Stimati Associati e gentili Sostenitori, problema gravissimo, veramente assillante è quello della salvezza di tanti uomini, eretici ed infedeli: una moltitudine sterminata, che non appartiene alla Chiesa Cattolica. Gettando lo sguardo sopra una carta geografica, del mondo, bisogna constatare con dolore che le regioni illuminate dal sole benefico della fede sono una piccola verde oasi in mezzo ad un immenso deserto di tante false regioni, ancora immerse nelle più fitte tenebre dell’errore e dell’idolatria. Nonostante il lavoro continuo e logorante e i sacrifici sovrumani di tanti missionari di Gesù Cristo, che si affaticavano con generoso entusiasmo e con vero eroismo per la diffusione del santo Vangelo, vi sono ancora numerose nazioni quasi interamente lontane dalla fede. Molte altre sono quelle nazioni, ex cattoliche, che professano il modernismo, ovvero una sorta di ateismo, più o meno marcato, dietro la nominale etichetta di Cattolicesimo. Ci riferiamo a tutte quelle nazioni che hanno abbracciato il cappio di Giuda: attingendo a quell’infausta ed immonda fonte che fu il “concilio” Vaticano Secondo.

• Ma chi è fuori dalla Chiesa? Perché fuori dalla Chiesa non c’è salvezza? In che senso? Utilizzeremo un prezioso opuscolo SOS di Giovanni Re per approfondire l’argomento. Prima della mostruosa “svolta conciliare”, che di fatto ha prodotto centinaia di milioni di atei e di professanti eresie, Mons. Celso Costantini, Segretario della Congregazione di Propaganda Fide, in una Conferenza tenuta il 21 ottobre 1938, in preparazione alla giornata missionaria mondiale, facendo un bilancio consuntivo dell opera di evangelizzazione all’anno 1938, dichiarava: «Se noi mettiamo insieme i “cristiani” di tutte le confessioni (cattolici, ortodossi, protestanti, ecc.) dobbiamo constatare che, dopo duemila anni dal messaggio evangelico, solo un terzo dell’umanità è cristiano. I cattolici, poi, da soli sono 375 milioni di fronte ad un miliardo e 230 milioni di infedeli... Per rendere più evidente la significazione della statistica, restringiamo un momento il quadro. Se ci riferiamo all’Asia, le missioni stabilite nell’India, Siam, Indocina, Cina, Giappone e Corea abbracciano complessivamente 950 milioni di uomini, che presto toccheranno il miliardo. Si tratta di circa mezza umanità. In mezzo a questa immensa massa pagana lavorano ininterrottamente, da tre secoli, i Missionari cattolici. Ma non sono riusciti a raccogliere che una messe esigua: 9 milioni e 195 mila cattolici. Presentemente nei territori ora ricordati lavorano 11.759 Missionari, senza contare le suore, i catechisti, ecc. Nell’esercizio 1936-37 si sono avuti in questi territori complessivamente 153.767 conversioni. Volgiamo ora gli occhi all Africa, che è ravvivata da un soffio di Pentecoste... La situazione statistica di oggidì è la seguente: circa 9 milioni di cattolici contro 150 milioni di infedeli. In Africa si è sul buon cammino, ma quanto lontana apparisce ancora la meta!». Bei periodi quelli di Mons. Celso Costantini, quando l’eresia era chiamata eresia; quando l’ecumenismo era considerato, a ragione, apostasia; quando esistevano i Missionari; quando la loro missione era quella di convertire gli eretici, gli scismatici, gli infedeli e i giudei.

• Molti presero pretesto per gridare all’intolleranza di Mons. Costantini: «Se vi fosse una religione sulla terra, ha scritto Rousseau (Emilio, Professione di fede del curato savoiardo), fuori della quale non ci fosse che pena eterna, e in qualche parte del mondo un solo mortale in buona fede, che non fosse stato colpito dalla sua evidenza, il Dio di una siffatta religione sarebbe il più iniquo e crudele tiranno». E nel Contratto sociale (L. IV, c. 8) egli domanda che sia bandito chi osa pronunziare la massima: Fuori della Chiesa non c’è salvezza. La Revue Chrétienne, rivista protestante di Parigi, la definisce senz’altro bestemmia mostruosa (Revue chrétienne, 1892, II, 409). Per Rousseau e per altri, che come lui pensano e sentenziano, tutte le religioni sono buone per dare il debito culto a Dio. Errore gravissimo questo principio, proclamato e praticato dall’indifferentismo religioso: Siamo liberi di pensare intorno a Dio ciò che vogliamo e di onorarlo come ci piace. Errore derivante da un’immensa superbia, che vuole fare a meno di Dio e ricusa di ubbidirGli.

• Indifferentismo religioso. E chi può negare a Dio il potere di rivelare all’uomo delle verità più alte e più perfette, superiori alla luce della ragione, e il diritto di domandargli di essere onorato con quel culto e in quel modo che Egli vuole? E, se Dio si è degnato di dare all’uomo la Rivelazione, non è forse evidente il dovere dell’uomo, che è creatura, in tutto e sempre dipendente da Dio, di indagare e di cercare di conoscere questa Rivelazione, quando gli consti in qualche modo che Dio ha parlato? Difendere e praticare l’indifferentismo religioso è un oltraggio gravissimo, che l’uomo superbo fa a Dio, è un atto di ribellione, simile a quello degli angeli ribelli, è un atto contrario alla ragione, che ci intima di ubbidire con umile sottomissione a Dio e di tendere con seria e deliberata volontà alla nostra felicità suprema. E quando consta positivamente, sicuramente, che Dio è intervenuto nella vita religiosa dell’umanità con la Rivelazione, è sommamente irragionevole e temerario affermare e pretendere che l’uomo è libero di tenerne conto o no, di onorare Dio nel modo da Lui voluto o no, ovvero di onorarlo in altro modo da quello stabilito da Dio.

• Tutte le religioni sono buone? (Ovvero la dottrina del Vaticano Secondo) Tutte le religioni sono buone?! Errore gravissimo, intollerabile, sommamente offensivo di Dio che è Creatore e Signore di tutte le cose. Come se le varie religioni, che sono tra loro contraddittorie e insegnano l’opposto una dell’altra, potessero essere simultaneamente vere; e come se Dio, che è la verità, la sapienza e la santità essenziale, potesse ugualmente approvare e gradire ciò che è vero e ciò che è falso: la sublime purezza, la verginità cristiana, come le infamie dei pagani e le superstizioni di altre religioni!

• Un altro eccesso. Vi possono essere per altra parte alcuni, e vi sono realmente stati, che, spiegando troppo rigidamente il principio: fuori della Chiesa non ce salvezza, erigendosi a giudici severi ed implacabili, condannano — senza quasi provare un intimo fremito di commiserazione — all’eterna perdizione quanti non hanno la fortuna di appartenere alla Chiesa visibile di Gesù Cristo. Ben diversa è la dottrina della Chiesa, insegnata in modo autentico dai Concilii, dai Sommi Pontefici e dai più eminenti Dottori e Teologi. Cercheremo di esporla con ordine e chiarezza, fondandoci sopra le migliori e più autorevoli testimonianze, affinché si possa avere — in argomento così importante e delicato — un’idea chiara e precisa di quanto la Chiesa insegna col suo magistero.

• I limiti della presente questione. Dobbiamo quindi distinguere bene varie questioni, connesse al problema che studiamo: a) non si tratta qui di dimostrare che la salvezza eterna ci è data solo da Gesù Cristo, il quale parlò ed operò con autorità divina, essendo il Figlio di Dio umanato, Dio-Uomo; b) neppure si tratta di dimostrare che l’unica vera religione è quella insegnata da Lui, e che, per mantenerla intatta, Egli fondò la sua Chiesa visibile, alla quale ha affidato la missione, il diritto e il dovere di governare, di istruire e santificare i suoi fedeli e di guidarli alla salvezza; c) e nemmeno si tratta qui di provare che la Chiesa di Gesù Cristo vive perenne, e si perpetua unicamente nella Chiesa Cattolica, e quindi non nelle religioni protestanti o sedicenti ortodosse. Queste verità vengono dimostrate con evidenza di argomenti teologici, e qui noi supponiamo che il lettore ne abbia già sufficiente conoscenza (Supponiamo, quindi, che il lettore abbia almeno un’infarinatura dei principii cristiani da terza elementare). Fondandoci su queste basi di verità sicure vogliamo cercare, come abbiamo detto poco fa, quale sia il senso esatto da attribuire al principio: Fuori della Chiesa non c’è salvezza; vogliamo esporre il senso che la Chiesa Cattolica stessa attribuisce a questa formola.

• Intendiamo in questo breve lavoro di limitare la nostra trattazione alla salvezza eterna degli adulti e non dei bambini (che muoiono senza battesimo, prima di aver raggiunto l’uso di ragione), perché tale problema esigerebbe trattazione speciale (ne abbiamo già parlato approfonditamente su Sursum Corda a proposito del Limbo). A questo riguardo scrive il P. A. Taverna: «La condizione dei bambini privi dell’uso di ragione differisce da quella degli adulti, perché, non essendo in grado di provvedere a se stessi, anche secondo la naturale loro condizione, la loro sorte dipende dalla cura di altri uomini. Si deve pure notare che, se essi perdono la beatitudine soprannaturale, che è beneficio indebito, tuttavia, poiché non hanno colpa personale, non soltanto non incorrono — secondo il parere comunissimo oggi tra i Teologi, — nelle pene del fuoco eterno, ma godono uno stato di felicità conveniente alla natura (nel Limbo): sicché, come dice San Tommaso: “Melius est eis sic esse, quam non esse”».

• Come interpretare questa formula? «Il diritto, la filosofia, le scienze hanno certe formole, che in poche parole espressive e comprensive condensano tutta una dottrina e la ricordano a chi la conosce. Chiare per gli iniziati, oscure per i profani, prima di disconoscerle o di combatterle, bisogna assicurarsi di comprenderle bene. È una regola di lealtà e di buon senso. Cosi è della nostra massima, per la quale i nostri avversari dimenticano questa regola, turbati senza dubbio dallo spettro della pretesa intolleranza cattolica. Essi l’interpretano a loro modo, ottenendo così libero campo di gridare alla crudeltà, alla bestemmia. Ci fanno dire: Niuno è salvo, se non conosce la Chiesa cattolica, se non recita il suo credo, non osserva i suoi comandamenti, non ubbidisce ai suoi superiori. Donde conchiudono trionfalmente: Dunque gli infedeli, gli eretici, gli scismatici, i protestanti, i razionalisti tutti dannati in massa, tutti al fuoco dell’inferno. Lo confesso anch’io, questa dottrina è mostruosa: ma, lo sostengo, questa non fu mai la dottrina della Chiesa. L’insegnamento dei Papi, dei Concilii, dei Teologi si riassume in tre proporzioni, che formeranno l’oggetto del nostro studio» (Leroy S. J., Gesù Cristo, Vol. VII, 1910, p. 124).

• Principio fondamentale. Per procedere con ordine è conveniente prima stabilire bene un principio fondamentale, dal quale derivano due conseguenze, a primo aspetto quasi antitetiche e inconciliabili, che noi diremo come si possono facilmente conciliare. Secondo le mirabili disposizioni della Provvidenza divina, l’uomo ha per suo destino supremo, per suo obiettivo finale, non una felicità semplicemente naturale, proporzionata alla sua natura, a cui tendere per istintivo impulso, ma una felicità che trascende le sue aspirazioni e le sue facoltà naturali. Dio ha elevato l’uomo all’ordine soprannaturale; per mezzo della grazia santificante lo ha fatto Suo figliuolo adottivo, ma vero, destinandolo a godere della Sua stessa felicità in cielo. È questo il disegno primitivo, ammirabile, di Dio, che ci attesta la Sua immensa bontà per il genere umano. Giungere a salvezza vuol dire raggiungere questa felicità soprannaturale, possedere e godere Dio eternamente in cielo. Il primo uomo, uscito dalle mani creatrici di Dio, arricchito di questi grandi doni, che doveva trasmettere ai suoi discendenti, capo e rappresentante responsabile di tutta l’umanità, ha rovesciato quel magnifico disegno divino di amore col suo peccato, che si trasmette per via di origine a tutti i suoi figli. Ha perduto per sé e per essi la vita soprannaturale, mettendoli nell’impossibilità di poter pervenire a quella felicità eterna, a cui il Signore li aveva destinati.

• L’uomo, con le sue sole forze non avrebbe mai potuto ritornare in grazia di Dio: solo Dio poteva restituirlo a quello stato. Dio volle farlo: e il mezzo scelto fu l’Incarnazione del Suo Figlio Unigenito, Gesù Cristo. L’unica via per ottenere la salvezza e la felicità del cielo ora è Gesù Cristo, Salvatore dell’umanità; sono i mezzi di grazia, che Egli ci ha meritati, per mezzo della redenzione. Da questo deriva per necessaria conseguenza la verità del principio: Fuori della Chiesa non c’è salvezza.

• La parola della verità. Apriamo la Sacra Scrittura, che contiene la parola infallibile di Dio, e vi troviamo chiaramente espressa questa legge, promulgata da Gesù Cristo, come un’impreteribile necessità: Per salvarsi è necessario appartenere a Gesù Cristo, alla sua Chiesa. E, notiamolo subito, non si tratta solo di una necessità di precetto, derivante dall’obbligo di ubbidire ad un comando grave, espresso da Dio, dal quale obbligo è scusato chi si trova nell’impossibilità di osservarlo o per ignoranza o per altro motivo. No, è una necessità di mezzo: l’unico mezzo indispensabile, senza eccezione alcuna, per potersi salvare, è l’appartenere alla Chiesa, in modo tale che colui, il quale, per qualsiasi ragione, non appartiene in qualche modo alla Chiesa, non si può salvare. L’aria è assolutamente necessaria per conservare la vita fisica, e quando uno è ridotto al punto di non poter più respirare l’ossigeno dell’aria, necessariamente viene meno alla vita del corpo e muore. L’appartenenza a Gesù Cristo ed alla sua Chiesa è ugualmente necessaria per raggiungere il fine supremo dell’uomo, la felicità del cielo; e chi non vi appartiene non può essere ammesso all’eterna felicità. Ascoltiamo la parola formale del divino Maestro, consegnata nel Vangelo. Dopo la Risurrezione, su un monte di Galilea Gesù appare ai suoi discepoli, e trasmette ad essi, quale sacra eredità, la grande missione ricevuta dal Padre di salvare il mondo. Scena veramente mirabile e grandiosa nella sua semplicità: Gesù che invia undici poveri e rozzi pescatori alla conquista del mondo alla sua religione, di morale così pura, di dottrina così elevata. Solo un Dio poteva parlare come Gesù, con la visione sicura del trionfo della Chiesa: «Andate per tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato, sarà salvato; chi non crederà sarà condannato» (Marco, XVI, 15-16 Cf. Matteo, XXVIII, 19-20).

• Deduzione necessaria. Due conseguenze derivano dalla parola di Gesù. Prima conseguenza: la parola di Gesù suona condanna per chi ricusa positivamente di accettare la Sua dottrina, predicata integralmente dagli Apostoli e dai loro successori, e di aderire ad essa con la fede e con la pratica, ricusa cioè di appartenere alla sua Chiesa. E poiché una tale condanna importa la perdita della salvezza per chi non vuole fare parte della Chiesa, bisogna dedurre che l’appartenere alla Chiesa è una condizione essenziale, sine qua non, per potersi salvare. Seconda conseguenza: la condanna portata dal divino Maestro, in forza dell’antitesi esistente tra i due membri della frase, cade soltanto su coloro, che avendo conosciuta la verità della dottrina di Gesù Cristo, rifiutano positivamente di credere; e non riguarda coloro, che, ignorando in buona fede la Sua dottrina e l’autorità divina della Chiesa, di fatto non fanno parte come membri della Chiesa stessa. Bisogna perciò dire che essi in qualche modo, come si vedrà, si possono salvare. Queste due conseguenze formano come la trama del presente lavoro: sono le tesi che svilupperemo e dimostreremo.

• Nella sola Chiesa si può ottenere la salvezza. Gesù Cristo, la vigilia della Sua morte, nel Cenacolo, in quel commovente discorso di addio ai Suoi apostoli, che stava per lasciare, ha detto: «Io sono la vite, voi i tralci; chi rimane in me ed io in lui, produce molto frutto; perché senza di me voi non potete far nulla. Chi poi in me non rimane, è gettato via come il tralcio e si dissecca e raccolto si butta nel fuoco e brucia» (Giov., XV, 5-6). È un principio evidente proclamato da Gesù: privi della vita soprannaturale, gli uomini sono morti ad essa e non possono produrre nulla di meritorio, che possa servire per l’eterna salvezza. Di qui la necessità assoluta di stare uniti a Gesù Cristo per avere la vita della grazia, per portare frutti di vita eterna e poter raggiungere la felicità del cielo. «Per il tralcio, dice Sant’Agostino, non c è via di mezzo: o la vite o il fuoco: per non essere buttati nel fuoco, restino uniti alla vite». La stessa cosa avviene per gli uomini: senza l’unione con l’albero della vita, che è Gesù Cristo, non possono vivere della vita della grazia, che deve cambiarsi poi definitivamente nella vita della gloria. E anche più chiaramente Gesù ha detto nello stesso discorso: «Io sono la via, la verità, la vita; nessuno può andare al Padre, se non Per mezzo mio» (Giov., XV, 6). Egli solo è la via, per cui bisogna camminare per poter pervenire al cielo, perché Egli è l’unico Mediatore per andare al Padre. Egli solo è la verità, a cui bisogna credere per salvarsi, per giungere alla vita.

• La stessa verità ha proclamato altamente San Pietro davanti al Sinedrio di Gerusalemme, che aveva intimato a lui e agli altri apostoli di non predicare la religione del Nazareno. «Non c’è salvezza che in Gesù Cristo, perché non c è sotto il cielo nessun altro nome dato agli uomini, nel quale noi dobbiamo essere salvati» (Atti, XV, 12). Soltanto con una adesione totale a Gesù Cristo si può ottenere la salvezza. È l’unico mezzo, l’unica via: appartenere a Gesù Cristo e praticare la Sua religione. Altre vie per giungere al cielo non esistono né possono esistere. Chi segue una via diversa è fuori di strada, o meglio, è sulla strada che non conduce alla felicità, ma alla perdizione.

• Gesù Cristo nella Sua Chiesa. Ora tutti i cristiani sanno, o almeno dovrebbero sapere, che la Chiesa fondata da Gesù Cristo è la continuazione di Gesù Cristo in terra, è quasi, secondo un’espressione molto efficace, «l’incarnazione permanente del Figlio di Dio... È Cristo, che si estende nel tempo e nello spazio» (Moehler, Le simboliche, Carmagnola, 1852, p. 310). È quella istituzione perenne, indefettibile, in cui Gesù ancora risiede col Suo spirito, in cui opera con la Sua virtù divina, in cui ha posto il Suo stesso potere e per mezzo della quale Egli continua la Sua missione di santificazione e di salvezza (Gesù maestro = insegna; Gesù Re = governa; Gesù sacerdote = santifica). Questo è il programma di vita della Chiesa, e forma tutta la sua ragione di essere. La Chiesa, quale risulta dalla sua fondazione, non è altro che «il regno di Dio» predetto dai Profeti, proclamato nel Vangelo. Sotto il suo aspetto esteriore, visibile e collettivo, qui in terra, ha per fine di procurare «il regno di Dio» sotto il suo aspetto interiore e morale, cioè la santità delle anime, e preparare così il regno di Dio sotto il suo aspetto definitivo e celeste, che è la vita eterna. E tutti, per giungere a fare parte del regno di Dio in cielo, devono anche appartenere al regno di Dio in terra, cioè alla Chiesa, e stabilire il regno di Dio nel loro cuore per mezzo della grazia.

• Ancora di più. Come spiegheremo più avanti, la Chiesa è il corpo mistico di Gesù Cristo. Egli ne è il capo e noi dobbiamo esserne membri viventi. Il battesimo, per sua istituzione, come appare anche dal suo simbolismo, ha per fine la nostra consacrazione a Gesù Cristo e unione con Lui; significa che il cristiano è nel sacro rito quasi immerso in Gesù Cristo, incorporato a Lui in modo da diventare membro del Suo corpo mistico. Ne consegue che come per salvarsi è assolutamente necessario il battesimo, «chi crederà e sarà battezzato sarà salvo», così è altrettanto necessario appartenere al corpo mistico di Gesù Cristo, cioè alla Chiesa. La parola di Dio contenuta nella Sacra Scrittura è, adunque, esplicita e formale e non ammette il minimo dubbio: Per salvarsi è necessario appartenere alla Chiesa, come è necessario appartenere a Gesù Cristo, al Suo regno in terra, al Suo corpo mistico. Necessità universale per tutti gli uomini, senza distinzione ed eccezione; necessità assoluta, che non ammette scusa alcuna, e non contempla nessun caso di impossibilità ; necessità tale, che se uno non appartiene alla Chiesa, non si può in nessun modo salvare.

• Quale è la Chiesa di Gesù Cristo. Ci si potrà forse domandare quale sia questa Chiesa, a cui bisogna assolutamente appartenere per salvarsi. La risposta è facile: la Chiesa cattolica romana. La Chiesa del Cristo, infatti, non può essere che la Chiesa fondata da Lui, organizzata da Pietro e dagli Apostoli, governata dai loro successori, in una parola la Chiesa che risale fino a Gesù Cristo per mezzo degli Apostoli. La Chiesa del Cristo non è dunque né il giudaismo, né il buddismo, né il maomettanismo, né alcuna altra delle società religiose, che non riconoscono per fondatori né il Cristo, né gli Apostoli. La Chiesa del Cristo non è dunque la chiesa greca-ortodossa, che cominciò nel secolo XI col patriarca di Costantinopoli, Michele Cerulario; né alcuna delle chiese orientali separate, perché la loro origine è posteriore agli Apostoli. La Chiesa del Cristo non è il Protestantesimo, o lo si consideri nell’insieme delle sette che lo compongono — o meglio lo dividono — o in ciascuna di esse: la luterana, la calvinista, l’anglicana, l’americana, l’evangelica, la liberale, l’ortodossa, o qualunque altro nome abbia: si contano a centinaia. Lutero, Calvino, Enrico VIII ed altri ribelli come loro ne furono i fondatori in tempi ben conosciuti, molto vicini a noi, ben lungi dagli Apostoli. La Chiesa del Cristo è la Chiesa cattolica romana e la Chiesa cattolica romana soltanto; perché soltanto essa, per una successione non interrotta di pastori legittimi, risale fino agli Apostoli e per gli Apostoli sino a N. S. Gesù Cristo.

• Deduciamo la conseguenza. Se dunque per essere uniti a Gesù Cristo, sorgente della vita e della salvezza, è necessario essere membri della Sua Chiesa, bisogna conchiudere che nessuno sarà salvo, se non appartiene alla Chiesa cattolica romana, l’unica Chiesa del Cristo. Noi siamo così condotti dal Vangelo stesso e dalla sua parola infallibile alla dottrina, che esattamente traduce l’assioma che così severamente alcuni vogliono condannare: Fuori della Chiesa non c’è salvezza.

• La dottrina di Gesù conservata nei secoli... Agli insegnamenti del Vangelo fa eco la voce unanime dei Padri e dei Dottori della Chiesa. «Nessuno si inganni, dice Origene nelle sue Omelie sopra Giosuè (Hom. III, n. 5), nessuno cerchi vanamente di Persuadersi: extra hanc domum, id est extra Ecclesiam nemo salvatur, fuori di questa casa, cioè fuori della Chiesa, nessuno si salva». È noto il detto di San Cipriano: «Non può avere Dio per Padre chi non ha per Madre la Chiesa» (De unitate Ecclesiae, VI). «Che importa, dice Sant’Agostino ai Donatisti scismatici (In Ps. 88, sermo II, n. 14), se tu confessi Dio, e onori Dio e lo lodi, se riconosci il Figlio Suo e confessi che siede alla destra del Padre... e poi bestemmi la sua Chiesa? Tenete tutti unanimemente, o carissimi, Dio come Padre e come madre la Chiesa». «Nessuno, dice ancora Sant’Agostino (De unitate Ecclesiae, XIX), può essere salvo e conseguire la vita eterna, se non ha Cristo per capo; nessuno ha Cristo per capo, se non appartiene al Suo corpo, che è la Chiesa». I Padri, per inculcare con un esempio questa verità, si servono del simbolo biblico dell’arca. Nell’universale diluvio avvenuto al tempo di Noè, si salvarono soltanto i pochi privilegiati, che entrarono insieme con lui nell’arca; mentre gli altri tutti non poterono sfuggire alla furia distruggitrice delle acque, e perirono miseramente. Così nessuno sfugge al diluvio della perdizione, se per la porta del battesimo non entra nell’arca della Chiesa. La Chiesa, maestra infallibile di verità, nel suo magistero ordinario e nel suo magistero solenne, ha ripetutamente e chiaramente insegnato questa verità, per combattere errori, che su tale argomento si diffondevano in mezzo al popolo cristiano. Nel quarto Concilio ecumenico Laterano (a. 1215), la Chiesa ha solennemente definito contro gli Albigesi come dogma di fede: «Unica è la Chiesa universale dei fedeli, fuori della quale nessuno si può salvare».

• ... fino ai giorni nostri. E in molte altre circostanze, per opporsi agli errori qua e là insorgenti, la Chiesa non ha lasciato di promulgare e richiamare con grande fermezza questo principio, come una verità che fa parte del deposito della fede. Pio IX nella sua allocuzione concistoriale del 9 dicembre 1854 e nella sua lettera enciclica ai Vescovi d’Italia del 10 agosto 1863, e nel Sillabo (prop. 16-18), riprova fortemente e solennemente l’indifferentismo di coloro, che falsamente si immaginano che si può essere salvi anche fuori della Chiesa. Tenendum ex fide est, dichiara solennemente Pio IX nell’allocuzione del 9 dicembre 1854. È quindi verità di fede, obbligatoria a credersi da tutti, per non separarsi dalla Chiesa e cadere nell’eresia, che la Chiesa è l’unica via per giungere a salvezza: Extra Ecclesiam nulla salus.

• La Chiesa arca di salvezza. La Chiesa cattolica romana è pertanto l’unica arca di salvezza, è la sola nave, che faccia il tragitto dalle rive del nostro mondo al porto dell’eternità felice. Soltanto quei passeggeri, che saranno rimasti a bordo sino al termine del loro viaggio, saranno annoverati tra gli eletti; chiunque non sale e non resta sino al termine della vita sulla nave della Chiesa, guidata da Pietro, non si può salvare: Fuori della Chiesa non c’è salvezza.

• Tutti gli uomini di buona fede si possono salvare? A dir vero, il principio ora dimostrato con l’autorità del Vangelo, della Chiesa e dei Padri e Dottori, appare a tutta prima un principio molto severo, quasi in aperta opposizione con la bontà e misericordia di Dio. Sembrerebbe doversi dire senz’altro, in forza di tale principio, che tutti quelli che, per qualsiasi ragione, anche senza nessuna loro responsabilità, non appartengono alla Chiesa visibile di Gesù Cristo, debbano andare fatalmente e irremissibilmente perduti. Ma non è così, poiché ugualmente certo è il secondo principio, anch’esso fondato sopra l’autorità dei Vangelo e della Chiesa.

• Conseguenze inammissibili. Quali sarebbero infatti le conseguenze che si dovrebbero ammettere, se non fosse possibile che tutti gli uomini di buona fede si possano salvare? Si supponga un adulto, che viva e muoia in una ignoranza incolpevole dell’esistenza della Chiesa Cattolica, dei suoi diritti esclusivi e dell’obbligo assoluto di abbracciarla per salvarsi, e che segua fedelmente i dettami della legge naturale, quali gli sono intimati dalla voce della coscienza. Siffatta ignoranza e il fatto stesso di non appartenere alla Chiesa non gli può essere imputato a grave colpa. Se soltanto per questo non potesse salvarsi, ne verrebbero necessariamente queste due conseguenze. La prima conseguenza: che Dio non vorrebbe seriamente e sinceramente l’eterna salvezza di tutti, perché non a tutti, e senza loro colpa, concederebbe i mezzi necessari per giungere alla felicità. La seconda conseguenza: che Dio comanda delle cose impossibili: comanda cioè a tutti di salvarsi, fine ultimo della vita imposto a tutti gli uomini, mentre a tanti ciò riesce impossibile per causa dell’ignoranza e di altre circostanze in cui si trovano... Prosegue la prossima settimana ...

a cura di CdP