dove, comunque, il piccolo commercio ambulante costituisce una risorsa di vita di primaria importanza, mentre intere famiglie si stipano in “bassi”, bui e malsani, non può non provare un senso di ribellione di fronte a questi discorsi di necessità di mano d’opera straniera. Ciò che soprattutto indigna sono le massicce e ingiustificate agevolazioni per l’ammissione degli immigrati all’ambulantato (quanti extracomunitari contendono, per le vie di Napoli, l’esiguo pane ai locali!), e gli incredibili progetti di affidare a costoro addirittura migliaia di posti pubblici. Basti pensare al clamoroso programma governativo di assumere oltre 30.000 extracomunitari come personale infermieristico. Tale programma è rientrato, in seguito alle reazioni, ma, come tutti sanno, col nostro regime non si può mai stare sicuri! Comunque, il tentativo è segno inequivocabile di una precisa volontà politica, diretta ad agevolare in ogni modo una stabile e cospicua immissione di “extracomunitari”, persino nel delicato settore pubblico, a prescindere dalle evidenti difficoltà linguistiche.

• Aggiunge l’Autore nella nota 1 a pag. 33: Da quando scrivevamo queste parole, fatti nuovi sono intervenuti: il timore che esprimevamo due anni fa, dicendo che col nostro regime non si può stare mai sicuri, ha trovato puntuale conferma. Il Ministro De Lorenzo ha dato il via all’assunzione di migliaia di “infermieri” extracomunitari, lanciando verso gli oppositori l’invettiva di prammatica, al coperto della quale le più assurde iniziative diventano lecite e persino nobili: «E se a qualcuno non va bene, è un razzista!» (cfr. «Corriere della sera» del 15-5-1991). Altamente infischiandocene di questi trucchi e anatemi di regime, dove lo slogan e la parola esorcizzatrice tengono il posto della ragione, osserviamo, senza mezzi termini, che l’ospedale è un’istituzione peculiare dei popoli cristiani, presso cui è cominciata a sorgere subito dopo l’editto di Costantino e che l’hanno esportata in tutto il mondo. Ci sia consentito dire che non siamo affatto tranquilli nell’affidare le vite nostre e dei nostri cari in mano a stranieri provenienti da terre ove la vita non è stimata, ove spesso la stregoneria tiene il posto della medicina e, comunque, ove il nome cristiano è odiato e la pratica della carità sconosciuta. Senza contare che dubitiamo fortemente del valore dei diplomi del Burundi o del Botswana e anche di quelli dell’Algeria o del Marocco. Ci domandiamo, in ogni caso, come sia possibile verificare la genuinità di quei diplomi, scritti per giunta in lingue straniere ignote a tutti i nostri funzionari, una volta che - come si è visto - la legge Martelli rende impossibile l’accertamento delle identità degli immigrati. Aggiungiamo che, come molti, forse, ricorderanno, le assunzioni di infermieri presso gli ospedali italiani furono bloccate per anni. È forse temerario avanzare il sospetto che con quel blocco e col cattivo trattamento economico riservato al personale ospedaliero si stesse preparando, alla lontana, l’attuale manovra? (correva l’anno 1991, ndR.). Va in ogni caso rilevato che la motivazione addotta per giustificare quelle assunzioni in massa, e cioè l’affermazione che in Italia non sarebbe reperibile sufficiente personale sanitario altamente specializzato, onde occorre cercarlo nel campo dell’immigrazione extracomunitaria, appare talmente amena che il fatto che si sia trovato il coraggio di proporla appare sbalorditivo!

• Del resto, chi non capisce che il lavoro “nero ”, sottopagato e irregolare, prestato da taluni immigrati, se, da un lato, fa di costoro degli sfruttati, dall’altro sottrae il posto alle giovani leve italiane, afflitte dallo spettro della disoccupazione? Si registrano, poi, massicci interventi assistenziali, anche a prezzo delle Regioni, con somministrazione di sussidi per il raggiungimento del cosiddetto “minimo vitale”, con interventi nel campo dell’edilizia abitativa ecc. Ci si domanda soltanto se ciò sia giusto in un paese in cui i giovani non possono sposarsi perché non trovano casa e in cui, secondo i dati ISTAT (v. «Famiglia Cristiana» n. 3 del 1990), ben oltre sei milioni di persone percepiscono la pensione minima o sociale, e il 70% di costoro dichiara di non avere altri mezzi di sostentamento, mentre anche le pensioni artigianali, agricole e commerciali sono a livelli di fame! Non deve forse un padre provvedere prima di tutto ai propri figli? È lecita una beneficenza, fatta a “terzi”, quando i propri familiari versano in condizioni di grave o addirittura gravissimo bisogno? O non è forse sottrarre a questi ultimi quanto loro (ordinariamente) spetta di diritto? E poi, quel denaro che elargiscono con tanta munificenza, i nostri signori uomini politici da chi mai lo hanno spremuto e lo spremono, giorno per giorno, con mille esosi ed odiosi balzelli? Non forse da quegli stessi artigiani, contadini, impiegati e casalinghe cui negano una pensione appena decorosa ma cui, a parte l’onere gravosissimo delle imposte dirette, hanno tassato, e giorno per giorno ferocemente tassano la benzina, il caffè, i fiammiferi, il riscaldamento, ogni boccone di cibo, fin l’acqua che bevono dal rubinetto e gli stessi risparmi accantonati per la vecchiaia? Forse non sarebbe male se i signori politici, che si esentano dalle imposte sul reddito, considerassero che la vera beneficenza è quella che si fa col denaro proprio e non con quello degli altri!

• È, infine, il caso di osservare che l’assistenzialismo nei confronti degli immigrati non sembra affatto una scelta indovinata. Se, infatti, è vero che esso evita a coloro che ne beneficiano la necessità di procurarsi di che vivere col delitto, è del pari vero che l’ozio è il padre di tutti i vizi. Chi non vede, quotidianamente, ciondolare nella propria città schiere di giovani nordafricani? Ozio e vagabondaggio non hanno mai favorito l’onestà ed i buoni costumi, specie tra i giovani e i giovanissimi, pieni di vita e ardenti di fantasie, di desideri e di impulsi. Come potranno questi giovani, sbalestrati lontano dalle loro famiglie, resistere alle innumerevoli lusinghe che li assediano da ogni parte, in una società smaccatamente edonistica? “Droghini”, prostitute e “magnaccia”, mendicanti, perdigiorno senza arte né parte, nella migliore delle ipotesi “Vu’ cumprà”, ecco qual è, in realtà il prevalente panorama di quei “lavori umili” che, nella turpe menzogna di Stato, gli italiani non se la sentirebbero più di svolgere e per cui si sono aperte le cateratte dell’invasione extracomunitaria.

• (Cosa pensa e cosa direbbe l’Autore di questo volume oggi, nel 2021, a fronte di quelle pericolose intoccabili ONG (non tutte, per grazia di Dio), dei porti aperti, dei processi alle intenzioni, della censura di Stato, dei ricatti della finanza più spietata che si cela dietro lo pseudonimo di “Europa”, dei centri di millantata accoglienza, dei milioni di extracomunitari che spadroneggiano finanche nei paesini di provincia, dei miliardi di euro estorti dalle nostre tasche ed usati per mantenere falsi imprenditori dell’accoglienza, strutture alberghiere fallite per palese incapacità, avventurieri e spacciatori, meretrici e violenti ubriaconi, veri e propri nuclei di malavita organizzata. Tutto questo a detrimento di chi? Degli indigeni e degli stessi negri onesti. L’Autore farebbe bene ad esclamare: Io vi avevo avvisato trent’anni fa!, ndr.). Prosegue ...