Stimati Associati e gentili Sostenitori, rispondiamo ad alcune obiezioni utilizzando il volumetto SOS «La Religione. Obiezioni e risposte» del P. Giulio Monetti, imprimatur 1942.

• Ma perché una religione a preferenza di un’altra? Affermano gli illogici: «Bene; sia pure, quanto alla Religione in genere ed alle sue esigenze. Non so tuttavia capire perché deve proprio praticarsi una Religione a preferenza di un’altra; e quindi perché si voglia ad ogni costo che si vada in chiesa, mentre Dio è in ogni luogo e in ogni luogo lo si può onorare e pregare: — che si assista alla Messa, esteriorità che può ben essere compensata con culto interno intensissimo, elevatissimo: — che ci s’inginocchi innanzi al prete per riceverne l’assoluzione e la Comunione, mentre è ben più presto fatto l’intendersela direttamente con Dio». Rispondiamo: Ho capito, si pretende di passare per buone tutte le Religioni, indistintamente; sicché significa poi lo stesso il professare l’una piuttosto che l’altra, ed anche si possa mutare a capriccio quella che si ha, come si farebbe con un abito che si mette o si ripone secondo le circostanze.... Siamo pratici: questo pregiudizio dove conduce in realtà? A non praticare proprio nessuna religione; sotto pretesto che l’una non obbliga, l’altra non obbliga... l’ennesima non obbliga; — lo dice l’esperienza di tutti i giorni, e pressoché di tutti gli indifferenti. Dunque abbiamo una nuova maschera contro il gas asfissiante (purtroppo per molti è così) della Religione! — Una nuova gretola per svignarsela, di fronte agli obblighi positivi della Religione!

•  Ma l’intende proprio così quel Dio, che per mezzo della Religione DOBBIAMO onorare, e col quale avremo poi un giorno, ciascuno per parte sua, a fare i conti? — Anche nell’ipotesi più benigna che tal gente si faccia alcuna volta a pregare Iddio, ad onorarlo, a ringraziarlo, a domandargli perdono dei falli commessi, ecc. — tutte cose che sono gli atti più elementari della Religione? Ritorniamo al principio fondamentale in questa materia, ricordando che la Religione è un debito, la somma dei nostri debiti diretti con Dio Creatore, Conservatore, Cooperatore, Legislatore.... Dunque non tutte le religioni sono buone, né è indifferente l’attenersi all’una piuttosto che all’altra, bisogna vedere quella che tra l’altre sia la vera, l’accettata da Dio. È Lui, il Creatore, e non già la creatura, che deve fissare le condizioni e il protocollo delle udienze divine e dei divini ricevimenti — quali sono le celebrazioni religiose! Pertanto la sola vera Religione sarà la moneta verace, legale, ammessa da Dio a saldo del debito che hanno verso di Lui le creature razionali; le altre religioni, per quanto possano essere “speciose”, per quanto antiche e diffuse, per quanto largamente accreditate, per quanto siano «la religione degli avi», non saranno che moneta falsa, contraffazione della Religione vera...

• Facciamo ancora un paragone. Quale è quel padrone che si accontenterebbe di un servo, che fa tutt’altro di quello per cui fu assunto ed è pagato? Tizio s’accontò come cameriere: ma.... non sostenendo il chiuso delle camere vuole di suo capriccio uscire fuori all’aperto, e fare il fattorino: — Caio, l’ortolano, invece di respirare l’aria aperta, vuol godersi il caldo e le fragranze appetitose della cucina, dando una mano al cuoco, — quell’altro, dattilografo, tediato della sua taciturna solitudine, passa le ore dal portinaio, sia pure aiutandolo nelle sue faccende, invece di spenderle allo scrittoio: — che modelli di servi, non è vero? — Come il padrone se ne avrà a lodare! — Eppure possono essere proprio brava gente, nel senso che “non fa proprio male a nessuno”!

• Non altrimenti si porta con Dio chi vuole scegliersi a talento la religione da praticare, vale a dire il modo pratico di onorare e servire il Signore. — Per quanta volontà si mostri esternamente di rendergli omaggio, c’è però sempre in questo procedere un vizio latente radicale; ed è l’assurda pretesa che Dio si accomodi a noi, accontentandosi di quanto a noi piacerà di dargli, e rinunziando al resto: mentre invece sta a noi, servi, di dipendere in tutto dal gran Padrone, Iddio. Ed ecco spiegato perché Dio vuole più specialmente essere onorato in chiesa, come luogo più adatto, piuttosto che in altri luoghi meno convenienti (quale sarebbe un campo sportivo), per quanto anche in questi luoghi Egli sia presente per la sua immensità.

• Come in antico nell’unico tempio di Gerusalemme, così oggi nelle sue chiese moltiplicate Egli ha eretto il suo trono di misericordia; ed è là specialmente che vuol essere onorato e pregato. Là solamente accetta il santo Sacrificio, che è l’atto precipuo della Religione; là pure soltanto rimane Gesù presente, nella SS Eucaristia, con la presenza anche corporea della sua adorabile Umanità. Che ci starebbe a fare, se non si andasse in chiesa?

• Abbiamo accennato al santo Sacrificio, cioè alla S. Messa, dicendolo l’atto precipuo della Religione. È noto il proprio simbolismo del Sacrificio: — Dio Creatore è Padrone assoluto della nostra vita, e noi, a riconoscere tale sua assoluta padronanza, dobbiamo essere pronti a sacrificarla in suo onore, a un suo semplice cenno. — Ma Dio, buon Padre, si accontenta che sostituiamo a noi stessi un’altra vittima, testificandogli, con l’immolazione rituale di essa, la nostra piena ed assoluta sudditanza; ciò che avviene nel legittimo Sacrificio. Oggi, dunque, che l’unico Sacrificio legittimo, riconosciuto ed accettato da Dio è la S. Messa, ogni buon servo di Dio vi deve partecipare nella misura prescritta: cioè con l’assistervi nei giorni festivi: — ecco il perché del positivo precetto della Messa domenicale. Chi non l’osserva per sua cattiva volontà, trascura la Religione nel punto suo principale, né mai tributa a Dio nella sua integrità l’ossequio caratteristico che gli è dovuto, e che Egli rigorosamente richiede. Religione senza sacrificio è un controsenso; e tal controsenso commette quel cristiano che pretende di praticare la Religione senza partecipare alla S. Messa, unico sacrificio ora accetto a Dio.

• Resta da dire dell’obbligo della Confessione sacramentale annuale, e della Comunione Pasquale. Potremmo qui fermarci a dimostrare la necessità nostra soggettiva (di purificarci l’anima con la Confessione — di nutrirla, sovrannaturalmente, almeno una volta all’anno col Divino Pane Eucaristico) alla quale detti obblighi intendono soddisfare, tutto per nostro bene: ma ci basti per ora solo la seguente riflessione. Se Dio, il gran Padrone, vuole così, che farci? Possiamo chiedergli conto? Possiamo noi negarci ad obbedirlo anche in questo? — E chi è che comanda? Noi a Dio o Dio a noi? — Dio vuole che noi andiamo a confessarci dai suoi Sacerdoti? Non c’è rimedio! Bisogna andarci! — Dio vuole che ci comunichiamo almeno a Pasqua? Neanche qui c’è rimedio (posto che ci si richiedesse con ciò una gran servitù, mentre dovremmo riguardare la S. Comunione come il massimo onore, e la nostra massima felicità qui in terra!): a Dio che ci chiama alla Sacra Mensa dobbiamo senz’altro rispondere: «presente!». Diversamente ce la vedremo poi con Lui un giorno: nel giorno del pareggio dei conti, innanzi al Divin Giudice!

• Quant’altro dovremmo ancora aggiungere riguardo alla preghiera — praticamente ed abitualmente negletta — da chi pretende che tutte le Religioni sono buone, per credersi autorizzato a non averne nessuna! — E intendiamo la «preghiera quotidiana», la quale, senza essere ancora né sacramento, né sacrificio, è pure concreto contrassegno per distinguere chi viva da cristiano e chi vive da bestia. Sentiamo che quest’ultima frase è un po’ forte: ma che farci, se essa è vera? Essa è del grande Emiro Abd-el-Kader l’eroe sfortunato dall’indipendenza araba. Egli disse un giorno che «il cristiano è inferiore di molto al maomettano (perdoniamo al povero seguace di Maometto il suo errato apprezzamento contro il Cristianesimo, del quale né conobbe le bellezze, né le avrebbe potute apprezzare degnamente, finché rimaneva l’animalis homo cresciuto fra le sozzure del Corano): — il giudeo è peggio di un cristiano: — l’idolatra è peggio del giudeo: — la bestia è peggio dell’idolatra: — ma chi non prega è peggio di una bestia!».

• Sollevando il tono della musica, diceva parimenti il Guizot, scrittore e statista protestante: «Solo l’uomo, tra tutti gli esseri della terra, prega. E l’istinto della preghiera è tra i suoi istinti morali l’istinto più naturale, più universale, più ineluttabile... Ogni età della vita umana, ogni popolo dell’umana specie, ha le sue invocazioni; e vi si ricorre da tutti in certi casi, sotto certe impressioni... L’uomo sente allora che SIAMO IN MANO DI DIO ...». Amico mio, se non preghi, non saresti tu forse MENO CHE UOMO?  

a cura di CdP