Comunicato numero 189. Gesù definisce il significato di «amore»

Stimati Associati e gentili Sostenitori, vogliate gradire il nostro augurio di santo Natale 2019. Nell’odierno studio dei Vangeli l’Abate Ricciotti ci descrive gli ultimi colloqui di Gesù con gli Apostoli.

• § 550. Il solo san Giovanni riferisce questi colloqui, conforme alle sue predilezioni e quasi in compenso di non aver riferito l’istituzione dell’Eucaristia. Né letterariamente né concettualmente questi discorsi potranno mai esser classificati o riassunti. Essi sono un’eruzione impetuosa di sentimenti che non è contenuta né diretta da alcuna norma, ma solo viene giù come scaturisce da un vulcano di amore; e la lava incandescente s’avanza ora pianamente e ora a sbalzi, con progressi e con retroversioni, inonda monticelli e burroni, e travolgendo tutto trasforma ogni zona sommersa in un lago infiammato. L’amore per il Padre celeste: l’amore per i discepoli terrestri. Il Padre, a cui fra ore Gesù ritorna: i discepoli, da cui fra ore egli si allontana. Ma sebbene tanto sublimi, questi colloqui non astraggono dalla realtà umana e terrena, bensì in alcuni punti la seguono minutamente con l’intenzione appunto di farla diventare una realtà transumana e ultraterrena. La piena effusione d’amore era trattenuta ancora da un impedimento, la presenza di Giuda; ma quando costui uscì, Gesù disse: «Adesso fu glorificato il figlio dell’uomo, e Iddio fu glorificato in lui; se Iddio fu glorificato in lui, pure Iddio lo glorificherà in lui (stesso) e subito lo glorificherà. Figliolini, ancora un poco sono con voi. Mi cercherete, e come dissi ai Giudei “dove io vado voi non potete venire’” (§ 419), (così) pure a voi dico adesso. Un comandamento nuovo vi do che vi amiate gli uni gli altri; come (io) vi amai, (comando) che pure voi vi amiate gli uni gli altri. In ciò conosceranno tutti che siete miei discepoli, qualora abbiate amore gli uni agli altri». Con ciò Gesù ha consegnato la tessera di riconoscimento ai propri discepoli. Nell’antichità, sia giudaica sia greco-romana, le varie associazioni o religiose o culturali o d’altro genere avevano spesso una nota distintiva che contrassegnava la loro operosità e serviva quasi da tessera di riconoscimento ai propri membri: talvolta, anche, essi si servivano di un motto, di un aforisma, che rispecchiava in qualche modo quella nota distintiva. Qui, per Gesù, la nota distintiva che servirà da tessera di riconoscimento per i suoi seguaci dovrà essere, non la scienza della «tradizione» come per i Farisei, né la scienza dei numeri come per i Pitagorici, né altre scienze o altre pratiche come per altre associazioni, bensì la scienza e la pratica dell’amore. Perciò egli ha chiamato questo suo precetto un «comandamento nuovo», perché in realtà nessun fondatore di precedenti associazioni aveva pensato di assegnarlo e distribuirlo ai propri seguaci come tessera di riconoscimento. Se alla civiltà d’allora Roma aveva contribuito creando la Forza e il Diritto; se, anche prima, la Grecia aveva elargito all’umanità la Bellezza e la Sapienza; se, proprio in quell’epoca, le varie religioni orientali diffondevano nel mondo greco-romano correnti mistiche d’indole varia: nessuno ancora aveva importato come forza sociale l’amore, perché l’«amore», nel più ampio senso - ossia la carità - ancora non era stato “inventato”. E la novità di questo elemento allora importato fece grande impressione sui contemporanei. È noto il passo di Tertulliano che, descrivendo questa impressione, riferisce le esclamazioni dei pagani riguardo ai cristiani: «Guarda come si amano fra loro!» (Essi - pagani - infatti si odiano fra loro). «E come sono pronti a morir l’uno per l’altro!» (Essi - pagani -infatti sono anche più pronti ad ammazzarsi l’un altro). D’ora innanzi la futura società umana dovrà fare i conti con questa novità inventata e importata da Gesù, e il vero progresso umano sarà misurato in ragione di quanto la legge dell’«amore-carità» sarà realmente obbedita.

• § 551. Dopo un dialogo con Pietro e con Tommaso, Gesù continuò: «In verità, in verità vi dico, chi ha fede in me le opere che io faccio anch’egli farà, e maggiori di queste farà perché io vado al Padre; e ciò che chiediate in nome mio lo farò, affinché sia glorificato il Padre nel Figlio: se mi chiederete alcunché in mio nome io (lo) farò. Se mi amate, custodite i miei comandamenti [Ecco cosa significa amare: osservare i comandamenti, ndr.]. E io pregherò il Padre ed (egli) vi darà un altro difensore affinché sia insieme con voi in eterno, (cioè) lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede né conosce; voi (invece) lo conoscete, perché presso voi rimane ed in voi sarà. Non vi lascerò orfani: verrò a voi. Ancora un poco e il mondo non mi vede più; voi invece mi vedete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi conoscerete che io (sono) nel Padre mio, e voi in me, e io in voi. Chi ha i miei comandamenti e li custodisce, questi è colui che mi ama; colui poi che mi ama sarà amato dal Padre mio, ed io l’amerò e manifesterò me stesso a lui». All’udire tutto ciò i poveri Apostoli non potevano non sentirsi quasi del tutto smarriti, e dovevano brancolare fra quei concetti come in mezzo ad una nebbia luminosa. Una nuova domanda, fatta questa volta da Giuda (Taddeo), svia alquanto il discorso; poi Gesù riprende: «Pace lascio a voi, la pace mia do a voi: non come il mondo (la) dà, io (la) do a voi. Non si turbi il vostro cuore nè si sgomenti. Udiste che io vi dissi “vado, e (poi) vengo a voi”; se mi amaste, godreste che io vado al Padre, perché il Padre è maggiore di me. E adesso ve (l’)ho detto prima che avvenga, affinché quando sia avvenuto crediate. Non parlerò più con voi di molte cose, perché il principe del mondo sta per venire; e in me non ha nulla, bensì (ciò accade) affinché il mondo conosca che io amo il Padre e come il Padre mi comandò cosi faccio. Sorgete: partiamo di qua». È molto probabile che questo invito a partire dal cenacolo non fosse immediatamente eseguito, giacché la vera uscita dalla città è segnalata molto più tardi, a colloqui finiti (Giov., 18, 1); fu dunque quasi un generico ricordo che bisognava abbandonare quel luogo di calda intimità, quell’ultimo convegno di Gesù con i suoi diletti prima della morte. Ma, come suole avvenire in occasione di distacchi supremi, quel primo appello a partire fu seguito da un altro indugio amoroso in cui Gesù seguitò a parlare, provocato forse da questo o quello dei presenti: frattanto il prediletto dei discepoli attentissimamente raccoglieva le sue parole e se le imprimeva nella vigile memoria, per ripeterle più tardi come Evangelista spirituale (§§ 167 segg., 290).

• § 552. Immediatamente infatti dopo l’appello alla partenza, Gesù continua: «Io sono la vite vera, e il Padre mio è il viticultore... Io sono la vite, voi i tralci; chi rimane in me e io in lui, costui porta molto frutto, perché senza me non potete far niente. Se alcuno non rimanga in me sarà gettato fuori come il frascame e si disseccherà, e lo raccoglieranno in fasci e getteranno nel fuoco e brucerà; qualora (invece) rimaniate in me le mie parole rimangano in voi, domandate ciò che vogliate e sarà (dato) a voi. In ciò fu glorificato il Padre mio, che portiate molto frutto e siate miei discepoli. Come amò me il Padre, anch’io amai voi: rimanete nel mio amore. Qualora custodiate i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho custodito i comandamenti del Padre mio e rimango nell’amore di lui. Di queste cose ho parlato con voi affinché il mio gaudio sia in voi e il gaudio vostro sia compiuto. Questo è il comandamento mio, che vi amiate gli uni gli altri come (io) vi amai: maggiore di questo nessuno ha un amore, che taluno la sua vita (ri)metta in pro dei suoi amici. Voi siete amici miei, qualora facciate ciò che io vi comando. Non vi dico più “servi”, perché il servo non sa che cosa fa il suo signore: vi ho detti invece “amici”, perché tutte le cose che udii dal Padre mio resi note a voi... Queste cose vi comando, che vi amiate gli uni gli altri. Se il mondo vi odia, conoscete che ha odiato me prima di voi. Se foste dal mondo, il mondo amerebbe la (sua) proprietà; perché invece non siete dal mondo bensì io vi trassi fuori dal mondo, per questo il mondo vi odia... Di queste cose ho parlato a voi affinché non vi scandatizziate. Vi renderanno privi di sinagoga (§ 430), anzi verrà un’ora in cui chiunque vi uccida creda di offrire culto a Iddio; e faranno tali cose perché non conobbero il Padre né me. Tuttavia vi ho parlato di queste cose, affinché quando venga la loro ora vi rammentiate di esse, che io ve (le) dissi; non vi dissi invece queste cose da principio, perché ero con voi. Ma adesso me ne vado a Colui che m’inviò...». Dopo altre interrogazioni degli Apostoli, Gesù chiude il colloquio dicendo: «Di queste cose vi ho parlato, affinché in me abbiate pace: nel mondo avete tribolazione. Tuttavia fatevi coraggio: io ho vinto il mondo». [Nota 1 alla pagina 676: Dove Gesù dice: «... se mi amaste, godreste che io vado al Padre, perché il Padre è maggiore di me ...», questa proposizione era il testo classico con cui gli antichi Ariani volevano dimostrare che il Figlio non era consustanziale al Padre. Ma è chiaro che qui Gesù si mette allo stesso livello umano degli uomini Apostoli, bisognosi di conforto, e quindi che parla ad essi da uomo e in quanto uomo. È l’antica spiegazione dei Padri].

• § 553. Dopo questi colloqui con gli Apostoli, l’Evangelista spirituale (san Giovanni, ndr.) soggiunse immediatamente quel colloquio di Gesù col Padre celeste ch’è designato comunemente dagli studiosi come la «preghiera sacerdotale» (Giov., 17, 1-26). In essa Gesù prega dapprima il Padre per se stesso, per esser da lui glorificato (17, 1-5); quindi per gli Apostoli, perché siano protetti nella loro futura missione (17, 6-19); infine per tutti coloro che crederanno in lui (17, 20-26). È la più lunga preghiera di Gesù riportata nei Vangeli; e con fine accortezza provvide san Giovanni a far sì che questo inestimabile tesoro, tralasciato dai Sinottici, non andasse perduto perché egli lo considerò giustamente come riepilogo di tutta l’operosità di Gesù, quasi ultimo fiore di fuoco sbocciato sul sommo vertice della sua vita. Più in su di quel fiore luminoso non c’è che il cielo del Padre: Tali cose parlò Gesù; ed elevati i suoi occhi al cielo, disse: «Padre, è venuta l’ora. Glorifica il figlio tuo affinché il figlio glorifichi te, conforme gli desti potestà su ogni carne, affinché a tutti coloro che gli hai dati (egli) dia vita eterna. Ora, questa è la vita eterna, che conoscano te, il solo vero Dio, e colui che inviasti, Gesù Cristo. Io ti glorificai sulla terra, avendo compiuto l’opera che mi hai data da fare; e adesso tu, Padre, glorifica me presso te stesso con la gloria che avevo, prima che il mondo fosse, presso di te. Manifestai il tuo nome agli uomini che mi desti dal mondo. Tuoi erano e a me li desti, e la tua parola hanno custodita. Adesso sanno che tutte quante le cose che mi hai date sono da te: poiché le parole che desti a me (io) ho date a loro, ed essi (le) ricevettero e conobbero veramente che da te uscii e credettero che tu m’inviasti. Io per essi prego: non per il mondo prego, ma per quelli che mi hai dati perché sono tuoi; e tutte le cose mie sono tue, e le tue (sono) mie e sono stato glorificato in esse. E (io) non sono più nel mondo - mentre essi sono nel mondo - e io vengo a te. Padre santo, custodiscili nel nome tuo che mi hai dato, affinché siano una sola cosa come noi. Quando ero con loro, io li custodivo nel nome tuo che mi hai dato, e feci guardia, e nessuno di essi perì se non il figlio della perdizione affinché s’adempisse la Scrittura. Ma adesso vengo a te, e queste cose parlo nel mondo affinché abbiano il gaudio mio compiuto in se stessi. Io ho dato a loro la tua parola, e il mondo li odiò perché (essi) non sono dal mondo come io non sono dal mondo. Non prego che (tu) li tolga dal mondo, bensì che li custodisca dal male: dal mondo non sono (essi), come io non sono dal mondo. Santificali nella verità: la tua parola è verità. Come (tu) inviasti me nel mondo, anch’io inviai essi nel mondo; e per essi io santifico me stesso, affinché siano anch’essi santificati ne(lla) verità. Non prego però per questi soltanto, ma anche per quelli che credono in me mediante la loro parola, affinché tutti siano una sola cosa come tu Padre (sei) in me e io in te, affinché anche essi siano in noi, affinché il mondo creda che tu m’inviasti. Io pure la gloria che mi hai data ho data ad essi, affinché siano una sola cosa come noi (siamo) una sola cosa. Io in essi e tu in me, affinché siano consumati in uno, affinché conosca il mondo che tu inviasti me e amasti essi come amasti me. Padre, quei che mi hai dati voglio che dove sono io anch’essi siano come me, affinché vedano la gloria mia che mi hai data, perché mi amasti prima della creazione del mondo. Padre giusto, ancorché il mondo non ti conobbe, io invece ti conobbi, e costoro conobbero che tu m’inviasti; e resi noto ad essi il tuo nome e (lo) renderò noto, affinché l’amore col quale mi amasti sia in essi ed io in essi»..

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Da Vita di Gesù Cristo, imprimatur 1940, Giuseppe Ricciotti (preghiamo l'Eterno riposo ...), 7a Edizione, 32° - 36° migliaio, Encomio solenne della Reale Accademia d’Italia, Rizzoli & C. Editori, Milano - Roma, 1941.