Comunicato numero 193. Che cos’è la conversione?Stimati Associati e gentili Sostenitori, è possibile richiedere l’iscrizione all’Associazione per l’anno 2020 usando il link: https://bit.ly/367OkBn. Per rinnovare l’iscrizione è, invece, necessario utilizzare il link:  https://bit.ly/2R6TQQq. Ringraziamo sin da subito i generosi benefattori. Oggi è 25 gennaio, Conversione di San Paolo Apostolo avvenuta nel secondo anno dopo l’Ascensione del Signore.

La conversione - insegna Cornelio Alapide (N.B. userò i suoi preziosi «Tesori» per redigere tutto l’editoriale) - è opera della grazia e bontà di Dio. «Il Signore mi ha liberato da ogni opera cattiva, diceva San Paolo, mi salverà e mi condurrà nel suo celeste regno: gloria sia a Lui in tutti i secoli dei secoli». Adamo, Davide, Maddalena, Paolo, Agostino, ecc.., e tutti i peccatori che si sono convertiti e si convertono, lo fanno solo per grazia e misericordia di Dio... «Dio, scrive San Paolo, per sua volontà opera in noi il volere ed il fare». Uno può ben perdersi senza Dio; ma non si ritorna alla vita, non si viene a conversione senza l’aiuto di Dio. «Il Signore ha inviato dal cielo la sua grazia e mi ha liberato, coprendo di obbrobrio i miei calpestatori», dice il Salmista. Ed ancora: «Non a noi, o Signore, è da attribuire la nostra conversione, ma a voi solo se ne deve la gloria». E per mezzo di Ezechiele Dio medesimo dice: «Io toglierò loro il cuore di pietra e ne sostituirò uno di carne, affinché camminino per la strada dei miei precetti, osservino le mie sentenze, siano mio popolo, ed io sia loro Dio».

Osservate, dice Sant’Agostino, le bestie selvagge ed anche gli animali domestici, sui quali l’uomo signoreggia: «Né il cavallo, né il leone si domano da se stessi; così è dell’uomo. Per domare il leone ed il cavallo ci vuole l’uomo, per domare l’uomo ci vuole Dio; e l’uomo non si doma già con la natura, ma con la grazia». Dio desidera grandemente la conversione del peccatore: «Io voglio la misericordia e non il sacrifizio, disse Gesù Cristo; perché non sono venuto quaggiù a chiamare i giusti,. ma i peccatori». «Ecco che sto all’uscio e busso, dice Iddio nell’Apocalisse; chi dà orecchio alla mia voce e mi apre il cuore, mi avrà in sua casa, alla sua tavola, ed egli si assiderà alla mia».

Leggiamo nell’Ecclesiastico che il Signore è paziente coi peccatori e spande su loro la sua misericordia; Egli vede la presunzione e la malizia del loro cuore, conosce lo sregolamento e la corruzione del loro spirito; perciò versa su di loro tutta la sua misericordia. La misericordia di Dio si estende ad ogni persona; prova compassione di chiunque riceve l’insegnamento della sua misericordia ed è pronto a riconoscere le sue sentenze. «Dio, scrive Sant’Agostino, comincia ad operare per il primo in noi, facendo sì che vogliamo; e coopera con noi, allorché vogliamo, compiendo». Scrive San Gregorio: «Quel Dio che ributta il peccatore, accoglie il penitente, chiama a sé i suoi nemici, concede il perdono ai convertiti, anima gli indolenti, consola gli afflitti, istruisce gli avidi, soccorre ai combattenti, rafforza i travagliati, esaudisce i supplicanti». «Noi eravamo un tempo, dice San Paolo, insensati, increduli, ingannati»; per la conversione, siamo divenuti saggi, credenti, illuminati. Il peccatore che amando la terra era terra, volgendosi al cielo per la conversione, diventa paradiso, scrive San Girolamo.

Nel cuore del peccatore convertito può dirsi che Dio ha spuntato la spada, ha spezzato la corazza, ha rotto l’arco di Satana: afferma il Salmista. Saulo sbuffa minacce e anela strage; Gesù Cristo gli dice: «Perché mi perseguiti, o Saulo?»; ed egli rapidamente: «Che volete, o Signore, ch’io faccia?». « Già è pronto ad obbedire, osserva Sant’Agostino, quegli che fremeva di rabbia e ardeva della voglia di perseguitare; già il manigoldo si converte in difensore; il lupo diventa agnello: l’avversario si fa intrepido avvocato». A imitazione di Satana, Saulo altro non cercava che la morte e l’uccisione dei fedeli; cambiato in Paolo, diventa un modello di tutte le virtù e niente più gli sta a cuore che la gloria di Dio e la salute delle anime: «Cristo è la mia vita ed il morire è per me un guadagno». Dice ancora San Paolo: «Io vivo, non più io, ma è Gesù Cristo che vive in me».

«L’Agnello morto per le sue pecore, dice Sant’Agostino, cambia in agnello Paolo ch’era un lupo. E chi si adoperava a tutto potere per cancellare il nome di Gesù, deve ora soffrire per mantenere l’onore di questo nome; o misericordioso castigo!». Paolo è atterrato e convertito; recupera ben presto la vista ed è pieno di forza; predica Gesù Cristo... «Non si vergogna del suo cambiamento, nota il Crisostomo, non esita a rinunziare a ciò che prima formava la sua gloria».

La conversione dei popoli pagani, si guardi sotto qualunque aspetto, è uno dei più stupendi miracoli. Il Venerabile Beda, spiegando il settimo capo del Vangelo di San Luca, ove si racconta come Gesù cacciò un demonio dal corpo d’un muto, così scrive: «Tre miracoli avvennero in quest’uomo: era cieco e vide; muto e parlò; ossesso e fu liberato. Questi tre miracoli avvengono ogni giorno nella conversione dei peccatori: il demonio è scacciato, essi ricevono la luce della fede e la loro bocca, già muta, si apre per lodare Iddio». Più insigne miracolo è, dice San Gregorio, convertire un peccatore con l’insegnamento e con la preghiera, che risuscitare un morto: poiché il morto non pone ostacoli alla sua risurrezione, mentre il peccatore indurito oppone agli sforzi dell’apostolo la sua volontà perversa. «La conversione dell’empio, dice Sant’Agostino, è opera più grande, più difficile, più divina che la creazione medesima dell’universo».

Chi non ammirerà, dice Cassiano, l’opera miracolosa di Dio nella conversione dei peccatori e non esclamerà: «Io seppi che Dio è grande allorché lo  vidi fare di un avaro un prodigo, di un voluttuoso un casto, di un orgoglioso un umile, di un essere debole e fragile un uomo mortificato e un soldato imperterrito, di un amico degli agi e dell’opulenza, un penitente che digiuna e si priva di tutto per alleviare il povero. Ecco le opere, certamente, più ammirabili di Dio; ecco i più grandi prodigi ch’Egli abbia fatto su la terra». «Chi di voi, diceva Gesù Cristo, avendo cento pecore, se ne perde una, non lascia le novantanove e si mette in cerca della smarrita finché l’abbia raggiunta? E trovatala se la leva in collo e la porta tutto giulivo al chiuso, e quivi raccolti gli amici e i vicini, dice: “Rallegratevi con me perché ho trovato la pecorella che si era perduta. Ora, io vi do la mia parola che si farà maggior festa in cielo per un solo peccatore che viene a conversione, che non per novantanove giusti, i quali di penitenza non bisognano”».

Questo avviene allorquando un peccatore si converte: Dio si rallegra, gli angeli fanno festa, il cielo esulta, la Chiesa, tenera madre, versa lacrime di consolazione; a somiglianza del padre del figliuol prodigo, essa accoglie questo figlio traviato, l’abbraccia, se lo stringe al petto, lo sveste dei cenci, gli indossa splendide vesti, imbandisce un lauto convito, e grida: «Il figliuol mio era morto ed è risuscitato; io l’avevo perduto e l’ho ritrovato». Peccando e danneggiando se stesso e la società, l’uomo contrista la Chiesa; convertendosi, colma di consolazione il cuore di questa tenera madre, come il ritorno del figliuol prodigo allietò il cuore del padre. Il peccatore riconciliato con Dio può ripetere con San Paolo: «Né occhio vide, né orecchio udì, né mente d’uomo ha immaginato quello che Dio riserva a coloro che l’amano». Il mondo corrotto, i peccatori induriti non ne capiscono un solo iota di queste ineffabili consolazioni. «Essi, da quegli animali che sono, non assaporano, dice San Paolo, fuorché le animalesche, essendo chiusi a quelle di Dio».

Il padre celeste, dice Gesù Cristo, nasconde queste meraviglie ai peccatori superbi che non vogliono convertirsi, ma le manifesta ai peccatori che si umiliano e domandano grazia. Un peccatore che ricusa di convertirsi è, al dire dell’Apostolo Paolo, senza Dio, senza Gesù Cristo; colui, al contrario, che desidera ed ama la propria conversione, è in Gesù Cristo; stava lontano da Dio e gli si avvicina per il sangue del Salvatore. Dei primi fedeli si dice negli Atti Apostolici, che «una grande grazia era in tutti loro». Non abbiamo noi forse le medesime grazie per convertirci? Le grazie non ci mancano, siamo noi che manchiamo alla grazia. Noi abbiamo la Dottrina, la Parola di Dio, la sua Legge, le sue inspirazioni, i Sacramenti, i rimorsi, ecc. Non restiamo né ciechi, né sordi, né muti, e convertiamoci ... Imitiamo i Tessalonicesi i quali avevano così bene approfittato delle grazie recate loro da San Paolo, che questi potè loro scrivere: «Sapete voi medesimi come il nostro arrivo in mezzo a voi non è stato vuoto di frutto».

«La grazia di Dio Salvatore nostro, scriveva il grande Apostolo a Tito, si è rivelata a tutti gli uomini, per insegnarci a rinunziare all’empietà ed alle voglie del secolo e a vivere nel mondo con temperanza, pietà e giustizia». Non bisogna procrastinare la conversione: «Se oggi vi si fa sentire la voce del Signore, non indurite i vostri cuori», scrive il Salmista. Così fece il prodigo il quale non appena ebbe detto: «Io m’alzerò e me n’andrò al padre», sull’istante si mosse e si pose in viaggio. «Noi sappiamo, scriveva San Paolo ai Romani, che il tempo incalza e che è giunta l’ora di destarci dal sonno». Bisogna imitare Davide, il quale così diceva: «Io l’ho detto: ed ora comincio la mia conversione, io ritorno al mio Dio senza indugio; questo cambiamento è, in verità, l’opera della mano di Dio». Commenta ancora Cornelio Alapide: «Peccatori, voi fuggite Dio che vi chiama, che vuole il ritorno a Lui; ebbene voi non fuggirete a Dio vendicatore che vi giudicherà e condannerà». «Peccatori, dice l’Ecclesiastico, vi prenda compassione dell’anima vostra, rendendovi accetti a Dio per mezzo d’una pronta e sincera conversione».

Chi vuol fare l’elemosina, dice Sant’Agostino, cominci da se medesimo. Dio, nella sua bontà infinita, non solo ci consiglia, ma ci scongiura di uscire dal triste stato del peccato mortale. Dice Isaia: «Cercate il Signore mentre si può trovare; invocatelo finché l’avete vicino». Ed ancora: «Lasci l’empio la sua strada e l’iniquo i perversi suoi disegni; ritornino al Signore ed egli ne avrà compassione; ritornino al loro Dio che è ricco in misericordia». Il durare nel peccato è cosa deplorevole. Per convertirsi bisogna rinunziare al peccato e distaccarsene. La morte ci separa da tutto: ora la conversione che è la morte del peccato, ci deve separare dal peccato: «Gettiamo da noi le opere delle tenebre e impugniamo le armi della luce. Vestitevi del nostro Signore Gesù Cristo e non cercate di secondare i desideri della carne», scrive San Paolo ai Romani.

Tre cose richiede il Signore perché una conversione sia vera e perfetta: 1° che si rimuova il peccato, cioè se ne allontani lo spirito e si prenda la risoluzione di non più peccare; 2° si regolino le mani per fare buone azioni; 3° si purifichi il cuore da ogni iniquità per mezzo della contrizione e della confessione. Insomma, in noi ogni cosa sia nuova: i cuori, le parole, le opere. Dice San Girolamo: «La concupiscenza e i delitti devono scomparire alla loro volta in faccia alla continenza e all’innocenza, di maniera che queste virtù annientino i vizi loro contrari». Conclude il Salmista: «Spezziamo le catene del peccato e gettiamo da noi il giogo di Satana».

Sentenze da «I Tesori di Cornelio Alapide».

CdP