Comunicato numero 26. Pio XII, «Humani Generis»: contro gli errori moderni

Commenta il cardinal Pietro Parente (Casalnuovo Monterotaro, 16 febbraio 1891 - Città del Vaticano, 29 dicembre 1986): «Humani Generis è un’Enciclica di Papa Pio XII, del 12 agosto 1950, riguardante false opinioni, che minacciano di sovverti re i fondamenti della dottrina cattolica (AAS, 42 [1950], pp. 561-78)». Scrive, sempre nell’Enciclopedia Cattolica (Città del Vaticano, 1951, Vol. VI, coll. 1502 e 1503): «Questo insigne documento spontaneamente richiama il modernismo, che affonda le sue radici nel divorzio tra ragione e fede, nato al tempo dell’umanesimo e maturato attraverso l’illuminismo, l’enciclopedismo e il criticismo kantiano, da cui scaturirono il liberalismo, il marxismo ed il razionalismo. Verso la fine dell’Ottocento si acuì il contrasto e si prospettò il problema di una conciliazione. Il Concilio Vaticano [ovviamente il Primo, ndR] tracciò la via di una giusta soluzione: dal divino all’umano attraverso la Chiesa. Il modernismo invece volle andare dall’umano al divino senza la Chiesa. E fu la rovina. La storica Enciclica Pascendi Dominici gregis [san Pio X, 8 settembre 1907, ndR] stroncò la crisi, liberando il pensiero cristiano dal grave pericolo. Ma in questi ultimi anni si sono visti affiorare qua e là, nel vasto campo della cultura sacra, motivi, atteggiamenti e tendenze, che hanno un’evidente affinità con la crisi modernistica e costituiscono un nuovo disagio e un nuovo pericolo. Pio XII, ha avuto la sensazione pronta e precisa del pericolo, e nella Humani Generis ha diagnosticato il morbo in via di sviluppo ed ha apprestato gli efficaci rimedi, individuando anzitutto le direttive di marcia della cultura moderna [o Nouvelle Théologie, ndR] nell’evoluzionismo universale, nell’esistenzialismo e nello storicismo, che portano alla negazione o svalutazione dell’assoluto nell’essere e nel pensiero, a beneficio di un contingentismo, di un positivismo e di un relativismo, che rendono impossibile una metafisica e quindi una teologia. Di fronte a queste correnti minacciose il Papa non decreta l’isolazionismo della cultura cattolica, anzi esorta gli studiosi a rendersi conto delle nuove dottrine, che pongono problemi nuovi da approfondire e spesso racchiudono germi di verità; ma deplora l’imprudenza di certi cattolici che, smaniosi di aggiornarsi, si abbandonano all’irenismo [che è falso, ndR], compromettendo l’integrità della fede e di tutta la dottrina [...] della Chiesa. [Il cardinal Parente scrive: ‘‘di tutta la dottrina tradizionale della Chiesa’’, noi preferiamo omettere la parola ‘‘tradizionale’’, poiché riteniamo che sia superfluo specificare, ndR]. Segue un’acuta analisi delle morbose tendenze in teologia, in filosofia e nella zona di confine con le scienze positive [Nouvelle Théologie, ndR]. Con il pretesto di ritornare alle fonti [strumentalizzandole o interpretandole con profonda ignoranza, ndR], si disprezza la teologia sistematica con le sue nozioni e la sua terminologia tecnica e si preferisce il linguaggio più semplice e più elastico [di alcuni, ndR] Padri; si trascura il saldo complesso dottrinale definito [v. dogma] dalla Chiesa nel corso dei secoli e si fa appello alla Sacra Scrittura, interpretandola per via di arbitrario simbolismo, come se Gesù Cristo non avesse costituito la Chiesa unica depositaria e interprete della parola di Dio. In tal modo si svalutano le formule dogmatiche, riducendone il contenuto a un minimo che può adattarsi a qualunque sistema filosofico o religioso. Relativismo dogmatico, che ha cominciato già a dare i primi frutti velenosi [correva l’anno 1951, ndR]. Più audace ancora è l’attacco alla filosofia scolastica, che, secondo i novatori, non risponde[rebbe] più alle esigenze del pensiero moderno impaziente di metafisica rigida e di schemi fissi, nemico della verità immutabile e tutto proteso sul flusso della vita in divenire. Svalutazione della ragione e dei principi supremi, della teodicea [dal greco Theos (Dio) e dike (giustizia), studio di Dio rispetto all’evidenza dell’esistenza del male nel mondo e del libero arbitrio umano, ndR] e dell’etica, opzione fideistica della verità per via di volontà e di sentimento, connubio dei sistemi più opposti nello sforzo di esprimere una verità inafferrabile.

Tale la filosofia vitale che si vorrebbe sostituire alla filosofia scolastica. Finalmente l’Enciclica deplora l’incauta tendenza ad accogliere ipotesi scientifiche e opinioni di critica storica come conclusioni dimostrate, anche se sono in antitesi con il dogma e con i dati della Rivelazione, come, per esempio, il poligenismo [errore e presunzione che si contrappone al monogenismo, ndR] suggerito dalla teoria evoluzionistica, e inconciliabile con il dogma del peccato originale, e, per esempio, l’interpretazione allegorica e mitologica [dunque falsa ed infima, ndR] dei primi capitoli del Genesi. Contro questi e altri errori, più o meno larvati, della filosofia e teologia nuova, il Papa pronunzia la sua parola di riprovazione, che non è però una brusca stroncatura né uno sbarramento a ogni progresso della cultura cristiana, né un rifiuto in blocco del pensiero moderno. Anzi egli esorta al progresso degli studi in teologia, in filosofia e nelle scienze, purché il progresso non faccia del valore della verità una questione cronologica e non consideri la funzione normativa del Magistero della Chiesa come un impedimento. Aggiornamento nel metodo e nella forma, sviluppo endogeno del pensiero cristiano, integrazione anche per via di controllata assimilazione di elementi e di atteggiamenti nuovi sul terreno filosofico e scientifico, ma tutto in armonia ed in continuità con la filosofia e la teologia classica, di cui la Chiesa addita la migliore sintesi nell’opera di san Tommaso d’Aquino, pur auspicandone un crescente approfondimento ed una presentazione [linguistica, ndR] sempre più adatta allo spirito dei tempi. Il valore storico e dottrinale di questa Enciclica sta nell’arginare il dinamismo evoluzionistico [o Nouvelle Théologie, ndR] che minaccia di travolgere ragione e fede insieme, e nel riaffermare la certezza e la fiducia nel valore dell’essere, del pensiero e della vita, termini dell’azione creatrice e motrice di Dio». Recita il «Dizionario delle Eresie», D. Swannie, 2011, alla voce «Henri de Lubac (1896-1991) e la Nouvelle Théologie»: «Il punto più basso il movimento [della Nouvelle Théologie] lo toccò con la condanna comminata dall’Enciclica Humani generis di Papa Pio XII (1939-1958) il 12 agosto 1950, ma il suo riscatto avvenne durante il Concilio Vaticano Secondo (1962-1965), dove il peso dei teologi della Nouvelle Théologie fu decisivo».